di EDOARDO CORASANITI
E’ il giudice Paola Ciriaco ad emettere la sentenza: 14 condanne e 5 assoluzioni, con pene che arrivano fino a 18 anni.
Il provvedimento nasce dall’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro del maggio 2018 e denominata “Factorum”.
Per l’accusa gli attuali imputati sarebbero responsabili, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti.
Condannati:
Giuseppe Feroleto, 8 anni e 4 mesi
Antonio Gaetano, 9 anni e 10 mesi
Ferdinando La Forgia, 9 anni e 2 mesi
Alexandro Laratta, 2 anni
Pantaleone Laratta, 18 anni e 8 mesi
Ferdinando Marchio, 9 anni e 6 mesi
Gaetano Manica, 9 anni
Fabio Marino, 10 anni e 8 mesi
Luigi Marino, 8 anni e 10 mesi
Pasquale Marino, 8 anni e 2 mesi
Francesco Martino, 9 anni e 2 mesi
Giancarlo Perri, 8 anni e 6 mesi
Francesco Ruggiero, 9 anni e 8 mesi
Pasquale Torromino, 10 anni e 8 mesi
Assolti
Mario Cimino
Francesco Crugliano
Antonio De Biase
Massimiliano Marino (che non era stato colpito da provvedimento di custodia cautelare in carcere)
Antonio Martino.
Fanno parte del collegio difensivo gli avvocati Domenico Pietragalla, Roberto coscia, Aldo truncè, Fabrizio Salviti, Domenico Antonio Rizzuto, Mario Nigro, Carolina Carbone, Sergio Rotundo, Gregorio Viscomi, Francesca Buonopane, Patrizia Greco.
La vicenda: L’organizzazione – e’ stato poi rilevato dagli investigatori nel corso della conferenza stampa del maggio 2018 – irradiava la sua attivita’ anche oltre i confini regionali, arrivando a esportare la droga anche in Sicilia, in particolare nell’arcipelago delle Eolie, e curando i trasporti fin nei minimi dettagli: i carabinieri hanno provato a dimostrare che, per paura di essere intercettati, durante i viaggi gli esponenti del gruppo criminale riuscivano a restare in silenzio anche per due ore, e inoltre spesso ricorrevano a vere e propri “staffette” di auto. Coinvolte a pieno titolo nelle logiche criminali erano anche le donne dell’organizzazione, spesso utilizzate per trasportare o nascondere la droga in modo da sfuggire ai controlli e anche alle perquisizioni domiciliari.
La droga veniva infatti chiamata con nomi di frutta e verdura e a seconda del quantitativo: quando parlavano di patate significava che si trattava di un grosso carico, se parlavano di fragole invece di un piccolo quantitativo.
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