di PAOLO CRISTOFARO
L'INTERDITTIVA, LA REVOCA DELLE CONCESSIONI E LA CONFERMA DAL CONSIGLIO DI STATO
Una ditta calabrese, legata al settore rifiuti, nel 2010 e nel 2011 aveva ottenuto, dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria, le autorizzazioni per il trattamento di rifiuti speciali in un impianto della zona, ma il 6 dicembre 2016, la Prefettura di Reggio Calabria, aveva emesso un'interdittiva antimafia, portando alla conseguente cancellazione dell'impresa dalla "white list" e obbligando, di fatto, lo stesso Comune, con determina del 28 febbraio 2017, alla revoca delle concessioni e all'intervento dell'Anac nel giugno dello stesso anno. Ora, con sentenza del 19 maggio 2020, il Consiglio di Stato (Sezione Terza), ha bocciato il ricorso della ditta ricorrente, confermando, sostanzialmente, quanto deciso dalla Prefettura.
INDAGINI PER LA GESTIONE DI RIFIUTI, SEGNALAZIONI DEL NOE E RISCHIO INFILTRAZIONI
Alla base delle decisioni della Prefettura prima e del Tribunale poi, una serie di anomalie riscontrate nell'ambito della gestione societaria, della cessione di quote, dei legami con altre aziende destinatarie a loro volta di interdittive antimafia. Ma non solo. Si parla anche di un soggetto al centro di indagini e procedimenti penali, accertamenti relativi alla gestione non autorizzata di rifiuti, a presunti falsi ideologici, a ricettazione, alla miscelazione di rifiuti pericolosi. Ma anche di una serie di segnalazioni da parte del NOE dei Carabinieri di Reggio Calabria per attività non autorizzata di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti.
La società appellante ha redatto il ricorso sostenendo anche che alcuni dei procedimenti erano stati archiviati e che nel caso di un'ordinanza di custodia cautelare si è proceduto all'annullamento per insussistenza di presupposti, ma sia per la Prefettura che per i giudici "permangono elementi indiziari tali da ritenere ancora attuale la valutazione sulla sussistenza per la società di un rischio di infiltrazione".
LE ANOMALIE NEI CAMBI DI GESTIONE, LE FREQUENTAZIONI SOSPETTE E I RAPPORTI ECONOMICI
La sentenza fa anche riferimento a "situazioni spia" particolari. Tra queste, i mutamenti della compagine societaria, con il passaggio di quote ad un altro soggetto, ma il perdurare dei rapporti e dei legami economici, anche attraverso partecipazioni in altre società collegate, le segnalazioni per la gestione non autorizzata di rifiuti, una serie di procedimenti penali, la misura di sorveglianza speciale (poi revocata, ma senza il venir meno della posizione di imputato del soggetto nel procedimento), il presunto mantenimento di ruoli all'interno dell'azienda nonostante la cessazione delle quote e comunque la cessione delle stesse a soggetti sempre legati al medesimo contesto familiare.
La sentenza poi punta anche su una nota del 27 marzo 2015, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, che segnalava il controllo di uno dei soggetti con persone segnalate per associazione mafiosa, possesso ingiustificato di beni e omicidio doloso. I giudici hanno pertanto valutato la situazione nel complesso, segnalando "elementi plurimi e convergenti" tali da giustificare la conferma dell'interdittiva antimafia. Secondo i giudici, oltretutto, "la cessione delle quote è successiva all'arresto di OMISSIS nel 2012, sicché la stessa è stata attuata in un frangente temporale niente affatto neutro" e sono comunque da tenere presenti "le ulteriori cointeressenze e le anomale contiguità sussistenti". Insomma, nulla da fare per l'azienda, la decisione della Prefettura è irrevocabile.
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