di PAOLO CRISTOFARO
Tra i temi più caldi legati alle problematiche ambientali, negli ultimi anni è stata soprattutto la questione "trivelle", tra le altre, ad aprire dibattiti complessi. La sentenza pubblicata dal Tar della Calabria, del 1°aprile 2020, apre nuovi scenari a tal proposito, riportando bruscamente l'attenzione sull'argomento. Tale sentenza (presidente: Giancarlo Pennetti; estensore: Pierangelo Sorrentino) riguarda il ricorso avanzato dalla "Total E&P Italia S.p.A." contro la Regione Calabria, il Ministero dell'Ambiente e quello dello Sviluppo Economico, la Provincia di Cosenza e numerosi comuni calabresi per l'annullamento del provvedimento riguardante "la non valutabilità del permesso per la ricerca di idrocarburi su terraferma". Il ricorso è stato accolto. Ma la vicenda merita un'attenta ricostruzione.
(La mappa della zona interessata, al confine tra Calabria e Basilicata)
L'oggetto del contendere riguarda la vicenda delle trivellazioni nell'area nota come "Tempa La Petrosa", tra Basilicata e Calabria, relativamente alle quali, nel 2015, la Regione aveva dichiarato (provvedimento 105517/15) "la non valutabilità delle istanze di ricerca idrocarburi su terraferma", le quali istanze erano state avanzate dall'azienda ricorrente per ottenere il permesso ad effettuare ricerche nel sottosuolo di quell'area. Questa vicenda non è ignota alle pagine di cronaca, dato che in molti, fin dall'inizio, si sono opposti a queste iniziative, soprattutto relativamente all'impatto ambientale di tali verifiche, inclusi gruppi politici, movimenti e comitati di cittadini, amministrazioni comunali e provinciali e WWF.
I motivi che hanno portato all'accoglimento del ricorso sono legati soprattutto alla "violazione di legge di incompetenza della Regione, in favore di quella del Ministero dell'Ambiente e del Territorio" e anche "in ragione dell'attivazione, da parte della società ricorrente, del procedimento presso il Ministero dello Sviluppo Economico al rilascio del titolo concessorio unico ai sensi dell'art. 38 del Decreto Sblocca Italia". In poche parole la competenza relativa alla questione in oggetto e alla relativa VIA (Valutazione Impatto Ambientale) in questo caso non era più competenza della Regione "prevedendo l'assorbimento della competenza in tema di VIA in capo al Ministero dell'Ambiente e del Territorio".
La Regione, quindi, dall'attivazione del decreto - che lo stesso WWF aveva definito "una manovra contro l’ambiente, che protegge interessi privati speculativi e che minaccia territorio e mari italiani" - non poteva più dare pareri a tal proposito, perché svestita della competenza decisionale a tal riguardo. La vicenda è apparsa, qualche anno fa, già precedendo le successive fasi in sede legale, sulle pagine di quotidiani sia calabresi che lucani, seguita da numerose e accese proteste.
Anche l'aspetto della discussione in sede legale non ha riguardato solo il Tar della Calabria. Parallelamente - dato che l'area della "Tempa La Petrosa" rientra nella Regione Basilicata - la discussione in merito è approdata anche presso il Tribunale Amministrativo della Basilicata. La sentenza (presidente: Pasquale Mastrantuono; estensore: Benedetto Nappi) è stata pubblicata il 29 gennaio 2018. L'esito è stato il medesimo al quale si è approdati adesso con il Tar della Calabria, soprattutto in riferimento al sopraggiunto decreto "Sblocca Italia". Ma la sentenza del Tar della Basilicata aggiunge un particolare. Si legge che "soltanto in data 21 agosto 2012, anche a seguito di un sollecito del MISE, la Regione Basilicata ha attivato il procedimento di VIA, chiedendo altresì al ricorrente di fornire ogni utile informazione in merito allo stato del procedimento presso la Regione Calabria al fine di poter raggiungere l’intesa".
Ma la sentenza specifica che "successivamente, tuttavia, la Regione Basilicata non ha svolto ulteriori attività istruttoria specifica", fino all'entrata in vigore del decreto che, difatti, ha dato ragione alla "Total E&P" di ricorrere al Tar. Al contempo sappiamo che neppure presso la Regione Calabria la procedura era andata avanti, dato che "la decisione sulla VIA sarebbe intervenuta ad oltre due anni dalla nota di riscontro di Total alla richiesta di integrazioni progettuali [...] illustrativa delle ragioni di oggettiva impossibilità di soddisfare le richieste integrative del Nucleo VIA".
Secondo il Tar della Calabria, in aggiunta, "la dinamica temporale della vicenda in esame comprova che la Regione Calabria, nonostante il lungo lasso temporale trascorso dall'avvio della procedura diretta alla valutazione in ordine al possibile rilascio del VIA, non si sia mai attivata al fine di effettuare la procedura di Verifica dell'Impatto Ambientale d'intesa con la Regione Basilicata", venendo quindi ad emettere il provvedimento di "non valutabilità delle istanze", impugnato dalla "Total E&P S.p.A." soltanto nel 2015, a decreto "Sblocca Italia" già passato.
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