Una riflessione particolare nel Giorno della memoria

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Sabatino Nicola Ventura
  27 gennaio 2021 07:42

L’articolo 3 della Costituzione italiana sancisce in modo inequivocabile il riconoscimento di ogni uguaglianza: è un canto di lode, nessun essere umano può “vivere” da discriminato: si è pari tra pari. “TUTTI I CITTADINI HANNO PARI DIGNITA’ SOCIALE E SONO UGUALI DAVANTI ALLA LEGGE, SENZA DISTINZIONE DI SESSO, DI RAZZA, DI LINGUA, DI RELIGIONE, DI OPINIONI POLITICHE, DI CONDIZIONI PERSONALI E SOCIALI”

La Costituzione italiana, elaborata alla fine della dittatura fascista, sancisce bene l’avversità ad ogni discriminazione. Ancora oggi è un baluardo ai tentativi di un ripristino culturale civile e politico che contrassegnò, in particolare negli anni delle dittature nazifasciste, ogni persecuzione di inermi ed onesti cittadini.

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Oggi a 76 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, il mio pensiero, assieme a quello di miliardi di persone nel mondo, va ai bambini, ai ragazzi, alle persone torturate e barbaramente uccisi in quel luogo e in tant’altri costruiti ed utilizzati per realizzare la soluzione, razzista, finale verso gli ebrei, ma anche contro gli zingari, gli omosessuali, gli handicappati, i comunisti, i socialisti, i democratici. L’Italia fascista non fu estranea, ma promotrice e complice di tante efferatezze. Le leggi razziali più cattive e vergognose li produsse il fascismo; sarebbe opportuno prenderne cognizione, e soprattutto informare e spiegare ai giovani cosa predicò e fece il razzismo fascista. Un esempio ce lo dà il razzista Giorgio Almirante, il fu Segretario nazionale del MSI, quello a cui si pensa, in qualche amministrazione comunale, d’intitolargli una strada: egli è stato un servo dei nazisti. Ha subito condanne in tanti processi per essere stato uno spietato persecutore dei giovani patrioti antifascisti. Fu segretario di redazione della famigerata rivista “La Difesa della Razza”.

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Riporto un suo articolo del 1942: “Il razzismo ha da essere il cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, si, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d’una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato di sangue”.

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Ritorno all’articolo 3 della Costituzione, per svolgere un beve ragionamento che tant’altri più titolati di me, da anni propongono al Parlamento; riguarda l’opportunità d’intervenire per renderlo ancora più umano, togliendo la parola razza e sostituirla. Sono convinto, essendo oramai abbondantemente accertato che non ci sono razze umane, ma esseri umani, tutti uno diverso dall’altro.

Credo, però, che per sostenere una proposta abrogativa o sostitutiva, non facile, sia giusto che in tanti approfondiscano l’argomento. Io, per l’appunto, svolgerò qualche accennata riflessione, proponendo un pensiero che con altri condivido.

Dividere gli esseri umani in razze per diversità genetica, non ha base scientifica; chi sostiene, forzando erroneamente, tesi contrarie favorisce la speculazione, deviante, di una diversità culturale, derivante già alla nascita. È stato accertato che la diversità, davvero insignificante, che si osserva nella nostra specie, non può essere neanche lontanamente utilizzata quale prova di riconoscimento delle razze.

Il processo caratterizzante è da individuare in un complesso di persone che godono uno spazio comune, un periodo e una stessa organizzazione di relazioni: le popolazioni.

Il colore della pelle, i tratti somatici non hanno alcun nesso con le capacità conoscitive, condotte sociali o moralità. È falso ogni distinguo razzista per marchiare differenze culturali, come la conseguenza di ineguali capacità intellettive. La sempre più crescente società mondiale pluriculturale, evidenzia l’infondatezza di quanto anche questo aspetto delle teorie razziste, sia inventato.

Rimuovere ogni nesso a una idea razziale della differenza è rilevante perché elimina un termine che diffonde una credenza errata attraverso il camuffamento di una fittizia scientificità.

La battaglia contro il razzismo richiede tempo, perché bisognerà informare e formare, soprattutto i giovani, su come interpretare le diversità umane.

Modificare l’Art. 3 della Costituzione potrebbe essere anche l’occasione per avviare un processo di acculturamento più generale sul razzismo. Un confronto ampio sulla necessità di adeguare l’Art. 3, sarebbe importante per superare un’artefatta dualità tra antropologia fisica e culturale.

È, però, difficile negare l’esistenza della razza se sta scritto perfino nella Costituzione.

Sono state presentate più proposte a modifica, che esprimono il concetto di diversità, ma non di classificazioni di una qualsiasi superiorità. La proposta più condivisa è la seguente: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di aspetto fisico e tradizioni culturali, di genere, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. La repubblica non riconosce l’esistenza di presunte razze umane e combatte ogni forma di razzismo e xenofobia”.

Un’altra proposta consiste nell’eliminazione di tutte le “categorie” e riferirsi solo all’uguaglianza dei cittadini. Un’altra ancora, fra le tante che non riprendo, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di patrimonio genetico, culturale, sociale, politico, economico”.

Intervenire sull’art. 3 sarebbe, a mio avviso, più che opportuno, e darebbe un ulteriore segnale di difesa di un grande valore di eguaglianza.

Ritorno alla shoah e concludo riportando due celebre frasi. “Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo” George Santayana.

“L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza” Liliana Segre.  

 Sabatino Nicola Ventura

 

    

 

 

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