di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA
“Tutto è scaturito da alcune denunce inoltrate da alcuni residenti dell’edificio dov’era collocata la mia attività", racconta Emiliano Lombardo, soddisfatto della recente sentenza del Tar che, dopo anni, riconosce le ragioni del ricorrente anche nel merito e condanna Comune di Catanzaro e Asp a risarcire in solido i titolari di un’attività di ristorazione, ormai chiusa.
Ecco, la storia di un ristorante bar- tavola calda, pizzeria, nato nel migliore degli auspici ma affondata nell’arco di qualche mese sotto i colpi di una giustizia maldestra che l’ha stroncata prima di poter entrare a pieno regime sul mercato.
“Da quelle denunce risalenti al 2013 il Comune ha disposto il primo sequestro dell’attività per le canne fumarie – spiega Lombardo - e in un secondo tempo il Tar ha provveduto al dissequestro. Di recente, dopo diversi anni, è arrivato il momento della resa dei conti. Il Tar ci ha dato ragione anche nel merito e non resta che quantificare i danni subiti dall’azienda. Purtroppo – fa notare l’imprenditore che opera ancora nello stesso settore - essendo un’azienda in start-up con dei costi iniziali molto sostenuti, non ha avuto il tempo per crescere e abbiamo dovuto svendere l’attività che contava 20 dipendenti. Un investimento quantificabile in una cifra pari a circa 450 mila euro. Questo è quanto ha investito la società, che in pieno avviamento ha subito tutte queste angherie che ci hanno costretto a dover chiudere e svendere”.
Una storia incredibile se si pensa ai sacrifici che una azienda familiare ha fatto per investire i risparmi di una vita di lavoro per realizzare un sogno imprenditoriale che ha trovato i maggiori ostacoli proprio negli enti pubblici.
“È stato evidente che Comune e Asp hanno compiuto un abuso – ha commentato ancora Lombardo - e il Tar lo ha riconosciuto. Ora aspettiamo il risarcimento che, ahimè, da quello che vedo è ben poco rispetto al danno subito. Fortunatamente, siamo andati avanti come azienda e grazie al nostro nome, che in città rappresenta un punto fermo nel settore, abbiamo trovato la forza per continuare. Diversamente, avremmo dovuto cambiare vita o andar via dalla regione”.
Un danno, dunque, che non si è limitato solo a quei 12 giorni di chiusura, ma che ha macchiato anche l’immagine di una nuova attività che stava entrando sul mercato. “La gente che passava da lì – ricorda l’imprenditore - una volta trovava aperto, un’altra volta chiuso, e si poneva tante domande. Chissà, forse cibi alterati, problematiche varie e tanti dubbi che hanno danneggiato notevolmente la nostra immagine. Un danno incalcolabile, in una realtà già molto difficile in cui operare. Se a questo aggiungi che ci facevano visita giornaliera carabinieri, polizia, praticamente tutti, il quadro è disarmante. Vi lascio immaginare anche a livello psicologico cosa ha provocato in tutti noi questa storia, tra continui esborsi giornalieri a perdere. Ma non c’è stato nulla da fare – sottolinea ancora Lombardo, titolare di una nota trattoria-pizzeria nel rione San Leonardo - pur avendo lottato con tutte le forze non abbiano mai potuto avere un dialogo civile con questa famiglia che abitava nello stesso stabile”.
Quindi arriva il momento della chiusura. “A un certo punto abbiamo deciso abbassare le serrande per evitare il tracollo completo e abbiamo ceduto l’attività. L’acquirente che l’ha rilevata ha tenuto aperto per un anno e poi è andato via”. Ma vi è di più. “La società che ha ceduto l’attività, dopo sette anni, è ancora in vita per poter giustificare il ricorso al Tar e questo ha comportato ulteriori esborsi economici”.
Ma Lombardo, sposato e padre di 4 figli, non ha mollato e opera ancora nel settore della ristorazione. “Dopo questa brutta esperienza, con grandi sacrifici siamo andati avanti con le altre attività di famiglia, ma è stata davvero molto dura, senza mai attingere a fondi pubblici di alcun genere”. Malgrado il torto subito, Lombardo continua a credere nello spirito d’impresa e lancia un bel messaggio ai giovani: “Lavorate e credete nella nostra terra, perché non è tutto nero”.
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