di GABRIELE RUBINO
Scritto, controllati i dettagli e poi spedito. Lo studio di fattibilità per avviare un progetto di ricerca sui militari che hanno preso parte alle operazioni nei Balcani, e poi risultati contaminati dall’uranio impoverito, è arrivato sulle scrivanie che contano del ministero della Difesa. Il mittente è l’oncologo calabrese Pasquale Montilla che ormai da anni (lo abbiamo raccontato qui) propone di adottare un metodo multidisciplinare per curare i militari che al rientro delle operazioni hanno presentato patologie collegate all’esposizione dei metalli pesanti. Passare da un “approccio statistico, osservazionale ad un approccio clinico tossicologico, diagnostico e predittivo molecolare” è la chiave. Il file, di ventiquattro cartelle, descrive per sommi capi le tre fasi del protocollo Montilla, dal trattamento infusionale di detossificazione alla successiva verifica del quadro clinico fino alla valutazione del rischio di mutazioni genetiche (per maggiori dettagli leggi qui). C’è già il nome: “Project Elysium, Screening Onco-Toxicology on Genomic Target Minerva”. La proposta prevede una platea ideale da 500 soggetti all’anno da sottoporre al trattamento, con una durata complessiva di 7 anni. Sarebbe inclusa la collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell’Università Magna Graecia di Catanzaro per ricerche scientifiche orientate alla tossicogenomica e proteomica.
L’INCONTRO A ROMA- L’invio, proprio in questo momento, dei documenti con il progetto di studio e di ricerca clinica in ambito sanitario militare non è casuale. Arriva a seguito di una convocazione formale a Roma da parte dello Stato maggiore della difesa, nello specifico presso l’Ispettorato generale della sanità militare. In quella sede, qualche giorno fa, si è tenuto un briefing molto lungo ed approfondito in cui Montilla ha presentato oralmente il possibile sviluppo del programma ad un alto generale e alcuni colonnelli medici. Subito dopo è arrivato il progetto scritto nero su bianco con tanto di stima del finanziamento necessario per coprire i costi. La proposta è “aperta”, nel senso che il ministero, laddove ne ravvisi la necessità, può decidere che parti del progetto possano anche essere protette dalla riservatezza attraverso il riconoscimento del segreto militare.
Pasquale Montilla |
NON SOLO IL TRATTAMENTO TOSSICOLOGICO, MA ANCHE LA PREVENZIONE- L’altra novità è che il progetto non solo potrà essere declinato per assicurare una cura ai militari in cui effettivamente è stata riscontrata la presenza di metalli pesanti, ma potenzialmente può essere utilizzato come strumento di prevenzione e valutazione del rischio per future missioni. Da quanto appreso, i colonnelli medici che stanno seguendo il dossier per conto del ministro della Difesa Elisabetta Trenta sono molto interessati a sviluppare lo studio di Montilla. Finora i lavori dell’oncologo hanno ricevuto recensioni positive da parte del professore Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino e del MIT di Cambridge e dall'Ona (Osservatorio nazionale amianto), dove Montilla è arrivato a fare parte del comitato tecnico-scientifico in collaborazione con il professore Luciano Mutti della Columbus di New York, uno dei massimi esperti internazionali sul Mesotelioma pleurico da contaminazione ambientale da amianto. Dopo tanti anni, contrassegnati da esiti controversi dei lavori delle commissioni parlamentari d’inchiesta sull’uranio impoverito, la prospettiva, anche dello Stato, potrebbe presto cambiare grazie alle nuove risorse tecnico-scientifiche e alle moderne scoperte in ambito tossicologico applicabili in questo settore.
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