di TERESA ALOI
IL SUO calvario inizia con una serie di problemi all’apparato motorio e neurologico. In poche parole le sue gambe non ricevono alcuno stimolo. Aldo Rizzo, ex sottoufficiale delle Folgore paracadutisti, è uno dei tanti militari che dalle missioni umanitarie si è portato un’eredità pesante. Uomini in divisa che hanno servito con onore la bandiera italiana ma con un unico comune denominatore: affetti da patologie provocate da esposizioni a metalli nocivi. Oggi sta meglio. E tutto grazie al protocollo del dottore Montilla. Ammette di “non fare grandi robe ma almeno posso accompagnare mia figlia nel cortile sotto casa”. Un traguardo importantissimo a tal punto da commuoversi. Saranno queste, infatti, le uniche lacrime che righeranno il suo volto nel corso del suo racconto.
“Impiegato in missioni all’estero, per lo più nell’ex Jugoslavia – a Sarajevo i miei problemi sono iniziati poco dopo il rientro dal servizio. Il mio primo ricovero risale al 2001 quando – racconta - mi fu diagnosticata una neuropatia del bulbo oculare destro, associata ad una ipotetica slerosi multipla”. Una diagnosi, tuttavia, non del tutto comprovata da prove scientifiche ospedaliere. Nel frattempo Aldo continua la sua attività fino a quando “non sono diventato incapace a camminare e qualsiasi cosa una persona normale può fare nel corso della giornata, per me era diventata impossibile”.
Del protocollo disintossicante del dottore Montilla, Aldo lo apprende dai colleghi che si sono ammalati di malattie simili o anche peggio. “Qualcuno purtroppo non c’è più. Ed è anche per loro che combatto la mia battaglia”. La decisione di approfondire le indagini mediche non tarda ad arrivare fino ad arrivare alla diagnosi di una variante di Sla, una Neuroparatia multifocale sensitiva motoria demielinizzante cronica acquisita e, dunque, non derivante da problemi congeniti.
“Questo genere di malattie - racconta Aldo - possono, così mi è stato detto, essere indotte per la presenza di metalli pesanti o anche uranio depleto, una polvere terribile in grado di infilarsi nelle divise dei militari e, considerato che io ero stato all’estero, l’ipotesi non era del tutto peregrina”.
Il dottore Montilla Aldo lo conosce indirettamente – “da una intervista per una radio scientifica” - ma capisce subito che può intraprendere con lui un discorso di diagnosi e cura. Il primo test provocativo, quello che viene effettuato per definire le quantità di metalli nel corpo, rilevano nel corpo di Aldo una presenza spropositata di metalli quali stronzio, cesio, alluminio, piombio, arsenico, bario zinco. “Quest’ultimo – ricorda - in quantità esagerate, 23000 milligrammi per litro - zinco che, secondo i dati dell’Oms è neurotossico”. Sta di fatto che Aldo al primo appuntamento con il “suo” dottore ci arriva accompagnato dai suoi genitori, sulla sedia a rotella. È, invalido al 100 cento. Così dicono le carte. Le sedute sono costanti e, dopo 23 infusioni, oggi Aldo cammina e “non sono stato mai così bene”. Ci ha creduto fino alla fine e la speranza di non farcela non è rimasta tale. Oggi è un uomo diverso. Migliore. Il sorriso che si legge ne suoi occhi quando parla della sua bimba è più che una certificazione.
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