Us Catanzaro 1929, il presidente Noto: “Il nostro traguardo è immutato: la promozione, ma il calcio dovrà darsi una regolata”

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Floriano Noto, presidente dell'Us Catanzaro 1929
  07 aprile 2020 20:17

di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA

Sempre molto preoccupato il presidente del Catanzaro Floriano Noto per la crisi che investirà il nostro Paese e che non risparmierà certo il mondo del calcio. Stamattina, l’industriale calabrese, operante nella grande distribuzione alimentare, ha parlato sulle colonne di Tuttosport: "Proiettarsi nel futuro diventa un esercizio ancora più difficile e assolutamente complicato. Il Coronavirus ha innescato non solo una problematica drammatica a livello sanitario ma pure economico".

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Poi ha detto: "Inutile nascondere il fatto che il nostro traguardo è quello di salire in serie B e assestarci nel campionato cadetto ma questo era l’obiettivo di partenza. Dal punto di vista sportivo non cambia nulla – ha osservato il patron delle Aquile - ma è evidente che dovremo fare i conti con ciò che comporterà la pandemia a livello di riverbero anche economico. Al momento non sappiamo se e quando riprenderà il campionato, se in maniera tradizionale o con playoff e playout, ammesso che si possa ricominciare".

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E ha spiegato meglio: "Io sono stato presidente degli industriali e posso dire che nel Mezzogiorno la crisi si farà sentire in maniera diversa e più profonda anche perché la struttura del Nord imprenditoriale è differente. La stima della Confcommercio è che chiuderanno il 50% dei negozi in Meridione dove si prevede la chiusura del 30% delle industrie. La nostra azienda di supermercati vive di consumi che sono legati al reddito delle famiglie. Se questo viene meno non è difficile immaginare dove si va a finire. Quindi siamo comprensibilmente preoccupati. Il calcio dovrà ritirarsi e darsi una regolata con un complessivo ribasso degli investimenti".

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Dichiarazioni che fanno il paio con quelle rilasciate lo scorso 13 marzo sulle colonne de Il Calcio calabrese quando ancora le cose non erano del tutto precipitate: "Si sta anche ragionando su una serie di cose tra cui l’eventualità che parecchie squadre l’anno prossimo non si iscriveranno al campionato. D’altra parte, l’incasso dello stadio è nulla rispetto ai posti. Rappresenta una minima percentuale. Il grosso è tutto sulle spalle dei presidenti e degli sponsor. So per certo che parecchie squadre di B sono in crisi. La C quasi tutta. C’è una situazione drammatica. Il calcio è un’azienda – aveva sottolineato - e siccome moriranno parecchie aziende a causa di questa crisi dettata dal Coronavirus, molte squadre non si iscriveranno, e molte altre ridimensioneranno i progetti".

A distanza di quasi un mese da quelle dichiarazioni molto lucide sembra davvero cambiato poco in Italia. Anzi, il numero dei morti e dei contagiati rende la situazione drammatica. L’epidemia del Covid-19 si è trasformata in pandemia e il mondo attende un vaccino che possa sconfiggere questo virus.

Il calcio è fermo al palo e la governance del pallone non sa cosa fare. Tante le proposte sul tavolo ma ancora nessuna decisione. C’è chi invoca la fine e chi spera di poter ripartire anche in estate. Il rischio di compromettere anche la stagione prossima è concreto e si fa sempre più largo tra gli addetti ai lavori l’ipotesi che questa stagione, o in un modo o in una l’altro, sia ormai compromessa. A questo punto, non resta che decidere come chiuderla.  

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