di STEFANIA PAPALEO
Carlo Procopi resta in carcere. Il sessantenne di Catanzaro accusato di usura, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, estorsione e autoriciclaggio, non è riuscito a convincere il gip Chiara Esposito della sua estraneità ai fatti contestati. Quella lunga scia di minacce e violenze lunga ben 25 anni, che avrebbe accompagnato i suoi prestiti a tassi usurai fino al 600%, hanno lasciato il segno nelle carte dell'inchiesta che ha travolto anche il fratello Pino e l'altro presunto socio in affari Daniele Masciari. Gli indizi raccolti dal sostituto procuratore Saverio Sapia sono stati ritenuti sufficienti dal giudice a lasciarlo dietro le sbarre, nonostante la strenua difesa portata avanti nel suo interesse dagli avvocati Antonio Lomonaco e Antonio Ludovico, in oltre 2 ore di interrogatorio, al termine del quale avevano chiesto inutilmente l'alleggerimento della pena.
Una figura definita nelle carte come apparentemente defilata, ma centrale in un sistema di usura che ha soffocato ristoratori, piccoli imprenditori e famiglie in crisi, figura apicale di un sistema di usura che per almeno un decennio avrebbe colpito individui in grave stato di bisogno economico, con prestiti in contanti a tassi usurari, minacce costanti e violenze di ogni genere, approfittando della massima vulnerabilità delle vittime, tra le quali figura anche un calciatore giallorosso.
Gravissimi gli episodi ricostruiti dai finanzieri che, per mesi e mesi, gli sono stati col fiato sul collo, raccogliendo testimonianze dolorose e sofferte che hanno contribuito a mettere alle strette il presunto usuraio e i suoi complici, chiamati ora a rendere conto alla giustizia di tutto ciò che vien ipotizzato contro di loro dagli inquirenti.
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