di SABATINO NICOLA VENTURA
Il Corona Virus ha determinato una condizione particolare e insolita del convivere per l‘intera umanità. I paesi, soprattutto a civiltà avanzata, subiscono contraccolpi notevoli che pregiudicano le certezze acquisite: qualità della vita, lavoro, organizzazione della società, e via dicendo. L’Italia, per la notevole estensione della epidemia, desta particolare preoccupazione e, nel contempo, diventa nazione alla quale guarda ogni altro paese: siamo quella, assieme alla Cina, sperimentale sotto ogni aspetto.
La stampa e i media ogni giorno ci rappresentano il pensiero di scienziati, studiosi ed esperti delle pratiche sanitarie, ma anche di sociologi, psicologi, economisti, politici, che ci informano e formano sulla evoluzione e le conseguenze della “oramai” pandemia. Non intendo, comunque, riprendere argomenti abbondantemente e con grande qualità trattati, ma rivolgo il mio pensiero su uno degli aspetti che l’arrivo del virus ha ulteriormente evidenziato; è un argomento più volte trattato, che però non ha interessato profondamente gli italiani, e soprattutto noi del Mezzogiorno che abbiamo sottovalutato cos’è diventato il Sistema Sanitario Nazionale.
“Scopriamo” in tutta la sua drammaticità, oggi, nel tempo del Covid-19, che il Sistema Nazionale Sanitario, quello sancito dalla legge 833/78, non esiste. Il diritto universale del bene salute, conquistato dopo un impegno straordinario delle forze politiche progressiste, dei sindacati, di tanti operatori della sanità, alla fine degli anni ‘70/900 è stato profondamente intaccato. Esiste, certo, il servizio sanitario pubblico che assicura a tutti un livello di prestazioni uguale, ma è il livello minimo, quello essenziale. Tale minimo livello, in ogni caso, soprattutto al Sud e in particolare in Calabria, spesso non è pienamente assicurato. Il Parlamento, con la modifica del titolo V° della Costituzione, deciso tanti anni fa, ha stabilito che ogni Regione con fondi propri, che può specificamente trattenere per il Sevizio Sanitario Regionale, potrà assicurare ai suoi residenti una quantità e qualità di prestazioni sanitarie aggiuntive. Va da sé che ogni regione interviene diversamente, sulla base della ricchezza economica e delle autonomie politiche che ritiene di esercitare in sanità. La modifica costituzionale, infausta decisione, perseguita dalla Lega e dalla destra, ma purtroppo in buona parte assecondata dal Centro-Sinistra, ha, di conseguenza, determinato 21 sistemi sanitari.
Ogni regione è, per molti aspetti, come se fosse una nazione a sé. Le istituzioni centralizzate (Parlamento, Governo) si comportano alla stregua di una identità sovranazionale.
E’ particolarmente molto grave, quanto piano, piano, dopo avere deciso di assicurare a tutti, senza differenze di censo, di cultura, di reddito, di sesso, di provenienza, parità di diritto alla salute, quanto sta avvenendo. Si può tranquillamente dire che i cittadini per quanto riguarda il bene salute, per legge, rispetto al luogo di residenza non hanno gli stessi diritti.
I così detti “viaggi della speranza” dei calabresi verso il Centro/Nord Italia, per usufruire di una migliore sanità, sono la prova più evidente della disuguaglianza.
IL Covid-19 ha reso il Re nudo, in modo eclatante e dirompente, infatti il Governo nazionale si è rapportato alle singole regioni, soprattutto le più “potenti” per trattare il tipo d’interventi generali, ma anche quelli particolari, come se fossero nazioni a sé. “Scopriamo” anche concretamente una realtà a macchia di leopardo, con possibilità diverse di fare fronte alla emergenza. Si dice in questi giorni, che se il Sud e soprattutto la Calabria registreranno un numero alto di infettati con necessità di ricovero ospedaliero e di terapia intensiva, avranno grandi difficoltà a farne fronte.
Quanto sta accadendo, allora, dovrà servire per scardinare una impostazione inaccettabile, che ha purtroppo forza di legge. Gli italiani, prima gli italiani, dovranno recuperare il patriottismo, non il nazionalismo sovranista peraltro diviso per regioni.
Sarà necessario recuperare pienamente il dettato della legge 833: Il Parlamento dovrà essere impegnato a riconquistare il Servizio Sanitario Nazionale Pubblico.
La grande conquista di cinquant’anni fa dovrà essere ripristinata e promossa, con la energia dell’intera Nazione, quale modello per tutti i Paesi Europei. Si potrà iniziare a costruire l’Europa che tutti sogniamo: quella della parità dei diritti. Una forte e unita Italia, servirà anche per dare vita alla grande Europa.
Spero che questa volontà sia recuperata dai partiti, dalle forze sociali, culturali e professionali, per dare robustezza al Consiglio Regionale nell’impegno, che mi auguro, sosterrà in tal senso verso il Parlamento e contro le forze della divisione nazionale.
Cancelliamo subito dall’agenda politica la così detta “Autonomia Differenziata” e recuperiamo allo spirito e ai dettami della Costituzione un nuovo regionalismo.
La volontà dei Costituenti, con la nascita delle Regioni, era per unire il Paese ancora troppo diviso; si è, invece, stati capaci di dare vita a un regionalismo che contribuisce molto alla divisione degli italiani.
Bisogna, dunque, correre subito ai ripari.
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