VIOLENZA SULLE DONNE. Maltrattata e picchiata dal suo "amore": la storia di Maria che è riuscita a salvarsi "grazie ai carabinieri"

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images VIOLENZA SULLE DONNE. Maltrattata e picchiata dal suo "amore": la storia di Maria che è riuscita a salvarsi "grazie ai carabinieri"
Il racconto della donna vittima di maltrattamenti
  19 ottobre 2019 13:34

di TERESA ALOI

La sua sembrava una bella storia d’amore. Due ragazzi che si conoscono, si amano e decidono di vivere una vita insieme. Lei sogna il matrimonio al suo Paese.  Sogna la favola, come farebbe qualsiasi ragazza. E così, infatti, sarà.  “Una bellissima festa. Tanta gente. Foto, video. Tutti sorridenti”.

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Maria, un nome di fantasia, ha 44 anni. Gli occhi neri, grandi. Tristi e pieni di lacrime. Quando racconta la sua storia di violenza subita dall’uomo che ha scelto, la voce si  spezza dal pianto.

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Ci vuole tutto il coraggio di questo mondo per raccontare e ripercorrere quei momenti. E’ rivivere un incubo, come rinchiudersi  nuovamente in quella gabbia per nulla dorata. E’ sentire ancora le botte, riascoltare quelle minacce.  E ci  vuole una grande forza  per  arrivare alla consapevolezza che quel ragazzo dagli occhi belli e dal sorriso dolcissimo era un mostro.  

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Solo ora, adesso che il marito è ristretto agli arresti domiciliari con l’accusa di maltrattamenti alla moglie (LEGGI QUI) racconta la sua storia. E’ come esorcizzare la paura. Forse. Perché nei suoi occhi si legge il terrore. Di rincontrarlo, di aprire la porta di casa e trovarselo di fronte. Ha paura per sè e per la sua bimba.

Eppure lei il coraggio di denunciare lo aveva avuto già tempo fa  quando in Questura qualcuno aveva raccolto il suo dramma. Ma di quei minuti trascorsi seduta davanti ad una scrivania,  era rimasto solo un foglio di carta con una firma in calce,  oggi, forse, chiuso ancora in qualche cassetto. “Sono stati i carabinieri – ci tiene a sottolineare più volte nel corso della sua testimonianza -  ad aiutarmi e a mettere fine al mio incubo”.

Maria è una sopravvissuta all’abuso domestico, un abuso fisico e mentale durato oltre due anni.

Tutto inizia quando lei aspetta la sua bimba. Prima, la sua era una coppia come tante. O almeno è quello che lei crede. Lavoravano entrambi come domestici e la sera si ritrovano nella loro casa. A cena, chiacchierando davanti alla televisione o a guardare un film sul divano. 

I “guai” iniziano quando lei aspetta la sua bambina. E’ incinta di sei mesi e arriva il primo schiaffo. Senza un motivo preciso. Come se ci fosse un motivo per alzare le mani su una donna. Così forte da scaraventarla sul letto e da farle temere per la creatura che ha in grembo. Fortunatamente nessuna conseguenza per la gravidanza. Nasce la bimba e la situazione peggiora. Lui di andare a lavorare non ne ha voglia. Con un neonato in casa, però, le spese crescono e i soldi non bastano mai. Lavora solo lei. La sera è stanca. Lui non l’aiuta. Anzi. Una sera le distrugge la scheda del telefonino dove lei custodisce gelosamente oltre 400 foto del suo unico amore.   Quei fotogrammi raccontavano i primi mesi della sua bambina.

Piange, si dispera. Ma davanti alle scuse del marito, alla promessa che non sarebbe successo più,  cede. Una, due volte, tre volte.  La situazione degenera quando il fratello del marito si presenta a casa loro. Vivrà con loro alcuni mesi. E saranno, per lei, mesi di inferno. “Un giorno – ricorda -  aveva un coltello tra le mani e mi ha minacciato. Un’altra volta ancora ha spinto la bambina fino a farla cadere a terra”. Così violentemente che è stato necessario il ricovero in ospedale. A chi le chiede se le ha mai usato violenza, quasi con vergogna, ammette che “avrebbe voluto anche con la compiacenza di mio marito”.

Per il resto  sono botte. La ferita in testa, i lividi, le corse in ospedale, gli schiaffi,  gli insulti e le minacce che per anni l’hanno fatta sentire sbagliata, magari anche colpevole per quella rabbia che il marito le vomitava addosso.

Oggi Maria è una donna diversa. Certo  ha ancora negli occhi il terrore. La paura. Queste non sono ferite che si curano con i farmaci. Ci vuole tempo e tanto amore. Quello che la sua bimba, inconsapevolmente, le regala ogni giorno. E quando le chiede un padre diverso -  "perché lui è cattivo" -  lei capisce che ha fatto bene.  Che fa fatto bene a trovare il coraggio di denunciare. La strada è  ancora lunga.  Ma Maria  ha sicuramente imboccato quella giusta. 

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