Volevo scriverti una poesia... ma poi la rabbia e il pianto

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Franco Cimino
  30 ottobre 2019 18:01

di FRANCO CIMINO

 Sarebbe dovuto piovere anche oggi e non è piovuto. La Calabria batte ancora le più rigorose ed unanimi previsioni del tempo. C’è sempre il sole pieno, qui da noi. Fa caldo e il vento, addirittura, non viene per allietarlo. Si va ancora al mare, specialmente di sabato e domenica. Gli ombrelloni non servono, perché questo sole riscalda abbronza e non brucia la pelle. Fa tanto bene agli anziani e ai bambini. E alle donne che vogliono farsi più belle a qualsiasi età. In Calabria le donne sono tutte piacenti anche per questo, chiara o scura che sia la loro pelle essa si fa gradualmente bronzea che su alcune sembra oro. Il mare è limpido dappertutto, anche in quelle parti in cui per settimane ci si dispera per colpa dei depuratori che non sono adeguati e di quegli amministratori che adeguati al ruolo lo sono di meno. Il mare è caldo in questa stagione che non è estate sul calendario e non è neppure autunno negli armadi, fermi ancora a quel cambio di stagione di molti mesi fa. Ci si tuffa, ci si nuota, chi ne ha le braccia per farlo. E ci si sta a mollo guardando il teatro ineguagliabile che ti si porge davanti, se hai la fortuna di non vedere oltre la spiaggia quei palazzoni disarmonici e vergognosamente offensivi.

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Basterebbe volgergli le spalle e puntare lo sguardo verso l’orizzonte e il cielo che la meraviglia si fa cartolina. In città si sta come i turisti a passeggio ad agosto. Maniche di camicie, di sera un leggero “spolverino” o forse neppure quello. Nelle vie ci si muove con maggiore allegrezza che ti viene voglia, se non ti trovi obbligato da certa cultura della viabilità, a camminare a piedi. Magari, con tutta la famiglia. I bambini e i ragazzi escono da scuola festosi, zaino in spalla e sguardo di gioia verso il futuro. I negozi restano aperti fino a tardi. Aspettano anche loro i tempi lenti degli anziani e della nostra pigrizia. Il sole caldo fuori stagione apre all’ottimismo e al buonumore. Alleggerisce i pensieri. Rischiara anche la realtà. Te la fa vedere per quella che è. Bella. Pulita. Buona. La tua personale e quella fisica tra natura e antropia. Ti fa vedere anche tutto ciò che del brutto la disturba e l’offende, per poterti responsabilizzare nel dovere di modificarla, offrendoti l’unica violenza consentita all’essere umano: abbattere tutto ciò che l’uomo ha costruito in danno della vita, della Bellezza e del futuro. In Calabria è estate d’autunno e primavera d’inverno. Non veniteci a dire che è “ colpa” delle variazioni climatiche di cui solo la scienza, isolata dalla politica, si sta occupando da almeno un decennio. Nella nostra regione e nelle viciniori è così da sempre. Altrove, ne avrebbero fatto una ricchezza che produce altra ricchezza e di altre ben strutturate, dentro il sistema economico, ne fissa. Qui , da noi, di tanta ricchezza non ci si cura, ed anzi ce ne si lamenta.

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I commercianti, perché non possono vendere la merce di stagione, gli agricoltori e gli allevatori, perché la terra è arsa e danneggia i frutti. Noi tutti perché “ di questo caldo non se ne può più.” E “ prestu ma vena l’invernu!” Poi, l’inverno arriva, con le piogge che fanno male. E con l’acqua, che dalle fiumare e dai torrenti devasta tutto ciò che incontra, case e strade e scuole e piazze. La terra che era assetata si ubriaca e non ragiona. Come un pazzo infuria sulle piantagioni, sui raccolti e sugli allevamenti, e si fa più povera e disperata di prima. Al ritorno del sole , continua a bagnarsi del pianto di chi l’ha lavorata con tanto di quell’amore che farebbe invidia ai più accesi innamorati. Alla fine di questo rapido inverno, ritorna la Primavera e l’Estate calabrese, ma la Calabria non è più la stessa. Il suo paesaggio è deformato. Specialmente, quello davanti al mare che si è agitato in quelle forme, che, per offenderlo e colpevolizzarlo, chiamiamo mareggiate. Il paesaggio sembra quello del giorno dopo un bombardamento di una guerra che da cento anni qualcuno le muove. Questo nemico si rende sempre invisibile. Si nasconde bene dietro le nostre ipocrisie, la nostra ignoranza, il nostro scarso senso delle istituzioni e il nostro ancora più scarso amore per il luogo della nostra vita. Si nasconde meglio dietro i nostri egoismi, le nostre divisioni. E il nostro antico opportunismo, che ci fa cercare, in cambio del lasciar fare e il non vedere, il nostro piccolo tornaconto. Di questo nemico ne conosciamo da sempre il nome e il cognome e pure il volto. Ma non lo denunciamo ed anzi lo rafforziamo, a partire da quel luogo in cui dovremmo essere liberi almeno un po’, la cabina elettorale. Il sole, quindi, non c’entra.

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Il sole, invece, è bello e buono. Come il mare, che è il migliore che ci sia, tanto che potresti anche berlo. La pioggia pure, che è acqua buona e generosa, come quella dei piccoli fiumi che se ne giovano quando hanno bisogno di farsi più grandi. La terra, ah la nostra terra! Chi ce l’ha di più bella? Cara a tutti è la propria, lo so anch’io. La terra alimenta le radici, le conserva anche quando noi le abbiamo dimenticate. Ti ricorda la cosa più bella, l’infanzia e le mani grandi che hanno tenuto le tue piccole. La terra è generosa, perdona le tue dimenticanze e i tuoi tradimenti, gli abbandoni e le distrazioni. È paziente, la terra, e ti aspetta quando vorrai tornare. E ti riposa quando non potrai più andare. Ma, la Calabria è ancora più di tutto questo. Essa di fa sempre più piccola di quanto già non sia, per farsi portare nella tua valigia, nascondere nella tua tasca, custodire nel tuo cuore, manifestarsi ai tuoi occhi, collocarsi stabilmente nella tua mente. E ti parla sempre, come un padre davanti alla porta chiusa del tuo bagno. Ti parla con i suoni che il vento crea nel mare e negli alberi, che si muovono al suo volere. E con i profumi di rose e fragole e menta che odorano di bucato di tua mamma. Ti parla con i colori dei suoi pini, delle sue spiagge, delle sue distese di grano, del primo cielo del mattino e dell’ultimo che volge alla sera. E con il suono dei campanili e le sgridate della mamma quando ti sbucciavi le ginocchia per le partite a pallone sull’asfalto che non vincevi mai. Le previsioni del tempo, le ultime di queste ore, dicono che già domani o forse stasera pioverà. La terra abbandonata, sfinita, lacerata, non sa come vestirsi. Ha paura che le succeda ancora qualcosa di brutto.

Che destino triste le è toccato! La sua gente non è capace di trasformare il sole in ricchezza e la pioggia in risorsa. Non sa valorizzare il sole e non vuol proteggere il territorio. Le elezioni per eleggere chi dovrà prendersi cura di essa stanno per arrivare. Quella pioggia cui seguirà quell’arsura, pure. 

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