25 Aprile, Rita Tulelli: "Il giorno in cui l’Italia tornò a respirare"

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Rita Tulelli
  25 aprile 2025 10:34

di RITA TULELLI

 C’erano i papaveri nei campi, rossi come il sangue caduto per la libertà. C’erano le montagne che sussurravano il coraggio dei partigiani. C’erano le donne che avevano smesso di piangere in silenzio e gli uomini tornati a essere padri, fratelli, figli. Il 25 aprile 1945, l’Italia si svegliò diversa. Si svegliò libera. La voce della radio ruppe il silenzio: «Le forze partigiane hanno liberato Milano e Torino».

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Poche parole, eppure bastarono a cambiare la storia. Finiva così l’occupazione nazifascista, finiva la guerra, finiva l’umiliazione. Cominciava l’alba della Repubblica. Chi c’era, ricorda ancora l’odore dell’erba bagnata, la corsa nei vicoli, il suono improvviso della fisarmonica. Le strade si riempivano di canti, quelli proibiti, quelli che sapevano di rivincita: “Bella Ciao”, sussurrata tra i denti, gridata dai balconi, pianta come bandiera sui tetti sbrecciati. La musica era ovunque, come se servisse a tappare i buchi nei cuori, a cucire le ferite, a celebrare i morti. E di morti ce n’erano tanti. Troppi. Ragazzi di vent’anni impiccati ai lampioni, donne torturate perché portavano messaggi, bambini cresciuti troppo in fretta. Ma quel giorno, in mezzo al lutto, c’era una felicità che non si può spiegare. Una felicità che aveva il sapore del pane appena sfornato, del vino versato in bicchieri sbeccati, del silenzio improvviso dopo anni di spari. Il 25 aprile non è solo una data. È una cicatrice che l’Italia porta con fierezza. È la prova che questo Paese sa rialzarsi, anche quando sembra in ginocchio. È il giorno in cui ricordiamo chi ha combattuto senza divisa, chi ha scelto la montagna invece della resa, chi ha creduto nella libertà più della propria vita.

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Oggi, quando sentiamo ancora risuonare “Fischia il vento”, dobbiamo chiudere gli occhi e tornare là, tra i fienili dove si stampavano volantini clandestini, tra le baracche dove si parlava di giustizia, tra i fuochi accesi sotto le stelle. Perché la libertà non è mai scontata. E va difesa ogni giorno, come fecero loro, i partigiani, gli operai, gli studenti, le madri. Il 25 aprile è l’Italia migliore. Quella che sogna, resiste, canta. Quella che non ha paura di dire no. Quella che oggi, 80 anni dopo, si inginocchia non per cedere, ma per ricordare. E da quel giorno, ogni volta che la primavera torna a colorare i campi, ogni volta che il sole buca le nuvole, ogni volta che sentiamo una fisarmonica in lontananza, è come se ci dicesse: non dimenticare mai chi ha scelto di morire, perché tu potessi vivere libero.

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