di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA
"Antonio Talerico fu un avvocato "classico" ed efficacissimo".
Ad affermarlo è l'avvocato Aldo Casalinuovo nel corso dell'iniziativa inserita nel ciclo di incontri organizzati dalla Camera penale di Catanzaro dal titolo, "I penalisti di ieri nel ricordo dei penalisti di oggi come esempio per i penalisti di domani", organizzata presso la sala concerti di palazzo De Nobili in una sala gremita di volti noti del Foro catanzarese.
Introduzione affidata all'avvocato Nicola Tavano.
"L’avvocato Antonio Talerico fu un fraterno amico di mio padre, con una amicizia nata sui banchi del liceo Galluppi, presso il cui convitto "Totò " era ospite, essendo la sua famiglia residente a Pentone, piccolo paesino della presila catanzarese. Un sodalizio umano e professionale durato tutta la vita, come ebbe modo di ricordare mio padre nella commemorazione tenutasi in Corte d'Appello, alla sua morte, il 2 gennaio 2006".
E dice: "Fu a mio parere un avvocato "classico", tanto per il modo rigoroso e sempre efficacissimo con il quale svolgeva il mandato professionale, tanto per il suo amore sconfinato per il mondo classico appunto, le lettere, la filosofia, la lingua latina. Partecipò a una infinita di processi nella nostra sede giudiziaria e non solo, tra i quali voglio in particolare ricordare quello per la strage di piazza Fontana e il processo ailla mafia siciliana, cosiddetto dei 117 dal numero degli imputati alla sbarra, entrambi tenutisi a Catanzaro, negli anni '60 e '70, per legittima suspicione".
E ancora: "Fu un appassionato sostenitore dell'Avvocatura, che servì per molti anni come componente del Consiglio dell'Ordine ed anche con il suo grande attivismo nelle associazioni forensi, come la Camera Penale e l'Unione italiana dei giuristi cattolici, la cui sezione di Catanzaro egli fondò. Fu anche uno degli animatori principali della Calabria Giudiziaria, la rivista giuridica fondata da Giuseppe Casalinuovo nel 1919 e che si stampo' ininterrottamente fino al 1986, pubblicando la giurisprudenza dei distretti giudiziari calabresi".
Sindaco per molti anni del comune di Pentone, "visse con grande partecipazione e trasporto la dimensione della Fede, che fu, con la famiglia e l'avvocatura, la sua grande ragione di vita. Ricordo tra i suoi scritti sul tema appunto della fede cristiana "Fides et ratio", una profonda analisi del rapporto tra fede e ragione, laddove quest'ultima - come egli ricordava citando l'insegnamento di Sant'Agostino - è il "mezzo" per raggiungere la fede. O il "Processo di Gesù", una ricostruzione teologica ma anche giuridica, tratta dai libri sacri, del processo che portò Cristo alla croce. Bellissimo, poi, l'epistolario con il grande filosofo Norberto Bobbio, sulle ragioni per "credere" e sulla ricerca della fede nei travagli della vita terrena, pubbblicato al tempo e con grande evidenza sulla stampa locale".
In conclusione, "un uomo e un avvocato che per le sue innumerevoli virtù e per il suo cristallino percorso di vita può e deve senz'altro essere indicato alle generazioni più giovani quale modello ed esempio da seguire".
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