di GAETANO MARCO GIAIMO
Gli usi civici rappresentano ancora oggi un notevole problema per la pianificazione urbanistica e ambientale, soprattutto in Calabria. Ed è proprio per fare luce su questa problematica e indicare le prime metodologie d'indagine scientifica che il Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale "Demania", che ha come scopo la costruzione di una banca dati ad accesso aperto di tutte le sentenze che - dal 1808 ad oggi - hanno accertato questa pratica sul territorio italiano, ha organizzato il convegno "La Calabria degli Usi civici. Una storia per il Diritto", tenutosi questa mattina nell'Aula Blasco dell'Università Magna Graecia di Catanzaro. L'uso civico è un diritto perpetuo, che spetta a coloro che compongono una determinata collettività, delimitata territorialmente di godere di terreni o beni immobili appartenenti alla collettività medesima (in modo indiviso).
Diverse personalità provenienti dall'ambito accademico hanno provato a far luce sia sulla natura giuridica di questo diritto che sulle sue componenti storiche, partendo dal Prof. Alarico Barbagli dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, che ha dato il via al seminario. Ha preso poi la parola il Prof. Raffaele Volante dell'Università di Padova: "Dopo due anni di ricerca il progetto non è ancora concluso. Ad oggi, riguardo gli usi civici, è ancora in vigore una legge del 1927. Il problema si manifesta in modo diverso da nord a sud e nasce dal conflitto tra due ordinamenti diversi: nel 1808 era stata fondata la Commissione feudale, incaricata di risolvere i contenziosi tra gli ex baroni e le comunità. Lo scopo del progetto è dare linee metodologiche nell'analisi attuale di queste sentenze". A seguire, è intervenuto il Prof. Marco Geri dell'Università di Pisa: "La Commissione feudale ha lavorato per due anni e mezzo, producendo più di un migliaio di provvedimenti: da queste sentenze emergono moltissime sfaccettature di questo fenomeno complesso".
Un intervento molto interessante è quello della Dott.ssa Armanda Ilaria Miceli, notaio di Pizzo: "Nel 1927 parlare di usi civici significava superare l'orientamento feudale: nel tempo la prospettiva si è spostata sulla tutela ambientale. Concretamente, per un notaio è complesso avere a che fare con questa pratica, perché spesso abbiamo bisogno di risposte che non si trovano. Non sempre ciò che viene edificato su aree soggette ad uso civico è abusivo, anzi, spesso ha un titolo di legittimazione coerente: mi auguro che la Calabria diventi punto di riferimento per trovare soluzioni nuove da condividere con altre regioni". Si sono poi susseguiti il Prof. Federico Roggero dell'Università La Sapienza di Roma e il Dott. Ferruccio Maradei, ricercatore dell'UMG, che hanno dato cenni storici a riguardo degli usi civici nella legislazione forestale del Regno delle Due Sicilie e un'analisi del fenomeno delle camere chiuse nei territori silani.
Il Prof. Marcello Mazzuca dell'UMG ha analizzato la sentenza 119/2023 della Corte Costituzionale, che ha suscitato riflessioni sul vincolo di inalienabilità. Il Prof. Paolo Passaniti dell'Università di Siena si è espresso sui riflessi che la riforma agraria attuata con la "Legge Sila" del 1950 ha avuto sugli usi civici, mentre il Dott. Federico Fabi, ricercatore dell'Università di Padova, ha esposto alcune delle vicende demaniali del Pollino presso la Commissione feudale. L'intervento finale è del Prof. Barbagli: "Gli usi civici industriali in Calabria hanno riguardato soprattutto la liquirizia, la manna e la pece. Resta da chiedersi quale successo abbia ottenuto la Commissione feudale quando situazioni analoghe sono rimaste intatte". Il Prof. Volante ha concluso affermando che i nodi stanno arrivando al pettine e che bisogna riprendere lo studio del problema per suggerire delle vie di risoluzione che non possono smentire l'ipotesi fondamentale: riavvolgere il nastro e analizzare nuovamente la problematica è il compito di un progetto come questo.
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