AMA Calabria, a Catanzaro e Lamezia “Il Calamaro Gigante”: l’intervista all’attore Bruno Stori

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images AMA Calabria, a Catanzaro e Lamezia “Il Calamaro Gigante”: l’intervista all’attore Bruno Stori

  14 novembre 2024 09:51

di CARLO MIGNOLLI

Angela Finocchiaro arriva per la prima volta nelle stagioni teatrali di AMA Calabria con lo spettacolo Il Calamaro Gigante”, ispirato all’omonimo romanzo di Fabio Genovesi. La pièce, che sta raccogliendo consensi nelle principali programmazioni teatrali italiane, debutterà il 15 novembre al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme e sarà in scena il 16 novembre al Teatro Comunale di Catanzaro, entrambi gli appuntamenti alle ore 21.

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Insieme a Finocchiaro, ci sarà Bruno Stori, attore, regista e drammaturgo con oltre cinquant’anni di esperienza, per condurre il pubblico in un viaggio che supera i confini del tempo e dello spazio. Il Calamaro Gigante, con la regia di Carlo Sciaccaluga e musiche di Rocco Tanica e Diego Maggi, esplora non solo il mondo subacqueo, ma anche quello interiore, in un susseguirsi di riflessioni profonde e momenti di leggerezza, creando uno spettacolo immersivo e dal forte impatto emotivo.

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Bruno Stori ha raccontato ai nostri microfoni il significato dello spettacolo, il successo che sta riscontrando e i suoi progetti futuri.

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Il 15 e 16 novembre sarà a Lamezia e Catanzaro con lo spettacolo Il Calamaro Gigante. Le chiedo innanzitutto di parlarci di questo interessante progetto che sta portando sui palchi di tutta Italia insieme all’attrice Angela Finocchiaro.

«Diciamo che è la Finocchiaro a portarlo, e io la seguo! Lei è la star dello spettacolo. Il Calamaro Gigante è nato e ha debuttato all’inizio di quest’anno, quindi ha già alle spalle una stagione di tournée in tutta Italia, riscuotendo grande successo. Abbiamo appena ripreso le repliche, due giorni fa, e lo spettacolo, ispirato al libro di Fabio Genovesi, racconta la storia di un’assicuratrice piuttosto conformista che, da bambina, era un po’ stravagante ma che, crescendo, si è adeguata alla sicurezza di cui sentiva bisogno. Lei non vuole saperne di storie strane e fantasiose, eppure si ritrova affascinata e trascinata in un’avventura. Qui incontra uno studioso francese realmente esistito, interpretato da me, della fine del Settecento, Pierre Denys de Montfort, un malacologo, esperto di conchiglie e crostacei. I due si lanciano in un’avventura alla ricerca del calamaro gigante, che è un po’ l’ossessione di Montfort, desideroso di ottenere il riconoscimento scientifico di questa creatura, anche se le prove che porta sono racconti di marinai, poco credibili agli occhi degli scienziati ufficiali».

Uno spettacolo che racconta di un viaggio alla scoperta di sé, attraverso una serie di avventure. Il suo personaggio, Pierre Denis de Montfort, ne viene travolto?

«Esattamente. È una storia che riprende le avventure di personaggi realmente esistiti, uomini e donne che hanno abbandonato le loro certezze per inseguire i propri sogni e passioni. Questo è anche il tema centrale dello spettacolo: la ricerca dell’impossibile, che diventa possibile se ci si crede davvero, se ci si dedica con passione. Anche se alla fine le cose possono non andare bene, almeno hai provato. Il messaggio è proprio questo: provare, rischiare di fallire, ma tentare di seguire i propri desideri e sogni».

Ha menzionato il romanzo di Fabio Genovesi. Come è stato adattare il testo al teatro? Quali sono state le maggiori sfide per un’opera che esplora così tanti temi, come il mondo interiore dei personaggi e il tema dell’avventura?

«È una domanda che ci fanno spesso i lettori di Fabio Genovesi perché sembra quasi impossibile adattare il romanzo per il teatro. Abbiamo lavorato con Fabio per quasi un anno prima del debutto, perché costruire una drammaturgia su un testo così ricco di personaggi e situazioni non è affatto facile. Il mare, nel libro, è il grande contenitore di storie e personaggi e in parallelo c’è anche una componente autobiografica del protagonista, che nel nostro spettacolo è diventato il personaggio di Angela. Abbiamo trasformato questa scrittura letteraria in una drammaturgia per il teatro, cosa che non è stata semplice. Abbiamo selezionato il personaggio di Montfort come alter ego di Angela e fatto vari esperimenti per rendere teatralmente queste immagini e questi viaggi. Abbiamo continuamente lavorato per aggiustare il testo: in questa nuova edizione abbiamo tagliato alcune scene, modificandone altre, cercando di rimanere fedeli all’obiettivo drammaturgico, che è raccontare la trasformazione del personaggio di Angela da una persona timorosa e conformista a una donna pronta a rischiare nella vita. È stato un lavoro complesso, condiviso tra me, la Finocchiaro e Fabio. Deve essere uno spettacolo leggero e divertente, ma capace di trasmettere contenuti profondi, come il mare, tema centrale del testo originale. Come dice Genovesi, noi conosciamo il mare solo in superficie, senza sapere cosa accade nel profondo: una metafora della vita stessa».

Dopo tanto lavoro sul testo, è subentrato poi il regista Carlo Sciaccaluga per tradurre il tutto in immagini?

«Sì, esatto. Carlo ha dato un impatto visivo forte allo spettacolo. È molto ricco, con tante situazioni e immagini. Oltre ai due protagonisti, c’è un coro di sette attori, alcuni acrobati e altri attori di parola, che rappresentano il mare stesso e creano questo mondo marino onirico attorno ai protagonisti. Lo spettacolo ha una struttura quasi da sogno, perché i due protagonisti, pur essendo di epoche diverse, si trovano coinvolti in un’avventura surreale, spinti da un’ondata verso un viaggio incredibile. È uno spettacolo decisamente ricco di immagini, con scenografie mobili, vele che cambiano gli spazi e le situazioni».

Ha menzionato il tema del viaggio, il sogno e l’ironia. Qual è il ruolo dell’ironia in questo spettacolo?

«L’ironia c’è sicuramente, ma più che ironia, direi la giusta distanza dalle cose. Anche le situazioni più drammatiche vengono trattate con leggerezza, proprio per sottolineare che la vita è tragicomica, che porta a incontri meravigliosi, e che la ricerca di obiettivi apparentemente impossibili ci permette di compiere viaggi reali, di fare scoperte, incontri, di coltivare la curiosità. Lo spettacolo è permeato di leggerezza e comicità, che è un po’ la specialità di Angela Finocchiaro, ma non per questo manca il lato tragico della vita quotidiana. Angela lo dice spesso: “Il sogno finisce e comincia l’incubo, che è la vita di ogni giorno”. L’ironia è importante perché ci permette di affrontare temi seri, ed è anche uno spettacolo che ha attirato molto il pubblico giovane».

A tal proposito, anche i ragazzi sono rimasti colpiti?

«Sì, ed è sorprendente. A Cosenza, ad esempio, dopo lo spettacolo si sono fermati alcuni ragazzi di 10-12 anni, che ci hanno detto di essersi divertiti e di aver trovato contenuti importanti. Per i giovani il tema del rischiare e provare a seguire i propri sogni è molto sentito. Vorremmo fare delle rappresentazioni anche per famiglie, perché questo spettacolo può affascinare i più piccoli e farli appassionare al teatro».

Dopo oltre cinquant’anni di carriera come attore, regista e drammaturgo, come è cambiato il suo approccio al teatro? Ha altri progetti in cantiere?

«Eh, sono ormai un vecchietto! Ho iniziato con il teatro per bambini, facendo burattini a Bologna, la mia città natale. Da lì è nato il gruppo Teatro delle Briciole, ancora oggi tra i più importanti per il teatro ragazzi. Ho sempre alternato il lavoro per bambini e ragazzi a quello per adulti, e questo ha arricchito la mia formazione. Ho lavorato con registi come Gigi Dall’Aglio e Thierry Salmon, che mi hanno molto influenzato. Recentemente, ho collaborato con Alessandro Serra, partecipando a spettacoli come Il Giardino dei Ciliegi e La Tempesta. Uno dei progetti che sto realizzando ora è il passaggio dei miei spettacoli per ragazzi a giovani attori, per dare loro un nuovo slancio e un senso attuale. Tra questi, ho una trilogia di teatro civile per adolescenti, Politoi, che parla di dittatura, democrazia e scuola, usando la comicità per affrontare argomenti seri. In futuro? Vorrei trascorrere più tempo con mia nipotina! E con Angela abbiamo parlato di nuovi progetti per ragazzi. Inoltre, collaboro da più di vent’anni con il Teatro Regio di Parma, dove riduco le opere liriche a un’ora per i ragazzi. Mi piace creare un approccio divertente all’opera, perché avvicina i giovani a questo mondo. Le mie esperienze sono state davvero variegate, dal teatro per adulti e drammatico al teatro per ragazzi. Sono soddisfatto del fatto di aver fondato gruppi e di aver lavorato molto soprattutto negli anni ’80 e ’90. Ora cerco di fare un po’ il nonno, quando posso, e il tempo scorre. Quando cresci, perdi un po’ l’ansia di fare a tutti i costi e invece cerchi di concentrarti su cose che ti piacciono davvero, progetti che ti interessano».

Con Angela Finocchiaro vi conoscete ormai da tantissimi anni e sembra che i progetti insieme possano continuare. Diciamo che quando c’è alchimia sul palco, bisogna cavalcarla.

«Sì, assolutamente, bisogna avere il piacere di fare le cose. È vero. Poi, quando non lavori, alla fine ti manca perché è un mestiere che ti cattura sempre, anche per via del continuo giudizio degli altri. C’è sempre un lato che ti fa sentire sotto pressione, ma senza è come se mancasse qualcosa. Nel nostro lavoro le soddisfazioni non mancano mai e quando le senti, vale tutto il resto».

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