AMA Calabria, il capolavoro di Pirandello “Pensaci, Giacomino” a Lamezia con Pippo Pattavina: l’intervista

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images AMA Calabria, il capolavoro di Pirandello “Pensaci, Giacomino” a Lamezia con Pippo Pattavina: l’intervista

  16 gennaio 2025 11:50

di CARLO MIGNOLLI

La stagione teatrale di AMA Calabria prosegue con lo spettacolo “Pensaci, Giacomino”, la celebre opera di Luigi Pirandello, che sarà rappresentata al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme sabato 18 gennaio 2025 alle ore 21:00.

Banner

Con un cast d’eccezione guidato da un maestro del teatro italiano Pippo Pattavina, l’opera si presenta come un’occasione imperdibile per riflettere sulle dinamiche sociali e sull’ipocrisia della borghesia, temi centrali nella produzione pirandelliana.

Banner

La storia ruota attorno al professor Agostino Toti, un insegnante anziano e amareggiato, che decide di sfidare le convenzioni sociali sposando Lillina, una giovane ragazza incinta di Giacomino, un altro uomo. Il matrimonio, privo di amore, è una provocazione simbolica, una denuncia contro una società che il protagonista percepisce come ipocrita e fallimentare. Tra ironia e dramma, Pirandello svela con maestria le maschere che indossiamo e i compromessi a cui spesso ci pieghiamo.

Banner

Oltre a Pattavina, che interpreta con maestria il disilluso professor Toti, sul palco si esibiranno artisti di talento come Debora Bernardi, Bianca Caliri, Diana D’Amico, Francesca Ferro, Giuseppe Parisi, Giampaolo Romania, Riccardo M. Tarci e Aldo Toscano. Il cast, unito da una straordinaria sinergia, promette di dare vita a una rappresentazione intensa e coinvolgente.

Con una carriera pluridecennale alle spalle, Pattavina è riconosciuto come uno dei più grandi interpreti delle opere di Pirandello. La sua capacità di entrare nel cuore dei personaggi, restituendone le complessità emotive e psicologiche, lo ha reso un punto di riferimento nel panorama teatrale italiano. Pattavina ha già portato in scena con successo testi come “Il berretto a sonagli”, “La patente” e “Uno, nessuno e centomila”, confermandosi un maestro nell’interpretazione del drammaturgo siciliano. L’attore si è raccontato attraverso un’interessante intervista nella quale parla del suo rapporto con Pirandello e il significato di questa opera straordinaria.

L’INTERVISTA

Torna a Lamezia con un altro spettacolo di Pirandello, dopo “Uno, nessuno e centomila”. Avendo lei interpretato moltissimi personaggi pirandelliani, come si colloca “Pensaci, Giacomino” rispetto agli altri che ha portato in scena? Quali sono le principali differenze e sfide che ha incontrato?

«Questo è un Pirandello più normale rispetto ad altri. Non è il Pirandello di “Sei personaggi in cerca d’autore” o di “Uno, nessuno e centomila”, opere più cerebrali che richiedono un grande esercizio di comprensione. “Pensaci, Giacomino” è più immediato, di facile comprensione. È una vicenda che potrebbe accadere in qualsiasi momento, in cui molte persone possono riconoscersi. Da questo punto di vista è più umana, sempre tra virgolette. Ovviamente c’è una componente filosofica, perché Pirandello non può fare a meno delle sue riflessioni, ma si tratta di filosofie che toccano tutti. È un testo accessibile, che piace molto al pubblico perché lo comprende senza dover faticare. È chiaro, diretto, e il pubblico si coinvolge in modo incredibile. Ci sono momenti di grande commozione e anche di grande divertimento, rendendo l’opera estremamente piacevole».

Il protagonista, il professor Toti, è un personaggio complesso, disilluso ma anche molto ironico. Come si è avvicinato a questa figura e quali aspetti del suo carattere ha trovato più stimolanti da interpretare?

«Il professor Toti è un personaggio pirandelliano a tutto tondo, e per un attore è estremamente stimolante interpretarlo. È un ruolo che spazia dall’umorismo a sfaccettature drammatiche, persino tragiche, toccando tutte le tonalità dell’animo umano. È un’esperienza completa e appagante per un attore. Nel primo atto, quando Toti racconta la sua storia al direttore della scuola, emerge il suo lato ironico. È un uomo che si sente tradito dalle istituzioni, mai valorizzato nonostante la sua intelligenza. Per questo organizza una sorta di vendetta sottile: sposa una giovane ragazza incinta, Lilina, figlia del bidello, per garantirle una pensione che durerà decenni dopo la sua morte. Questa decisione è intrisa di umorismo, ma anche di una profonda critica sociale. Nel secondo atto, Toti si dimostra indifferente alle malelingue e alle convenzioni morali. Permette a Lilina di continuare la sua relazione con il giovane padre del bambino, accettando tutto con filosofia e ridendoci sopra. Per lui, le critiche della gente non contano nulla, e persino le ‘corna’ sono insignificanti, quasi un ornamento. Tuttavia, il momento più toccante arriva quando il ragazzo abbandona Lilina e il loro figlio. In quel frangente, Toti cerca disperatamente di ricomporre la famiglia, mostrando un lato umano profondo e struggente. È un momento di grande intensità emotiva, un vero regalo per un attore».

Pirandello spesso scrive di personaggi che sfidano le convenzioni sociali. Cosa rende, secondo lei, “Pensaci, Giacomino” così attuale ancora oggi?

«È una storia senza tempo, che potrebbe accadere oggi, domani o tra cento anni. Quante volte vediamo uomini anziani sposare giovani donne, magari per interesse o per compagnia? Anche il professor Toti non è innamorato di Lilina; per lui è un gesto di bontà, un modo per dare e ricevere affetto negli ultimi anni della sua vita. Cerca compagnia, qualcuno con cui parlare, condividere le giornate. È una storia che si ripete ancora oggi, come quei casi di giovani uomini che sposano donne molto anziane. Anche se c’è un interesse economico, entrambe le parti sono consapevoli e accettano la situazione. Questo la rende universale e sempre attuale».

Lei ha una lunga e prestigiosa carriera. Quali sono oggi le sfide più stimolanti nel teatro rispetto al passato?

«Oggi il teatro è molto più difficile. È diventato una macchina tecnica, con giochi di luci e scenografie che a volte mettono in secondo piano il testo. Il pubblico è più smaliziato, abituato alla televisione e a prodotti spesso di scarsa qualità. Questo rende più arduo conquistarlo. Un tempo, il teatro era una disciplina per pochi eletti. Gli attori erano considerati quasi degli emarginati: le donne erano viste come perdute, gli uomini come scansafatiche. Nessuno capiva che fare teatro è una delle professioni più difficili, che richiede sacrificio, studio, rinunce e un costante confronto con le proprie paure. Il pubblico vede solo il prodotto finito, ma non immagina il lavoro che c’è dietro: le tensioni, i dubbi, le responsabilità. Essere il primo attore, in particolare, è un peso enorme. Sei tu a dover attirare il pubblico, a portare gente in sala. È una responsabilità che non ha l’ultimo componente della compagnia. Forse è proprio questo il fascino del teatro: l’imprevisto, il punto interrogativo che rende tutto così vivo e unico».

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner