Avvocatura in visita all’Ipm di Catanzaro: “Dare voce a chi non ha voce, costruire ponti per il futuro dei ragazzi”
25 agosto 2025 20:09La Camera penale di Catanzaro ha fatto visita all’Istituto Penale Minorile della città, per incontrare i ragazzi e condividere, anche solo per poche ore, la loro quotidianità di ristretti.
La visita è stata guidata dal Presidente della Camera Penale di Catanzaro Francesco Iacopino, insieme al componente di Giunta dell’Unione delle Camere Penali Valerio Murgano, ha visto la partecipazione del Presidente della Camera Penale di Cosenza Roberto Le Pera e del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catanzaro Enza Matacera. Hanno inoltre preso parte il Vice Presidente della Camera Penale di Catanzaro Orlando Sapia, il Segretario Antonella Canino, i consiglieri Stefania Mantelli e Vincenzo Galeota, i Probiviri Vincenzo Ranieri e Piero Mancuso, i soci Antonio Mungo, Alessandra Coppolino, Adriana Anello, Francesca De Fine, Danila Scicchitano e Federico Sapia, nonché il consigliere dell’Ordine degli Avvocati Gianpaolo Stanizzi.
"Siamo stati accolti dal Vicedirettore, dott. Gennarino Del Re, dal responsabile degli educatori e dal personale penitenziario, guidato dal Comandante Daniela Caputo, e abbiamo avuto modo di dialogare con un gruppo di otto giovani detenuti, tutti in esecuzione di pena definitiva. L’Istituto ospita complessivamente 31 ragazzi: alcuni di loro non hanno in Italia una famiglia e vivono pertanto in totale solitudine, privi di qualsiasi riferimento affettivo al di fuori degli operatori e degli agenti che li assistono. Altri hanno famiglie lontane, la cui distanza non consente loro di beneficiare dei permessi premio, pur essendone meritevoli, con conseguente compromissione anche dei percorsi rieducativi- scrive il presidente Iacopino- I ragazzi con cui abbiamo parlato non hanno espresso lamentele sulla condizione detentiva; piuttosto, hanno manifestato il desiderio di poter usufruire di maggiori spazi ricreativi e di opportunità formative. Alcuni hanno ripetuto gli studi di scuola media, pur avendoli già conclusi, e aspirerebbero ora a frequentare un istituto superiore, che però non è presente all’interno dell’IPM; altri vorrebbero apprendere un mestiere. Nessuno ha accennato allo stato obsoleto e alla necessità di ristrutturazione delle celle, pure evidente alla nostra visita, né alle limitate ore di socialità e permanenza all’aria aperta (appena sei al giorno). Ciò che emerge, piuttosto, è la paura per il futuro, unita però a un forte desiderio di crescere, di migliorarsi, di riscattarsi".
"Questi ragazzi hanno commesso errori, ma chiedono – e meritano – speranza, fiducia, affetto e umanità. Spetta a noi farci carico di loro, dimostrare che crediamo nella possibilità di un loro cambiamento, offrendo strumenti concreti per il reinserimento. Alla riconquistata libertà, infatti, deve accompagnarsi la possibilità di ritrovare il piacere dello studio, la dignità del lavoro e il calore di legami familiari. Questo è un impegno del quale non può farsi carico soltanto l’Avvocatura – cui spetta la responsabilità di essere ponte tra il mondo penitenziario e quello della società civile – ma l’intera collettività. La Costituzione assegna infatti a ciascuno di noi il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana: tutti gli uomini e le donne di buona volontà possono e debbono cooperare affinché l’opera di rieducazione e di risocializzazione possa trovare compimento. In questo senso, come Camera Penale vogliamo essere voce di chi non ha voce, ma anche stimolo affinché la società civile non resti estranea alla vita di questi giovani. Su questa strada intendiamo impegnarci concretamente: da un lato promuovendo con la Diocesi il progetto di “adozione” di minori stranieri ristretti che non abbiano legami familiari in Italia (a tal riguardo ci siamo già attivati e auspichiamo, a breve, di poter sottoscrivere con le istituzioni competenti un protocollo d’intesa per avviarne in via sperimentale l’attuazione, affinché famiglie volontarie possano diventare per questi ragazzi un punto di riferimento territoriale e un argine all’abbandono affettivo); dall’altro favorendo l’ingresso delle aziende in carcere, per offrire ai giovani opportunità di formazione professionale e prepararli, una volta liberi, a un inserimento reale e dignitoso nel mondo del lavoro. Siamo certi che tali strumenti possano rappresentare un vero lievito per il loro futuro, affinché l’esperienza penitenziaria resti alle loro spalle e le pagine della loro vita possano tornare a essere scritte guardando a orizzonti di speranza".