Belfiore per l'abolizione della caccia: "Non chiamateli 'selecontrollori'!"

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images Belfiore per l'abolizione della caccia: "Non chiamateli 'selecontrollori'!"
Salvatore Belfiore
  11 gennaio 2025 17:10

Non chiamateli : “SELECONTROLLORI”, termine cacofonico e pretenzioso introdotto dall’odiosa legge Gallinella portata avanti dal nostro “orgoglio” (…) nostrano Paolo Parentela dei 5stelle, ribattezzata appunto: “legge autorizza massacri” e che ha visto nascere l’operatore abilitato”, il famoso selecontrollore…quasi esperti faunistici…biologi che tutelerebbero il nostro patrimonio faunistico... Sono solo banalissimi CACCIATORI iscritti in un albo apposito.

Nessuna “missione”, nessuna attenzione, nessuna salvifica ricetta. Un nome diverso, ma la medesima azione di morte e massacro, legalizzata e autorizzata dalle amministrazioni locali che, attraverso proclami e delibere altisonanti e ipocrite, li chiamano all’azione per adempiere al loro impavido compito. Prima si sono avvalsi del paventato pericolo di invasione incontrollata, poi di racconti pseudo fantascientifici sulle aggressioni a esseri umani, auto e moto ad opera degli scomposti ungulati, ora fanno circolare la notizia della necessità di questi continui abbattimenti per contrastare la “peste suina”…

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Ricordando che questa patologia non è trasmissibile all’uomo, dobbiamo evidenziare che l’unica certezza che nella nostra Regione abbiamo e che i vari governi e le varie amministrazioni continuano ad avvalorare è che la strapotente lobby dei cacciatori non venga assolutamente scontentata. L’opinione pubblica, specie sui social invoca i selecontrollori per: "prendere dei provvedimenti”, ma nessuno si chiede: 1) perché i cinghiali presenti non sono specie italiane? 2 ) chi le ha immesse e perché? 3) Perché soprattutto in Calabria, si continuano ad autorizzare gli abbattimenti di massa non –stop e le stagioni di caccia, senza aggiornare il piano faunistico (ovvero quali animali sono presenti nel nostro territorio e in che numero) da almeno cinque anni? E’ mai possibile che il governo non parli di dare incentivi per creare apposite recinzioni per gli agricoltori, installare dei dissuasori ad ultrasuoni o di salvaguardare i predatori naturali, ovvero il lupo, vittima anch’esso di una triste campagna mediatica veicolata dagli stessi cacciatori da anni? Le cause che hanno favorito l’espansione e la crescita delle popolazioni di cinghiali sono legate alle immissioni a scopo venatorio, iniziate negli Anni ’50. Effettuate dapprima con cinghiali importati dall’estero, in un secondo tempo i rilasci sono proseguiti soprattutto con soggetti prodotti in cattività in allevamenti nazionali. Tali attività di allevamento ed immissione sono state condotte in maniera non programmata e senza tener conto dei principi basilari della pianificazione faunistica e della profilassi sanitaria. Il cinghiale, pur essendo onnivoro, basa la sua dieta sui vegetali per una grandissima parte (fino al 90%); pertanto, non è un predatore attivo di animali di media o grossa taglia. Gli incidenti (stradali e di altra natura) in cui sia stato accertato il reale concorso del cinghiale non sono superiori a quelli in cui sia stato accertato il reale concorso di animali domestici (cani, gatti, mucche, cavalli, pecore, capre, ecc.). L’unico predatore naturale del cinghiale, in Italia, è il lupo, soggetto a una caccia irrazionale, in quanto elimina, nel caso specifico, e in alcune aree, una potenzialmente rilevante forma di controllo naturale delle popolazioni. Gli abbattimenti diretti e le catture dei cinghiali in Italia non sono state, sino ad oggi, azioni capaci di ricondurre la presenza del cinghiale ad uno stato di equilibrio. Il fatto che ogni anno, in Italia, siano abbattuti migliaia di capi, anche nelle aree protette, senza che la specie accenni ad un ritorno a condizioni quantitative e qualitative naturali, evidenzia il fallimento del ricorso a questa pratica. Quel che è sicuro, invece, è che tali azioni influenzano negativamente le dinamiche demografiche della specie, destabilizzandone la spontanea capacità di autocontrollo.

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E che dire dell’ inquinamento da piombo, un metallo pesante tossico contenuto nelle cartucce? Un diluvio di frammenti velenosi che si accumulano ovunque, nei prati e nei boschi, sul fondo di laghi, fiumi e stagni, responsabile nell’uomo di molte patologie gravi e morte nei volatili. Secondo il rapporto dell’ ISPRA nella sola stagione venatoria 2014-2015 i cacciatori hanno riversato sui terreni 10.000 tonnellate di piombo…questa sarebbe la loro tutela dell’ambiente e la loro missione mossa dall’amore verso gli animali?

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Per non parlare delle vittime UMANE della caccia: 68 VITTIME TOTALI IN CINQUE MESI SCARSI– 12 MORTI e 56 FERITI (https://www.vittimedellacaccia.org/dossier-2023-2024-dati-e-grafici-intro/).

Sarebbe ora che venissero attuate delle serie misure di contrasto agli ormai tristemente noti episodi di “turismo venatorio” per cui la nostra terra è famosa e conosciuta in tutt’Italia, perché sede di apposite organizzazioni conniventi che offrono a cacciatori di altre regioni, la possibilità di viaggio/ vitto e alloggio/caccia di specie vietate/ asporto degli animali congelati…tutto compreso. E sarebbe anche arrivato il momento che la nostra Regione prendesse una seria posizione contro le continue e ripetute richieste di pre apertura e chiusura posticipata della stagione venatoria. Per mia formazione culturale e umana, sono abituato a diffidare da chi, crea dal nulla un problema e poi si pone come unica soluzione cercando di convincere il mondo della necessità della sua presenza….Chi ci salverà dai cacciatori 2.0 che cambiano nome? Che ricevono ulteriori incentivi statali, ma continuano a essere quelli di sempre? Chi li decimerà? Sono previste delle campagne di contenimento anche per loro o siamo costretti a subirne l’ingombrante ingerenza anche se l’80% degli italiani si dichiara sfavorevole alla caccia? Non resta che augurare loro di affrontare gli animali selvatici senza orpelli tecnologici e armi, quindi da pari a pari, ma soprattutto un sonoro e accorato: “Buona caccia”!

È quanto scrive, in una nota, Salvatore Belfiore (Abolizione Caccia Calabria).

Fonti

• “Verso una gestione sostenibile dei grandi Mammiferi in Italia: uno sguardo oltre l'Emergenza Cinghiale” convegno, Bologna dicembre 2015 Atti http://biocenosi.dipbsf.uninsubria.it/atit/ • Linee guida per la gestione del Cinghiale (Sus scrofa) nelle aree protette Monaco A., Carnevali L. e S. Toso, 2010, 2^ edizione. Quaderno Conservazione della Natura, 34, Ministero Ambiente – ISPRA • Linee guida per la gestione del Cinghiale

Monaco A., Franzetti B., Pedrotti L. & S. Toso, 2003 Min. Politiche Agricole, Alimentari e Forestali – Ist. Naz. Fauna Selvatica, Documenti Tecnici, 24, 114 pp.

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