Boom eolico, l'Ue vuole implementare entro il 2030, mentre gli impianti offshore perdono colpi

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Eolico (Foto di archivio)
  02 novembre 2023 09:03

di PAOLO CRISTOFARO

Quando si parla di installazioni eoliche c'è chi storce il naso, dato l'impatto sui paesaggi. Ma la tendenza europea è questa. Alla luce delle direzioni prese a Bruxelles, ci si dovrà aspettare un forte aumento dei progetti eolici non solo in Italia, ma in tutti i Paesi dell'Unione. L'obiettivo è il 2030, ovvero riuscire, entro quell'anno, a produrre una certa percentuale soddisfacente di energia pulita dal vento. In ballo ci sono anche i competitor cinesi, dati gli ingenti finanziamenti del governo di Pechino ad aziende impegnate nello sviluppo di fonti rinnovabili, che stanno avvertendo una forte crescita.

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IL PIANO EUROPEO IN VISTA DEL 2030 - La capacità attuale dell'Europa sul fronte eolico è di 255 GW. Un numero non sufficiente per l'ambito obiettivo del 43% di energia rinnovabile da raggiungere entro il 2030, come vorrebbero da Bruxelles e come ha ribadito anche Ursula Von der Leyen in Commissione europea. Attualmente la percentuale di energia ottenuta dall'eolico in Europa si attesa intorno al 17%. In pratica dai 204 GW del 2022 (rapporto Wind Europe) ci si aspetta di andare oltre i 500 GW nel 2030. Dall'Ue parlando di "sfide" da intraprendere, ma la situazione non è così semplice. All'Europa preoccupano le procedure burocratiche lente, la difficoltà nel reperimento dei materiali adatti - spesso costosi - e l'assenza di sufficiente personale qualificato. Ma è chiaro che Bruxelles punti a investire ancora molto nel settore eolico, che tuttavia non convince tutti, in special modo dal punto di vista dell'impatto territoriale e ambientale delle installazioni. Per cercare di raggiungere gli obiettivi, intanto, l'Europa attinge al fondo per l'innovazione (40 miliardi di euro), investendo di responsabilità anche la Banca europea per gli investimenti. Dal punto di vista del personale, si punta a formare 100mila lavoratori nel settore rinnovabili entro 3 anni.

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LA CINA, I PANNELLI SOLARI, LA "SCADENZA" DEI COMBUSTIBILI FOSSILI - Oltre l'Europa, come detto, c'è da guardare anche agli altri Paesi e soprattutto a quelli emergenti o già leader globali. La Cina - che preoccupa il blocco occidentale - sta investendo capitali ingenti non soltanto sulle pale eoliche, ma anche nel settore dei pannelli solari. I fondi statali cinesi sono corposi e indirizzati alle proprie aziende nazionali. La Cina, insomma, sta procedendo a marce forzate nella sostituzione dei combustibili fossili - ancora ampiamente utilizzati nel Paese - con energia rinnovabile e nuovi impianti. E' chiaro che in Occidente i leader temano che, alla fine, sarà la Cina a dettare legge sul mercato delle rinnovabili a discapito degli altri. Secondo i calcoli dell'Unione Europea, il picco nella richiesta di combustibili fossili si avrà proprio nel 2030, quando l'esigenza di fonti energetiche spingerà significativamente verso una più ampia transizione in direzione delle rinnovabili. 

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L'EOLICO OFFSHORE "COLA A PICCO" NEGLI USA - Mentre l'eolico "su terra", onshore, continua a rappresentare la maggior parte degli investimenti del settore, con un 87% complessivo sulle installazioni di turbine, diversa e più sfortunata sorte è quella degli impianti offshore, a largo delle coste. In pratica non sembrano marciare i progetti per le turbine in mare. Ammonta a ben 28,4 miliardi di corone danesi (3,8 miliardi di euro) la svalutazione legata a due progetti della società "Orsted" negli Stati Uniti. Stop alla costruzione dei parchi offshore "Ocean Wind 1" e "Ocean Wind 2", che avrebbero dovuto sorgere a largo delle coste americane del New Jersey. Ruolo chiave hanno giocato i ritardi nelle tempistiche di realizzazione e l'alto costo dei materiali, oltre ad altissimi tassi d'interesse sui progetti. Il settore dell'eolico offshore, non solo negli Stati Uniti col progetto danese, non sembra avere la stessa fortuna di quello degli impianti a terra, che tra le difficoltà continuano invece a marciare e ad essere innalzati. La Orsted che aveva investito, come detto, sta infatti sprofondando alla Borsa di Copenaghen. Secondo i manager della società, sarebbe stato invece importante il progetto eolico offshore, per garantire agli Usa nuove e meno impattanti forme di sostentamento energetico. 

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