di BRUNO GEMELLI
C’è un nuovo interesse per l’archeologia militare di ogni epoca e forma.
Sin dai suoi albori, il 15° secolo registrò un graduale quanto evidente aumento della complessità delle strutture difensive, accompagnato da un’opera di progressiva revisione in senso funzionale sia dei singoli apparati sia dei sistemi nel loro complesso. L’origine di tale fenomeno può essere rintracciata nel primo quarto del Duecento, quando, sostenuta da una maggiore consapevolezza progettuale – che taluni attribuiscono all’esperienza delle Crociate –, fu portata alle estreme conseguenze la naturale tendenza delle torri a “migrare” verso l’esterno delle opere fortificate, così da poter difendere le cortine con tiri di fiancheggiamento.
In questo ambito si segnala - per esempio - la scoperta di un manoscritto inedito, il cosiddetto “Codice Carratelli” [un palinsesto cartaceo risalente alla fine XVI secolo che si compone di 99 acquerelli raffiguranti città fortificate, castelli, apprestamenti difensivi e territorio della Provincia di Calabria Ultra del Regno di Napoli.], che suggerì una riflessione sui sistemi di difesa, costituirono una delle azioni più incisive della politica portata avanti dalla monarchia spagnola nei secoli XVI-XVII in funzione antiturca e anti-barbaresca, e sulle modalità di gestione del controllo territoriale nella scena mediterranea.
Detto Codice rappresenta per la regione Calabria un “unicum” per la pregevole fattura dei fogli acquerellati e per l’originalità e ricchezza dei dati documentali in esso contenuti. Redatto da un esperto dell’arte fortificata in seguito alla “visita” alle strutture fortificate meridionali voluta dal viceré napoletano, delinea non solo città fortificate, castelli, torri, ma anche elementi oro-geografici e topografici della Calabria Ulteriore (le attuali province di Reggio, Catanzaro, Vibo), e faceva parte di un’opera più ampia volta a “fotografare” il piano di rafforzamento difensivo del territorio calabrese.
Periodicamente il web ricorda i siti che meritano di essere conosciuti e rivalorizzati. Per esempio è il momento del “La Rocca d’Anfo” (La fortezza napoleonica più grande d’Italia; un complesso militare fortificato eretto nel secolo XV dalla Repubblica di Venezia nel Comune di Anfo, sul lago d’Idro, in Val Sabbia, provincia di Brescia) che è un sistema di fortificazioni militari di grande interesse storico e paesaggistico che occupa una superficie di circa 50 ettari sulla sponda occidentale del Lago d’Idro (BS), nei pressi dell’antico confine tra Lombardia e Tirolo tra Valle Sabbia e Valli Giudicarie. Edificata sul pendio del monte Censo su una superficie di 50 ettari, la Rocca fu rimaneggiata più volte dagli ingegneri di Napoleone Buonaparte e da quelli italiani, ma perse il suo valore strategico nel 1918, quando il Trentino passò definitivamente al Regno d’Italia.
Anche il Sud può vantare queste fattispecie archeologiche. Come il complesso difensivo intorno alla città di Reggio Calabria: dalla Batteria Fondo Versace alla Batteria Poggio Pignatelli, dalla Batteria Siacci / Matiniti Superiore alla Batteria Matiniti Inferiore, dalla Batteria Beleno / Telegrafo alla Batteria Gullì di Forte di Arghillà; e poi il Forte Di Catona-Fortini di Pentimele, infine, la Nord - Batteria Modena / Sbarre.
Più a nord, a Monasterace Marina, nei pressi del faro di Punta Stilo, ci sono i resti dei bunker sulla statale 119 delle Serre. In provincia di Catanzaro, tra le tante difese, resiste “La cannoniera di Copanello”, ossia una fortificazione costiera scavata nella roccia proprio davanti alla Galleria sulla 106.
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