di EMANUELE CANNISTRA'
Durante la processione della Naca, un'antica e toccante rappresentazione della Passione di Cristo, ci troviamo di fronte a un momento collettivo di raccoglimento e commozione. Cittadini, autorità civili, rappresentanti politici e forze dell’ordine partecipano al rito con volti seri, quasi come se volessero condividere, almeno per un giorno, il dolore della Croce e la speranza della Resurrezione. Ma sorge una domanda: quanto di questa partecipazione è una vera adesione spirituale e quanto, invece, è solo una mera esibizione pubblica? Il dubbio è più che legittimo. Le celebrazioni pasquali, che dovrebbero essere un momento di profonda riflessione sul mistero della vita, della morte e della rinascita, sembrano a volte trasformarsi in un palcoscenico per rinnovare consensi, stringere mani e mostrarsi “credenti” agli occhi degli elettori e delle autorità ecclesiastiche. Ma la vera fede si manifesta nei gesti concreti, non nelle processioni. E qui si fa sentire la contraddizione: mentre celebriamo la Resurrezione, dimentichiamo i morti. Non quelli di duemila anni fa, ma quelli di oggi, i nostri cari defunti. Dormienti silenziosi in attesa di una sepoltura dignitosa, dimenticati negli obitori e abbandonati in condizioni inaccettabili. Alcuni, più “fortunati”, riposano in cappelle gentilizie, proprietà di famiglie che possono permetterselo. Altri, invece, diventano vittime di una burocrazia lenta e di un’indifferenza disumana. Come non ricordare le parole del Cappellano del Cimitero, Mons. Andrea Perrelli, che da tempo lancia accorati appelli per denunciare il degrado e il sovraffollamento degli obitori? Le sue parole cadono nel vuoto, ignorate da chi dovrebbe agire, da chi dovrebbe garantire dignità non solo ai vivi, ma anche a chi non ha più voce per protestare.
Il poeta Totò, nel suo famoso componimento ’A livella, ci ricordava che nella morte siamo tutti uguali. Ma forse si sbagliava: oggi, quella livella pende da un lato, creando una frattura tra chi può permettersi la pace eterna e chi nemmeno una sepoltura dignitosa. Ci si chiede: le autorità che sfilano con fiaccole e gonfaloni, si fanno anche carico del silenzio dei cimiteri? Visitano quei luoghi carichi di memoria e dolore? Con quale coraggio si pongono in testa ai cortei pasquali, se poi ignorano il grido silenzioso di chi attende una sistemazione dignitosa anche dopo la morte? Pasqua è Resurrezione, ma è anche un dovere di memoria, giustizia e rispetto per la vita e per la morte. Celebrare la Croce senza ascoltare la sofferenza dei vivi e il silenzio dei defunti rischia di diventare solo una grande, triste ipocrisia.
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