Caso Sacal, Cimino: “La sentenza del Tribunale di Lamezia e la vita delle persone”

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images Caso Sacal, Cimino: “La sentenza del Tribunale di Lamezia e la vita delle persone”
Franco Cimino
  08 novembre 2023 02:00

di FRANCO CIMINO

Sarò brevissimo questa volta. Ché non c’è molto da dire. Chi mi conosce sa che io non mi impiccio di polemiche, spesso sterili e strumentali, sulle vicende giudiziarie. Per rispetto a chi si deve difendere e ai giudici che devono decidere, come agli inquirenti che hanno prodotto quel processo.

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LEGGI QUI LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE DEL TRIBUNALE DI LAMEZIA

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La Giustizia va rispettata in ogni suo passaggio. E le sentenze vanno accettate. Mi riferisco alla collettività, che dei fatti di giustizia, pur se individuali, è direttamente interessata. Come quest’ultimo di cui parlo, sia per il clamore che ha suscitato, sia per lo sconcerto prodotto nella pubblica opinione, sia per le conseguenze pesanti cadute sulle famiglie e, non per finire, sui danni causati agli spazi in cui ciascuno degli imputati era chiamato ad operare. “ Operazione Eumenidi”, era stata denominata così l’inchiesta che ha investito come un uragano la Sacal, la società aeroporti della Calabria, con sede a Lamezia. Accusati con il Consiglio di Amministrazione, alti dirigenti e funzionari della Società, il presidente della stessa, un politico affermato e in corsa per altri successi, uno degli imprenditori tra i più importanti della Calabria e dell’intero Mezzogiorno.

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Nell’esercito dei venti incolpati, c’era anche una donna, che, per preparazione tecnica e amministrativa e competenze giuridiche ampiamente documentate, era tra le manager più affermate nel panorama del trasporto aereo e non solo. Sono passati da quell’inizio otto anni. Un tempo infinito per fare giustizia. Un tempo inconcepibile in uno Stato democratico. Un tempo insopportabile per la vita delle persone coinvolte. Un tempo inaccettabile per le istituzioni e le amministrazioni e per i territori in cui esse operano. Un tempo impazzito per il tempo stesso, che è fatto di migliaia e migliaia, forse milioni di momenti in cui le fatiche di quelle persone, la loro intelligenza, i loro progetti, i loro sentimenti, le loro aspirazioni, i loro sogni, erano energie importanti per la vita di loro stessi, di quella degli affetti più cari. Della vita delle comunità. Io non li conosco tutt’e venti queste persone, ma di alcuni di loro, di quattro che conosco personalmente, e di uno che mi è amico dai suoi vent’anni e dai mie venticinque, posso dire e bene.

Dico del loro dolore. Del senso di vergogna, che li ha presi insieme alla paura matta di non vedersi riconoscere l’innocenza. Conosco il tormento di vedersi macchiata una vita spesa per il lavoro, la dignità del lavoro, l’onestà di lavorare con le mani pulite e la coscienza di farlo anche e soprattutto per gli altri. Conosco il loro drammatico stupore dinnanzi al clamore gettato su una vicenda giudiziaria già apparsa di scarso rilievo penale, se proprio quelle responsabilità accertabili fossero rubricate in una fattispecie di reato.

Ma conosco di più lo scandalo che si è voluto creare, mancanti prove di reato, con l’amplificatore di un’informazione pettegola e pruriginosa, sulle vite di alcune persone, di un uomo e di una donna perbene, sposi sicuri e padri e madri di figli amatissimi. Conosco quella indicibile sofferenza trascinata come un macigno sulle loro spalle durante tutti questi infiniti otto anni. Conosco la nostra curiosità troppo accesa, la nostra indifferenza rispetto al dolore di quelle vite. Il nostro classico antico ritornello, del tipo “ mah, chindasapimu nui”. E, intanto, per ciò che riguarda anche noi, come comunità, la mancata domanda su quanto noi, la società, le istituzioni, hanno perso di quelle vite dimezzate, di quelle intelligenze “ imprigionate” nella rabbia, nel pudore, nella paura.

Oggi, facciamocela questa domanda. Facciamola per la società. La risposta è: abbiamo perso molto. Ha perso Sacal. Hanno perso le istituzioni economiche e forse anche quelle politiche, per il possibile impiego di quelle persone direttamente in alcune di esse. Di loro, di questi venti, uomini e donne. In particolare di questi quattro, non domandiamoci nulla. Non lo abbiamo fatto per tutto questo tempo, non facciamolo adesso. Limitiamoci alla solita formuletta che recitiamo nei bar e nel parlottio tra compari, comare e amici. Questa:” u dissi eu ca on c’intravanu nenta!”

Adesso che sono stati tutti assolti, addirittura per non aver commesso il fatto, lasciamoli alla vita nuova. Alla vita che si rinnova. Gli otto anni d’inferno non glieli restituirà nessuno. Ma il loro diritto alla serenità e a un nuovo più forte impegno, questo se lo prenderanno da solo. E vinceranno. Io ne ho voluto parlare subito, non appena appresa la notizia della decisione assunta dal Tribunale di Lamezia Terme, perché domattinasarebbe stato già tardi. Sono le ventuno.

C’è la Champions in TV, ma il mio pensiero è lì. Glielo dovevo, non solo a queste persone e a quel mio amico. Glielo dovevo a Pasquale Clericò, colui che per molti anni è stato il vero, onesto e capace direttore generale di Sacal, che non c’è più.

Glielo dovevo, con ancora più forza, al cavaliere Giavanni Colosimo, il vecchio grande coraggioso imprenditore, che dal nulla ha creato un’impresa tra le più forti del Mezzogiorno. A lui, che un giorno, chiama me al telefono, il più lontano dei suoi conoscenti( non oso dirmi amico) per comunicarmi il suo dolore e la sua indignazione per le accuse mosse al figlio Massimo, presidente di Sacal. Presidente, tra l’altro, contro la volontà de padre, che avrebbe voluto tenerlo lontano da ambienti che anche indirettamente avessero a che fare con questa brutta politica. Il cavaliere è morto quasi all’improvviso sei anni fa di questi tempi. Quel dolore e quella ferita al suo onore forse c’entrano direttamente con la morte che l’ha colpito alle spalle.

Infine, ne parlo per la promessa che ho fatto, con lo scambio di discreti sguardi, alla stupenda donna, moglie di Giovanni, che ho incontrato l’altra sera al Politeama, luogo dal quale mancava da tanto. Una mamma felice fa felici tutti i figli del mondo. Io lo sono.

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