Catanzaro, all'Umg si discute di disturbo dello spettro autistico: “Lavoriamo con la complessità”

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  06 maggio 2025 16:30

di MARCO VALLONE

La difficoltà a stabilire relazioni sociali normali determinata da alcuni disturbi del neurosviluppo che ostacolano la comunicazione e l'interazione con il prossimo sono tra le caratteristiche principali del disturbo dello spettro autistico. Una questione intricata sotto il profilo clinico che ha portato l'Università Magna Graecia di Catanzaro, insieme a Fondazione Città Solidale ETS, ad organizzare questa mattina, in occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo, un congresso sul tema dal titolo “La complessità dello spettro autistico: dai livelli di gravità alle comorbilità. Gestione, bisogni, famiglie, inclusione”.

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Si è discusso dunque di una condizione che ha una significativa incidenza sulla popolazione, tenuto conto di come i dati dell'Istituto Superiore di Sanità abbiano evidenziato come in Italia si stimi che un bambino su 77, nell'età compresa tra i 7 e i 9 anni, abbia dovuto confrontarsi con una diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Da considerare, inoltre, è l'impatto che esso produce sull'individuo e sulle famiglie, in ragione del quale, per chi debba confrontarsi con questo genere di vicenda dell'esistenza, diventa necessaria una presa in carico globale per tutto l'arco della vita.

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“Il disturbo dello spettro autistico è una sindrome comportamentale – ha dichiarato Francesca Felicia Operto, coordinatrice del congresso odierno e docente di neuropsichiatria infantile presso il dipartimento di scienze della salute, facoltà di medicina e chirurgia dell'UMG di Catanzaro -. Viene definita così perché sappiamo benissimo che la problematica del paziente con disturbo dello spettro autistico è quella di avere una difficoltà nel mettere in atto dei comportamenti che rispondono alle richieste sociali. Quindi, chiaramente, la risposta sociale, la capacità d'interazione e di scambio per i soggetti con questa diagnosi, risulta essere complicata e inficiata. E quindi, a seconda della gravità di questa difficoltà nella relazione e nella comunicazione, è chiaro che la patologia, e quindi la gestione, del soggetto con questa diagnosi risulta essere sempre più complessa. La complessità in neuropsichiatria infantile è un concetto importante – ha tenuto a sottolineare la professoressa Operto – perché noi lavoriamo con la complessità per due motivi: complessità per la diagnosi, per le comorbilità che spesso sono associate al disturbo dello spettro autistico. E complessità perché il nostro è un lavoro complesso: siamo abituati a lavorare da subito con dei sistemi. Lavoriamo con il sistema famiglia, con il sistema scuola e con il sistema anche ludico. Quindi noi non siamo abituati a vedere solo il paziente, ma anche le famiglie, gli insegnanti e tutte le persone che ruotano intorno al nostro paziente. Quindi pone sicuramente l'attenzione sul fatto che la gestione di un paziente neuropsichiatrico, e nello specifico di un paziente con disturbo dello spettro autistico, risulta essere una gestione complessa che si articola in maniera differente a seconda anche dei tempi di vita in cui ci troviamo perché, ovviamente, la sintomatologia, l'espressione sintomatologica e i bisogni del paziente cambiano anche durante tutta la vita dei soggetti”. Si tratta in ogni caso di persone che possono ambire ad una inclusione nella società, con una partecipazione proficua anche nel mercato del lavoro: “Noi abbiamo necessità di puntare all'autonomia e all'inclusione lavorativa dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, necessariamente. Perché – ha concluso Operto – noi possiamo avere dei soggetti che presentano delle risorse importanti che possono essere impiegate, normalmente, nei contesti di vita ordinaria”.

La mattinata è iniziata con la testimonianza di un ragazzo, Matteo Laganà, che vive la condizione relativa al disturbo dello spettro autistico e, attraverso un computer e il supporto della pedagogista Critelli, ha comunicato con la platea dell'aula magna dell'università. Particolarmente significativo è stato l'inciso finale del suo intervento: “Ci vuole più impegno per le idee, sono quelle che vanno cambiate – ha affermato Matteo -. La disabilità più grande può essere solo in chi ha limiti e pregiudizi”.

Un messaggio che ha emozionato il rettore dell'Università Magna Graecia, Giovanni Cuda, che ha evidenziato come Matteo Laganà sia in grado di utilizzare la sua diversità “come un valore aggiunto perché le parole che ha scritto esprimono nella maniera migliore. Credo che nessuno di noi avrebbe potuto rappresentare meglio questa patologia, sempre se di patologia possiamo parlare. Matteo è una persona che vive diversamente rispetto a molti di noi ma prova gli stessi sentimenti, le stesse emozioni, belle e brutte, che ognuno di noi ha. Lui le esprime soltanto in una maniera differente rispetto a noi”. Per quanto concerne il disturbo dello spettro autistico, Giovanni Cuda si è concentrato sul concetto di “spettro”, vale a dire “una varietà che va dalle forme più importanti, più 'gravi', a quelle molto leggere e spesso misdiagnosticate. Quello che secondo me è un elemento su cui dovrebbe focalizzarsi l'attenzione non è soltanto la cura dei ragazzi e delle ragazze affetti da spettro autistico, quanto soprattutto la formazione per coloro che invece prestano queste cure e per i genitori perché da questo punto di vista, probabilmente, gli sforzi non sono sufficienti”.

Di azioni e interventi per l'inclusione lavorativa dei soggetti con disturbo dello spettro autistico ha parlato invece Antonio Viscomi, professore ordinario di diritto del lavoro nell'Università Magna Graecia di Catanzaro e membro del comitato scientifico di Fondazione Città Solidale ETS. L'attenzione si è focalizzata in particolare sugli “accomodamenti ragionevoli, cioè gli strumenti che possono essere utilizzati per adeguare il posto di lavoro alle condizioni soggettive della persona con una qualunque disabilità. Parlare di accomodamenti ragionevoli – ha spiegato il professore Viscomi – significa abbandonare l'idea generale che esiste la disabilità: esistono le persone, le singole concrete persone con problemi di disabilità qualunque essi siano. Quindi per ogni persona va individuato un modello di accomodamento ragionevole per accompagnarla all'interno dei luoghi di lavoro. Dobbiamo abbandonare la prospettiva di creare una massa in cui tutto viene reinserito. Non esiste la disabilità comune: esistono le persone che hanno dei problemi di disabilità, e proprio perché esistono singole persone, nella loro concretezza, nella loro esperienza fisica e psichica, anche il luogo di lavoro deve essere adeguato a questo tipo di situazioni. Peraltro per le persone dello spettro autistico, soprattutto quelle ad alta funzionalità, sono idonee ad essere inserite in alcune prospettive di lavoro per una serie di caratteristiche psicologiche che sono a loro proprie. Quindi, in questo caso, è un invito alle imprese a rendersi conto che quando parliamo di spettro autistico non stiamo parlando di una disabilità generica: stiamo parlando di una condizione specifica che può essere anche di estremo interesse per alcune attività professionali all'interno dell'azienda”.

Don Pietro Puglisi, presidente di Fondazione Città Solidale ETS, si è soffermato sulla collaborazione con l'università Magna Graecia per la realizzazione dell'iniziativa, ma anche sull'aver “coinvolto la Regione Calabria, l'Asp e il Comune di Catanzaro. L'obiettivo è quello di intessere relazioni, costruire la rete, perché è un fenomeno talmente difficile, complesso e sfidante che c'è bisogno di sinergie e competenze multiprofessionali. Quello di oggi è un momento di approfondimento, confronto e riflessione per imparare, fare passi avanti e migliorare i nostri interventi perché siano sempre più efficaci e puntuali, portando i frutti sperati”.

Tra i relatori anche la docente di pedagogia speciale presso l'Umg di Catanzaro, Patrizia Oliva, che ha proposto un intervento per sottolineare “l'importanza dell'autodeterminazione e del potenziamento dell'autonomia nei soggetti con disabilità. Spesso questo concetto è difficile da associare a persone che, in qualche modo, immaginiamo con dei limiti e delle difficoltà. E' invece una risorsa poter sottolineare questo concetto di libertà nei propri comportamenti, e quindi pensarsi autonomi e in grado di poter compiere delle scelte, a prescindere dai limiti che associamo, in particolare, alle persone con disturbo dello spettro autistico”.

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