
di MARCELLO FURRIOLO
Non c’è che dire, viviamo in una società liquida.
Torna sempre di stringente attualità il pensiero di Zygmunt Bauman, che ha tracciato le linee guida di una “modernità liquida”, instabile, flessibile, in continuo divenire, con costante mutabilità delle relazioni sociali, delle istituzioni, in cui anche i progetti individuali e collettivi più arditi sono in continua trasformazione, con più versioni a seconda dei contesti reali e virtuali. Un progetto vale per il momento non per sempre o per il futuro.
Non sembri azzardato aver scomodato il grande sociologo polacco e la sua geniale intuizione della “società liquida” per descrivere i contorni della complessa vicenda dei lavori del Duomo di Catanzaro e del destino della Madonnina di Giuseppe Rito, ultimo simbolo identitario di una città alla ricerca di punti di riferimento e di valori collettivi condivisi.
Innanzitutto voglio dare atto al Sindaco Nicola Fiorita, prudenzialmente con casco protettivo e oggi, fresco del giusto riconoscimento con la nomina alla Presidenza dell’Arrical, l’ente regionale che sovrintende alla gestione dei servizi idrici e dei rifiuti. Fiorita ha assunto l’unica iniziativa possibile ed effettuato un sopralluogo sul cantiere del Duomo unitamente alla Soprintendente e al R.U.P. dei lavori. Per fare il punto e dipanare una matassa assai intricata. E su cui il resoconto giornalistico ha steso un manto rassicurante sulle giuste preoccupazioni rappresentate con forte determinazione dalle tante Associazioni, che hanno a cuore la tutela della storia e della identità di una città, dal tessuto urbano fragile e non sempre adeguatamente protetto e valorizzato. Il responso del sopralluogo è stato che la Madonnina, dopo il necessario restauro, sarà ricollocata sul campanile, che non dovrebbe subire alcun abbassamento e continuare ad essere un faro rassicurante sulle notti dei catanzaresi. Ricordo con tenerezza quando Don Franco Isabello, indimenticato Parroco del Duomo mi confidava e si lamentava, giustamente, delle esose gabelle dell’ ENEL, che spesso lo costringevano a rinunciare all’illuminazione della Madonnina. Fino all’intervento generoso e risolutivo di Mons. Antonio Cantisani, amato Arcivescovo della Provvidenza.
Altri tempi!
Oggi sembra che, per una volta, abbia prevalso il buon senso, la ragione e si stia scrivendo una bella pagina di partecipazione democratica alla vita della comunità.
Anche se permangono e per intero i tanti interrogativi posti anche sui media. Non ultimo il perché non vengano utilizzate quelle professionalità locali che proprio al sito del Duomo di Catanzaro e alle sue vicende storiche, archeologiche, architettoniche e urbanistiche hanno dedicato studi e ricerche, che costituiscono un sicuro arricchimento del patrimonio conoscitivo per la realizzazione di un lavoro così delicato e complesso.
Ma perché effettivamente questa possa essere ricordata come una bella pagina di democrazia dal basso occorre ancora un atto decisivo di trasparenza e di onestà intellettuale da parte della Soprintendenza, che si è assunto l’onere e il ruolo principale in questa intricata vicenda. Occorre, cioè, dire chiaramente alla città che la determinazione comunicata ieri a mezzo stampa accoglie le richieste dei catanzaresi e modifica il progetto iniziale già approvato.
Se così non fosse è assolutamente necessario che la stessa Soprintendenza pubblichi il progetto sul sito, come peraltro è prassi consolidata da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, specie quando si tratta di un’opera dall’alto valore storico e architettonico. Per rendere partecipe l’opinione pubblica e fugare ogni dubbio. Ben vengano le preannunciate iniziative di divulgazione pubblica, ma oggi è necessario che si ristabiliscano i termini esatti di un percorso che, dopo nove anni, sembra ancora indeterminato, fluido e in continuo divenire, con più versioni a seconda dei contesti reali e virtuali.
Espressione autentica di una società maledettamente liquida. Appunto.
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