Catanzaro, presentato al "Fermi" l'ultimo libro di Marisa Manzini: "Bisogna conoscere la 'Ndrangheta per combatterla"

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images Catanzaro, presentato al "Fermi" l'ultimo libro di Marisa Manzini: "Bisogna conoscere la 'Ndrangheta per combatterla"

  03 maggio 2022 11:14

"Bisogna parlarne, conoscerla per combatterla". Basterebbe questa frase, ribadita più volte,  per far comprendere oggi più che mai, alla luce delle ultime operazioni di polizia, quanto sia importante parlare di mafia. Di 'Ndrangheta. 

L'occasione, all'istituto "Fermi" diretto dalla dirigente Teresa Agosto, è stata la presentazione dell'ultimo libro della dottoressa Marisa Manzini, Sostituto Procuratore Aggiunto di Catanzaro, dal titolo "Donne custodi. Donne combattenti", iniziativa organizzata dal Sindacato Fsp Polizia di Stato e dall'Associazione Fervicredo in collaborazione con la libreria Ubik.

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Tra gli ospiti, durante l'incontro moderato dal giornalista Simone Puccio,  Mirko Schio, ex poliziotto rimasto su una sedia a rotelle dopo un conflitto a fuoco avvenuto a Marghera (VE) nel 1995 oggi Presidente dell'Associazione Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere (Fervicredo),  Nunzio Belcaro, libraio della Ubik,  Franco Maccari, vice Presidente Nazionale del Sindacato Fsp Polizia di Stato,  Renato Panvino, vice Questore Vicario di Catanzaro.  

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E' toccato  a Giuseppe Brugnano, Segretario Nazionale dell'Fsp Polizia, introdurre la presentazione.  "Magistrato attiva in tutta la Calabria nel contrasto alla criminalità organizzata". "Un impegno costante quelle delle forze dell'ordine e ben oltre l'orario di lavoro" ha ribadito Brugnano che ha ricordato e ringraziato il magistrato perché i proventi del libro saranno devoluti alla Fervicredo.

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Per Renato Panvino è una " fortuna di stare accanto a magistrati e persone che hanno fatto delle propria vita un sacrificio per aiutare gli altri. Questo - ha spiegato - è un libro che scuote le coscienze e fa riflettere e mette in luce la passione e l'amore  di una donna, Marisa Manzini  che si presta alla magistratura. Ma non perché non svolge il suo lavoro ma perché ha deciso di svolgere una missione,  che va ben oltre la professione di un magistrato e che lancia un messaggio alla collettività". Lo spunto di riflessione "è che fare della lotta alla mafia una missione, significa sacrificare la vita privata, i propri affetti, è sapere che la mattina si esce di casa con un programma che può essere stravolto in pochi minuti e che la vita può cambiare".

Nunzio Belcaro ha parlato "della forza di un esempio che è più forte ogni parola. E la dottoressa Manzini incarna ciò che mio avviso significa la parola Stato". "Le donne di 'Ndrangheta esercitano il ruolo di mamme, nonne così come lo esercitano le donne "perbene"  e diventano un ruolo decisive nell'organizzazione".  E dunque la necessità della "costruzione culturale per diventare cittadini dello Stato".

 Il racconto di  Mirko Schio è una grande testimonianza. Di senso di appartenenza prima di tutto. "Avevo 19 anni quando sono entrato in Polizia". Da Venezia a Milano e ritorno.  "Sono rientrato a Venezia nel '95" . Per un progetto di vita, di famiglia.

"Una notte il 3 settembre del '95 assieme ad un compagno di scuola fermammo una macchina - racconta - davanti alla caserma della guardia di Finanza. Un controllo di routine. Ho sentito un colpo. Una scossa elettrica". Chi aveva sparato  lo aveva colpito  all'addome. "Ho cercato di sparare da terra e alla fine mi sono risvegliato in ospedale dopo 2, 3 giorni". Tre i proiettili: al braccio, al  rene," l'altro, per fortuna "fermato" dalla fibbia dei pantaloni". Da quella notte la sua vita è cambiata. "Ho avuto la fortuna di avere al mio fianco la ragazza con la quale  avevo deciso di trascorre la vita insieme, oggi mia moglie".  A proposito di "Donne combattenti".  A proposito di "forza di rivivere".  

Franco Maccari ha ricordato come "tanti anni fa in questa zona abbiamo incontrato  una donna che non usciva da casa da 23 anni  dopo aver perso un figlio appartenente alle forze di polizia. Un dolore straziante. E un'altra mamma, a Verona, che di figli ne ha persi due. E sempre poliziotti. Situazioni difficile anche da immaginare". "Essere insieme  magistrati, forze dell'ordine, ragazzi è importante".  Maccari parla del "disprezzo della criminalità per la vita umana"  spiegando di scorie sotterrate e scuole costruite su quelle scorie".

Criminalità, 'Ndrangheta. Una piaga e non solo per la Calabria. Ruoli e persone. Tutto racchiuso nelle pagine del libro di Marisa  Manzini.

   "Un libro semplice e lineare - ha sottolineato Puccio - che non porta temi e parole difficile, ma ti fa ragionare su come sia necessario reagire a questa piaga", introducendo l'intervento del magistrato.

Una piaga, già. Da Nord a Sud.  E il procuratore Manzini lo ha spiegato bene ai ragazzi attenti e desiderosi di ascoltare. 

"Ho deciso che mi stava stretto solo fare il magistrato - ha spiegato Marisa Manzini -  e volevo avere un rapporto con i giovani. Fare il magistrato vi fa comprendere come lottare contro la criminalità con le nostre "armi"  non è sufficiente perché quando si parla  di mafie si va oltre: si tratta di andare a combattere una mentalità mafiosa" 

"Si deve parlare ai giovani, a loro che sono il futuro, per conoscere la storia della criminalità organizzata. Cos'è per individuala e per isolarla e poi perché bisogna fare in modo  - ognuno di noi - di combatterla". 

Nel libro Marisa Manzini descrive  l'origine, di come si è presentata, sviluppata puntando i riflettori sulla figura della donna, studiando i ruoli all'interno della famiglia "per frantumare il blocco 'ndranghetista".  "La donna della 'Ndrangheta ha le stesse caratteristiche della mamma di famiglia però all'interno della famiglia custodisce i e tramanda i disvalori". 

E se è vero che oggi la 'Ndrangheta si è evoluta, "- non più coppola e fucile -"  è pur vero che  i valori originari sono rimasti quelli di sempre.

Donne che diventano custodi di valori come il patriarcato, l’obbedienza devota, la vendetta, l’omertà.  Donne che a volte si ribellano, per diventare combattenti, “per offrire ai propri figli un futuro migliore". Come Tita Buccafusca, moglie di Pantaleone Mancuso "che decide di collaborare ma solo per pochissime ore. Fece in tempo a  firmare la prima pagina del verbale, poi  non ebbe la forza di continuare e tornò sui suoi passi". Venne ritrovata un mese dopo cadavere nel bagno di casa dopo aver ingerito acido muriatico.  

O come  Giuseppina Pesce, che collaborò dopo aver visto il cognato picchiare uno dei figli  perché aveva detto di voler fare da grande il   carabiniere. "Se vuoi la pistola te la do io". Frase raggelante anche per lei. 

Donne che scelgono di stare da un parte o da un'altra. Scegliendo  il proprio destino e pagando spesso un prezzo altissimo in entrambi i casi. 

Il libro sarà acquistato dalla scuola perché come ha sottolineato il dirigente Agosto: "possa essere una riflessione per i ragazzi  che non solo solo contenitori di nozioni didattiche".

t.a.

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