Catanzaro, si discute di separazione delle carriere all'Umg. Strangis: "Criticità"; Murgano: "Critiche pretestuose"

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  25 marzo 2025 23:37

di MARCO VALLONE

E' stata la piena attualità giuridica a prendersi la scena questo pomeriggio, presso l'aula Falcone e Borsellino del dipartimento di giurisprudenza, economia e sociologia dell'Università Magna Graecia di Catanzaro. Il tema, la separazione delle carriere dei magistrati, è da anni frutto di dibattito, scontri e diverse visioni ed è tornato fortemente in auge con l'approvazione alla Camera dei deputati, in sede di prima deliberazione, del disegno di legge (DDL) costituzionale n.1917. L'approvazione è datata 16 gennaio 2025, poco più di due mesi fa.

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“Si parla di due temi che sono cruciali per il nostro ordinamento: il primo è una revisione costituzionale – ha spiegato il professore associato di diritto costituzionale, Andrea Lollo, moderatore dell'evento promosso da ELSA (European Law Students Association) Catanzaro -, e quindi toccare i principi e le regole fondamentali, costitutive del nostro vivere quotidiano. Il secondo è quello in relazione al quale si sta mettendo mano ad una parte molto importante della nostra Costituzione, che è quella che attiene all'organizzazione della magistratura, e cioè alle regole che presiedono il funzionamento del processo e dell'organizzazione con cui il processo è volto a dare risposta alle domande dei cittadini. Quindi sono due temi assolutamente cruciali che non possono lasciare indifferenti il mondo dell'avvocatura, il mondo della magistratura e il mondo accademico”. Il messaggio per gli studenti “è quello che noi docenti cerchiamo di lanciare quotidianamente – ha affermato Andrea Lollo -: cioè quello di studiare non solo acquisendo concetti, ma anche maturando uno spirito critico che gli consenta di vedere al di là del contenuto, al di là delle norme. Questa è un'occasione formidabile per poter ragionare su una proposta di riforma di norme che dal 1948 in poi noi ci ritroviamo”.

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Ed allora si entra nel vivo del dibattito. Da una parte Giovanni Strangis, giudice del tribunale di Catanzaro, e presidente ANM (Associazione Nazionale Magistrati) Catanzaro, dall'altra Valerio Murgano, componente della giunta nazionale dell'unione delle camere penali italiane, e direttore della scuola forense “Giuseppe Iannello”. Da un lato la visione critica della riforma, dall'altra quella favorevole.

Dopo i ringraziamenti ad ELSA Catanzaro per l'opportunità offerta alla magistratura di poter esprimere le ragioni contrarie alla riforma davanti agli studenti dell'ateneo catanzarese, Giovanni Strangis si è soffermato “sulle criticità di questo progetto di riforma e su quelle che saranno le ricadute in termini di tutela dei cittadini. Queste tutele non verranno implementate, ma saranno anzi indebolite con una riforma che si appalesa lontana dalla tutela di un servizio giustizia e dal miglioramento di un servizio giustizia”. La critica alla riforma sulla separazione delle carriere “non si tratta – ha spiegato il presidente di ANM Catanzaro – di una difesa di diritti di categoria: non è in discussione il nostro stipendio, le nostre ferie o le nostre condizioni di lavoro che pur meriterebbero l'adeguata attenzione e i necessari miglioramenti. Si tende semplicemente a scindere questa figura del pubblico ministero, introducendo culturalmente quella che sarà poi una forma di controllo sul pubblico ministero da parte dell'esecutivo e da parte anche del potere legislativo. Questo è un rischio che la magistratura associata sta segnalando già da diverso tempo con tutte le iniziative che abbiamo intrapreso, non da ultima quella dello sciopero del 27 febbraio scorso. La separazione delle carriere è una riforma che concretizza fortemente questo rischio di assoggettamento: è bene non trincerarsi dietro alle formule stilistiche che sono poi inseriti all'interno degli articoli così come proposti, poiché è evidente la possibilità che vi sia una minore indipendenza del pubblico ministero che equivale a una minore indipendenza del giudice. La separazione non rafforzerà l'indipendenza del giudice, anche se è questo che viene solitamente detto. Non è così, e da giudice lo posso sottoscrivere”.

Ma su cosa si fonda questa convinzione di Strangis? Recentemente Antonio Di Pietro, simbolo di Mani Pulite, ha sostenuto che la riforma della separazione delle carriere rafforzi l'indipendenza del giudice, nel momento in cui giudici e pubblici ministeri non farebbero più parte dello stesso ordine giudiziario, della stessa famiglia, della “stessa squadra”. Perché Giovanni Strangis non è d'accordo? “Il giudice ha una sua imparzialità e una sua indipendenza – ha sottolineato il presidente di ANM Catanzaro -. E l'appartenenza all'ordine giudiziario, che condivide con il pubblico ministero, non influisce in alcun modo su questa indipendenza e imparzialità del giudice. Sarebbe come dire che gli avvocati di parte civile e gli avvocati che difendono gli imputati appartengono pur sempre alla stessa classe forense: nessuno si sognerebbe mai di dire che l'avvocato della parte civile debba essere separato dall'avvocato che difende gli imputati solo perché appartengono allo stesso ordine professionale e dunque potrebbero influenzarsi reciprocamente e non fare gli interessi dei loro clienti. Il rapporto di colleganza è soltanto uno strumento che permette l'accesso insieme, ai pubblici ministeri e ai magistrati giudicanti, alla funzione giurisdizionale, che poi è divisa tra requirente e giudicante. E poi i dati vanno sempre valorizzati – ha rilevato Giovanni Strangis -. Mi piace partire anche da questo dato: il numero di colleghi che hanno fatto il passaggio di funzioni dall'una all'altra è al di sotto dell'1% negli ultimi 5 anni. Quindi discutiamo di questo: cioè, cerchiamo di comprendere che nella concreta realtà dei fatti le carriere sono già di fatto separate: non solo per questi dati statistici che ci risultano, ma anche per la riforma Cartabia. Questa riforma ha introdotto già di fatto la separazione delle carriere perché è possibile un solo passaggio da p.m. a giudicante o viceversa nei primi 10 anni dalla presa delle funzioni. Fatto questo passaggio non è più possibile tornare indietro. Allora si tratta già di una riforma attuata con legge ordinaria: non vediamo perché scomodare la Costituzione che il mondo ci invidia”.

Il parere favorevole alla riforma della separazione delle carriere è stato espresso invece da Valerio Murgano, rappresentante dell'unione delle camere penali italiane: “Questa è una nostra vecchia battaglia – ha rivendicato -. Adesso mira ad implementare quello che è stato il giusto processo che nella riforma dell'art.111 nel 1999 ha modificato l'assetto costituzionale. E' un assetto costituzionale che vede il giudice come terzo e imparziale, e la necessità di implementare e realizzare quel progetto costituzionale vede il giudice separato dall'accusatore, al fine di realizzare un processo giusto. E' questa la risoluzione dei problemi della giustizia? Naturalmente no. Però se il processo è quel luogo che serve per accertare se un fatto di reato è stato commesso, e se un imputato, soprattutto, ne è responsabile, e se il processo penale rappresenta quell'insieme delle regole che sovrintende il controllo e la verifica su un'accusa, necessariamente il giudice deve essere un soggetto terzo rispetto all'accusatore che è posto in condizione di assoluta parità con il difensore. Per questo motivo noi riteniamo che la riforma della separazione delle carriere è in grado di riequilibrare quell'assetto costituzionale del giusto processo”.

“Per quanto riguarda l'assetto di questa riforma, riteniamo che sia la migliore possibile – ha rilevato Valerio Murgano -. Anche la discussione in ordine al sorteggio di coloro che dovranno essere rappresentanti della magistratura al CSM è anche quella una riforma necessaria, posto che, purtroppo, il sistema correntizio ha creato tutte quelle problematiche che ben conosciamo e rispetto alle quali, purtroppo, anche un sorteggio temperato, e cioè una preselezione di coloro che dovrebbero essere poi sorteggiati per andare a concorrere in consiglio superiore della magistratura, non garantirebbe che quelle torsioni, che purtroppo si sono verificate, non si riverificherebbero. Per esempio Giovanni Falcone, quando si è candidato per andare alla guida della procura di Palermo, perse 14 a 4 proprio perché non faceva parte di quelle correnti”.

La riforma della separazione delle carriere potrebbe essere un primo passo perché il pubblico ministero possa finire sotto l'influenza dell'esecutivo? “Questa rappresenta una delle critiche maggiori che il mondo della magistratura rivolge. Secondo me lo fa – ha evidenziato Murgano – anche un po' per cercare di accaparrarsi le simpatie dell'elettorato. Però purtroppo o per fortuna dovremo sottoporci a un referendum confermativo, e quindi basta anche un solo voto. Però non c'è questo rischio perché la lettura della riforma, e quindi il nuovo articolo 104, prevede espressamente che ci siano due organi separati, autonomi e indipendenti, che sono quello della magistratura inquirente e quello della magistratura giudicante. Non c'è alcun pericolo che la magistratura, neanche la requirente, vada sotto il potere dell'esecutivo. Ragione per la quale questa critica mi sembra pretestuosa. Questo lo si potrebbe sostenere anche ora, senza alcuna riforma, laddove fosse questo l'intendimento, oggi o domani, di chi ci governa”.

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