" Il sindaco di Chiaravalle, Domenico Donato, convoca il Consiglio comunale (28 ottobre, seconda chiamata il 29), ma dall’Ordine del giorno spariscono due questioni poste dalla minoranza: lo stato del Convento dei Cappuccini, ristrutturato con oltre 400mila euro di fondi pubblici e tuttora non pienamente fruibile, e i numeri della riscossione coattiva (incassi, compensi alla concessionaria, fatture e contenziosi). La seduta affronta PEF rifiuti, variazioni di bilancio, Revisore, sistema bibliotecario e convenzione di segreteria; nessuna traccia, invece, dei temi su cui i consiglieri d’opposizione Giuseppe Rauti, Vito Maida e Claudio Foti chiedono da mesi risposte formali in aula. Per loro è l’ennesima prova di “un confronto eluso proprio nel luogo deputato alla trasparenza”.
Al cuore della protesta dei consiglieri Foti, Maida e Rauti ci sono due questioni “distinte ma simbolicamente legate”: la trasparenza nella gestione dei fondi pubblici e la chiarezza sui flussi economici comunali. Entrambe, denunciano, “sono state ignorate” dal sindaco nella convocazione del 28 ottobre.
Secondo quanto riporta un comunicato dell’opposizione, l’amministrazione ha investito oltre 400mila euro di fondi europei di coesione per trasformare il Convento dei Cappuccini in un centro culturale vivo, accessibile e permanente, destinato a scuole, ricercatori e cittadini. La realtà, sostengono i consiglieri di minoranza, è molto diversa: “Porte chiuse, nessuna attività stabile, nessun accesso pubblico”. La minoranza accusa il sindaco di aver “speso centinaia di migliaia di euro per un progetto rimasto sulla carta”, ridotto a qualche evento sporadico, e chiede risposte precise: “Dove sono finiti quei soldi? Perché il polo non funziona come previsto? Chi deve rispondere di questo fallimento?”. La questione è ritenuta “politicamente pesante” perché riguarda fondi comunitari, con possibili implicazioni di natura gestionale e reputazionale per l’ente.
Il secondo punto sollevato dai consiglieri riguarda la società esterna incaricata della riscossione coattiva dei tributi comunali. La minoranza chiede dati puntuali e trasparenti: quanto il Comune abbia effettivamente incassato, quale somma sia stata corrisposta alla concessionaria, quante fatture siano state emesse e quali contenziosi risultino aperti. Domande definite “semplici e legittime”, ma rimaste senza risposta.
Nel comunicato, i tre consiglieri denunciano che il silenzio del sindaco non è neutro, ma “una strategia”: “Chi ha i conti in regola li mostra, chi tace ha paura dei numeri”.
Le due questioni, sebbene diverse, ruotano intorno a un’unica accusa: l’amministrazione eviterebbe il confronto istituzionale su temi che toccano denaro pubblico e gestione amministrativa, sottraendoli alla discussione pubblica in Consiglio comunale. Per la minoranza, non si tratta di un braccio di ferro politico, ma di “una battaglia di civiltà”, perché — scrivono — “i cittadini di Chiaravalle meritano verità, non silenzio”.
"Non si tratta solo di una questione politica, ma di un obbligo sancito dalla legge.
L’articolo 39, comma 2, del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 267/2000) stabilisce infatti che il sindaco è tenuto a convocare il Consiglio comunale entro venti giorni quando lo richieda almeno un quinto dei consiglieri, inserendo all’ordine del giorno gli argomenti da loro indicati. In altre parole, la richiesta dei consiglieri Foti, Maida e Rauti non è una facoltà discrezionale, ma un atto dovuto. La norma non lascia spazio a interpretazioni: in caso di mancata convocazione, il Prefetto può intervenire in via sostitutiva, dopo una formale diffida, per garantire il rispetto delle regole democratiche. Ecco perché la decisione del sindaco di non inserire i punti proposti dalla minoranza non appare solo come una scelta politica, ma come un atto in contrasto con lo spirito e la lettera della legge che tutela il diritto dei consiglieri – e, attraverso di loro, dei cittadini – a ottenere risposte pubbliche nelle sedi istituzionali".
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