di MARCO VALLONE
“Sui bilanci abbiamo dimostrato ampiamente i risultati che abbiamo ottenuto in questi tre anni in cui già abbiamo avuto equilibrio di bilancio, riscontri positivi”. Così il sub commissario per il piano di rientro della sanità in Calabria, Ernesto Esposito, si è soffermato, in un convegno sull'importanza della comunicazione per ridurre la mobilità sanitaria passiva tenutosi alla Cittadella regionale a Catanzaro, su quale sia la situazione relativa ai bilanci sulla spesa sanitaria in Calabria.
“Restava l'ultima partita di approfondimento – ha evidenziato Esposito -, di approvazione dei bilanci precedenti che le vecchie gestioni commissariali non avevano approvato, ed anche lì abbiamo approvato tutti i bilanci dal 2013. Mi riferisco all'Asp di Reggio Calabria e quindi i tavoli ci hanno riconosciuto questo. Il commissariamento viene giudicato in termini economici sul bilancio, e in più sulla garanzia dei livelli assistenziali: altro riconoscimento importante è che noi su 2 aree su 3 dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) abbiamo raggiunto la sufficienza. Rimane ancora la parte territoriale, ma la parte territoriale è bene dirlo perché sta migliorando. E quindi già ci aspettiamo una positività nel 2024: ricordiamo che i LEA attuali si riferiscono al 2023. E di conseguenza la strada per uscire dal commissariamento è sicuramente spianata”.
Nella Legge di bilancio, a livello governativo, sono stati previsti accordi bilaterali fra le regioni sulla mobilità sanitaria: “Gli accordi con le altre regioni in realtà sono diventati legge adesso – ha sottolineato il sub commissario Esposito -, attualmente. Perché precedentemente erano previsti anche accordi bilaterali ma c'era un piccolo problema: le regioni a forte attrattività, quelle del nord, non si sedevano proprio al tavolo per trattare accordi con le regioni meridionali ad alta mobilità passiva. Oggi invece è diventata legge, soltanto che proprio ieri ci è stato confermato al tavolo che nelle prossime settimane uscirà proprio un tema di accordo tipo da sottoporre tra regioni a forte attrattività, come le regioni del nord, con le regioni del sud come la Calabria. Stiamo sollecitando questo tipo di accordo proprio per avviare le trattative con le regioni a maggiore impatto per la mobilità passiva”.
Il dottore Gianfranco Filippelli (Direttore UOC Oncologia Medica ASP Cosenza, responsabile scientifico del convegno odierno intitolato “Curarsi in Calabria. L'importanza della comunicazione per ridurre la mobilità passiva” insieme al dottore Massimo Martino (Direttore UOC Ematologia e Centro Trapianti di Midollo Osseo A.O. Reggio Calabria), ha definito il problema della migrazione sanitaria in Calabria come “un tema estremamente sentito e complesso. Ogni calabrese ha un parente che abita a Milano, Torino, Roma e quindi si è portati già dalla famiglia ad andare fuori. I migliori professionisti calabresi riempiono tutti gli ospedali d'Italia, quindi è ovvio che è difficile da contrastare da questo punto di vista. Però, come è stato detto, un quarto della popolazione residente in Calabria deve andare fuori: questo non è più possibile. E quindi in Calabria stiamo attuando, soprattutto per l'oncologia ma per tutta la sanità in particolare, delle situazioni che vadano a migliorare la presa in carico del paziente oncologico. Io coordino la rete oncologica calabrese e si sta facendo uno sforzo gigantesco da questo punto di vista: deve finire questo passaggio di un paziente che va in mille punti per prenotarsi una Tac, una Pet, un esame importante di stadiazione per chi purtroppo ha una diagnosi di tumore. Oggi – ha sottolineato Filippelli – stiamo lavorando per mettere fine a tutto ciò e quindi, di conseguenza, anche la migrazione sanitaria ci attendiamo possa ridursi. Si va fuori soprattutto per la chirurgia oncologica – ha rilevato il dottore Filippelli – che è un problema estremamente importante, e che in Calabria deve migliorare. Però, per quanto riguarda le cure mediche, l'oncologia ha fatto passi da gigante, un miracolo, perché quasi tutti i pazienti che prima facevano i trattamenti medici fuori regione oggi vengono presi in carico dalle nostre strutture”.
Sotto il profilo ematologico il dottore Massimo Martino ha dal canto suo evidenziato come in Calabria vi siano “tre grosse ematologie: una a Cosenza, una a Catanzaro e una a Reggio Calabria, dove abbiamo anche il centro trapianti. Oggi possiamo dire con fierezza che chi ha un problema ematologico può rimanere tranquillamente nella propria regione a curarsi con le migliori cure a disposizione. E' chiaro che per mantenere questi livelli innanzitutto è importante fare pubblicità di quello che si fa in positivo, perché purtroppo spesso le persone non conoscono le realtà e quindi dimostrare quello che si fa secondo me è una cosa molto importante: da questo punto di vista gli amministratori dovrebbero aiutarci. E poi è anche importante creare continuità con la scuola di specializzazione in ematologia che è stata da poco creata a Cosenza e che agisce in piena sinergia con l'ematologia di Catanzaro e Reggio Calabria: questo è il punto fondamentale per fare rimanere i ragazzi nel nostro territorio e dare una continuità a quello che stiamo facendo in questi anni”.
Sul fatto che vi possa essere un problema di presa in carico dei pazienti che si possano sentire sballottati tra presidi e medici diversi, il dottor Martino ha affermato come l'organizzazione è chiaro che sia “fondamentale per cercare di fare in modo che tante eccellenze, che non sono solo nel campo ematologico ma anche negli altri settori della medicina, possano colloquiare tra di loro in maniera corretta e con un percorso ben delineato. Avere dei percorsi, dei PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali ndr), che permettono la presa in carico totale del paziente sicuramente crea fiducia nel paziente e dà una qualità di risposta ai livelli di tutti i centri che sono presenti nel resto d'Italia”.
Ospite di rilievo del convegno è stato inoltre, da remoto, il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta che, tra le altre cose, ha evidenziato come la sanità pubblica sia “stata profondamente indebolita dai governi degli ultimi 15 anni che da un lato non l'hanno finanziata a sufficienza con bandi di finanziamento e mancati investimenti, e dall'altro non hanno fatto riforme coraggiose che permetterebbero oggi di erogare in maniera più efficiente l'assistenza sanitaria. Il servizio sanitario nazionale è una grande infrastruttura pubblica che tutela un diritto costituzionale e che i padri costituenti definirono, in modo unico, con l'aggettivo 'fondamentale'. Mi soffermo su questo perché è evidente che questa importanza data dai padri costituenti solo per il diritto alla tutela della salute, sebbene i diritti fondamentali siano 13 o 14, significa che 'quando c'è la salute, c'è tutto'. Cioé, se noi non siamo in buona salute non siamo in condizione di esigere tutti i nostri diritti: il diritto al lavoro, allo studio e a vivere quelle libertà individuali che la buona salute ci permette di godere. Per questo tale diritto è tanto importante quanto fragile, perché la sua esigibilità dipende da quella che è una grande infrastruttura pubblica che si chiama servizio sanitario nazionale, ed è fatto da 21 sistemi sanitari regionali”.
“L'atto fatto dalla Regione Calabria di portare medici cubani – ha rilevato Cartabellotta – è stato importante e coraggioso perché in questo momento sapete bene che per alcune professioni sanitarie, e penso in particolare a quelle infermieristiche, non è che abbiamo grandi soluzioni a breve termine”. Il presidente della Fondazione Gimbe ha poi voluto evidenziare come la leale collaborazione tra governo e regioni proprio in questi giorni sia diventato “conflitto istituzionale. Quando le cose non vanno lo Stato dà la colpa alle Regioni e le Regioni se la prendono con lo Stato. Inevitabilmente questo conflitto tra poli indeboliti scarica le conseguenze sulla popolazione più fragile, sulle regioni del mezzogiorno che hanno servizi sanitari meno efficienti. Ma ovviamente il cittadino con chi se la prende? Con lo Stato che ha investito meno risorse? Con la Regione che non ha organizzato i servizi? Con l'azienda che non ha erogato le prestazioni? Come sapete bene, il destinatario del malcontento dei cittadini oggi è diventato il professionista sanitario, ed è un po' segno della ridotta coesione sociale che questo indebolimento della sanità pubblica ha portato”.
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