Cimino: "Francesco a 60 giorni dalla morte e quella voce del Vangelo...."

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Franco Cimino
  23 giugno 2025 17:32

di FRANCO CIMINO

 Morto un Papa se ne fa un altro. Infatti la Chiesa continua senza interruzioni il suo millenario cammino nel mondo. Ma quando muore un leader universale dell’umanità, sostituzioni nella continuità non sono facili. Quasi impossibili o, comunque, non rapide e immediate. La storia ce lo dice. E la cronaca di oggi, che già storia in corso d’opera si sta facendo. Non è un caso che Francesco, il Papa, si sia portato, anche per volontà del suo Dio, pure il mio Dio, unico e misericordioso, a morire sul campo di battaglia. La Sua. È quello del Vangelo che, da duemila anni ci dice parole che non comprendiamo. Non vogliamo capire. Non riusciamo a cogliere per l’ignoranza profonda nella quale viviamo. Ignoranza di conoscenza. E di fatti e atti della Cultura. Quella molteplice e plurale, che rappresenta, in modo articolato, il pensiero di tutte le culture. E di tutti i popoli che le esprimono. E dalle quali sono state sono stati formati. Culture, con le quali ciascun popolo ha costruito il proprio livello di civiltà. La propria civiltà. Quella specifica di ciascun paese, rende ogni popolo, ogni paese, ogni territorio, carico di dignità, che mette tutti alla pari tra loro. Ma l’ignoranza di cui qui parlo è verso i valori che il Vangelo professa e, sull’esempio della vita Del suo ispiratore, Gesù, ha cercato di comunicare a tutti gli uomini della terra. Cristiani e non. Credenti e non. Religiosi e laici.

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L’ateismo sostanziale, di cui questo pianeta soffre, e non da pochi anni, non è di tipo prettamente religioso. È morale e culturale. Riguarda la progressiva perdita di valori profondi. Umani. La riduzione ormai al minimo del senso di umanità, che dovrebbe regolare i rapporti fra i popoli, gli Stati, le persone. Anche i rapporti intimi all’interno della propria persona, dove sempre più si muovono disordinatamente due IO contrapposti. Francesco è l’uomo di questo Vangelo. Lo è ancora, anche se non c’è più, qui. È il vero rappresentante della parola del Messia, qui. Parola di educazione all’amore fra tutti. Alla fratellanza fra gli esseri umani. E tra loro e la Natura. Alla comprensione e accettazione di tutti. E del pensiero, nella propria cultura, di tutti. Parola per la ribellione contro l’ingiustizia e il potere cinico che la alimenta. Parola di sollecitazione alla rivolta pacifica e morale nei confronti di quel potere corrotto e malvagio. E dei pochi potenti che se ne servono per il proprio egoismo e la propria cinica visione della vita. Parola di indignazione nei confronti della violenza, che sempre più forte si diffonde nel mondo. Violenza insita in quella natura umana violata, che coltiva il bisogno e la voglia irrefrenabili di morte e nega la necessità della vita. La vita laddove vita nasce, cresce e si muove. La vita di tutti, quindi. E di ciascuna persona. La vita per tutti, nella dignità che ad essa si assegna in modo naturale, quale essenza della vita stessa. La vita, di tutti e di ciascuno, nella quale dal suo sorgere, e direi anche da prima che nasca, è dotata, come corredo originario, del valore più alto in assoluto. Più alto della stessa vita, la Libertà. La vita di ciascuno e di tutti, che si rappresenta con il riconoscimento dei fondamentali diritti. I primi tre, l’eguaglianza nelle pari opportunità.

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Da qui i diritti alla soddisfazione dei bisogni primari, il pane, l’acqua, il lavoro, dignitoso e gratificante, la casa, l’istruzione, l’accesso a tutti gli strumenti che favoriscono la conoscenza. Diritto alla terra, quella dei padri. E quello, quindi, a vivere liberi all’interno di uno Stato, che rappresenti e difenda la lunga storia dalla quale quegli uomini provengono. Diritto alla sicurezza personale, sociale, e del Paese. Diritto a potersi muovere liberamente dalla propria terra verso altre terre, come vocazione umana detta, per il bisogno di migliorare la propria vita e quella dei propri figli. Ovvero, soltanto di conoscere altri popoli, altre nazioni, altri paesi. Nel principio universale che il mondo non è diviso originariamente da perimetri e confini, che assegni a questo o quello il potere assoluto di poter chiudere i propri all’ingresso di altre genti.

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Ché la Terra è una sola. Ed è di tutti. Parola, infine, quella del Vangelo, che indica con decisione che questa è la via che porta al Bene più grande. Quel Bene per i quali gli uomini hanno il dovere di operare nella missione da compiere, la Pace. La Pace, l’approdo felice al cammino gioioso e doloroso, agevole e faticoso, degli uomini, verso l’Umanità, la forza, indivisibile e incorruttibile, che costruisce l’assemblea più bella, nella quale l’incontro tra le persone rinnova la Bellezza della Vita. Lo stupore verso la Libertà. La gioia della Democrazia. L’Amore per sé stessi come per gli altri. Anche singolarmente intesi. Francesco, il Vescovo di Roma, il prete “ preso da molto lontani” è morto sul campo di questa battaglia. Una battaglia forte e coraggiosa contro non le guerre, questa o quella o l’altra. Ma contro la guerra, offesa insopportabile alla Vita. Ferita grave e mortale all’uomo. E ad ogni forma di civiltà. La guerra, quale ordigno incontrollabile per la distruzione del pianeta e della vita in esso. Francesco non c’è più da sessanta giorni. E non è per nulla un caso che dal primo di questi, le guerre non solo non sono cessate, non solo non hanno ridotto la loro forza distruttiva e assassina, ma sono cresciute di numero e di intensità di qualità omicidiaria e “genocidiaria”fino ad alimentare la guerra, come unico atto di risistemazione degli equilibri mondiali. E degli interessi economici e politici dei pochi potenti e dei pochi ricchi, che sulle guerre accrescono il loro miserabile potere e la loro sporca ricchezza.
 

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