di FRANCO CIMINO
"Son solo due giorni dalla morte di Francesco. Tutto il mondo non fa altro che parlare di Lui. Cosa giusta e utile. Il Papa é anche una sorta di capo di Stato, in senso politico intendo, oltre che della Chiesa, che conta più di un miliardo di fedeli. Una vera potenza, politica e religiosa. Una potenza che interviene nella vita dei singoli Stati, influenzando il consenso elettorale che decide le leadership di quelli. In Italia, paese dove ha sede il Vaticano e la Basilica più importante e più grande del mondo, il Pontefice è molto più che il Papa. Molto più di un capo di Stato. È, soprattutto, un amico, un padre, l’uomo saggio e buono, cui idealmente e moralmente riferirsi nei momenti più difficili della vita personale e familiare degli italiani. Da due giorni le sette reti televisive più viste e più importanti, ininterrottamente sono ferme sulla persona della Santo Padre. Dal primo mattino fino a notte inoltrata, tutte le trasmissioni sono dedicate a Lui.
A fare un po’ di aritmetica si raggiungerebbero questi numeri: venti ore per sette canali, fanno centoquaranta. Al giorno. Sommate per due giorni sono duecentottanta. Di questo passo, fino almeno al giorno dei funerali, fissato per il prossimo sabato dalle 10, si arriverà a migliaia di ore televisive. Anche questo, io personalmente, lo trovo utile. Di certo, interessante. Fino, però, al raggiungimento di un limite psicologico per me insopportabile. Ed è che a parlare di Lui in ogni salotto di queste televisioni, vengono chiamati i soliti giornalisti. Quelli che parlano quotidianamente e noiosamente della politica. E i soliti politici, che discettano sempre su tutto. Oggi, addirittura, di religione, quella cattolica. Di religioni, quelle delle altre chiese. E dei diversi dio, che le comandano. Tra questi giornalisti, vi sono i soliti dei diversi negazionismi storici, atei nutriti di ignoranza. Non solo rispetto al Dio delle religioni, ma verso la sensibilità e cultura con cui si deve guardare la realtà, il mondo, gli esseri umani. E la morale. Tra i politici vi sono anche quelli, i soliti, che oltre all’ignoranza, quasi genetica, aggiungono la loro natura aggressiva e guerrafondaia. Natura, coperta oggi da un “verginismo” stupido.
E da quella ipocrisia, che vorrebbe cancellare pure le offese e le aggressioni verbali portate, solo pochi anni fa, lungamente e proditoriamente, nei confronti di Francesco. Sono personaggi ben noti, che parlano sputandosi addosso. Dicono di tutto e di più. Discettano addirittura su temi ideologici confondendoli con quelli teologici. Le posizioni sociali e politiche del Papa con la dottrina della Chiesa. Sostanzialmente dicono nulla. Se non, taluni, tra i più intelligenti ed eleganti, parlare di se stessi nel dire dei confidenziali rapporti con Francesco. Come se fosse un compagno di scuola. Un vecchio nonno. Un disabile vicino di casa. Tutti, però, io soprattuto, potremmo fare, un’opera gradita al Papa, essere semplici, sinceri, genuini. Coerenti. Onesti. Comprendere, cioè, l’autentico messaggio che Francesco ha lasciato, dopo averlo diffuso nel mondo, all’umanità intera. Ai governanti, in particolare. Io, provo, qui, a fare, pur con la modestia delle mie capacità, una stretta sintesi dell’ampio pensiero contenuto nel Suo forte Magistero. Lo metto tra virgolette. È il seguente: “Se vuoi la Pace costruisci la Giustizia. Se vuoi che la Giustizia sia giusta, realizza l’Eguaglianza. Se vuoi che l’Eguaglianza sia effettiva, lascia libera la Libertà degli uomini. Di tutti. Dei popoli. Tutti. Delle patrie e delle nazioni. Tutte. Se vuoi che finisca la guerra e che essa si sconfigga da sé, opera per il disarmo. Di tutti. Degli aggressori e degli aggrediti. Dei paesi forti e di quelli deboli. Nello stesso momento. Lo stesso anche, nel quale si distruggano tutte le armi e tutti gli ordigni.
Come gli arsenali che li conservano. E gli aerei e le navi che li portano, puntandoli contro la vita di popoli e persone. Stesso momento nel quale, con gli ultimi missili siano bombardate le fabbriche di armi. Tutte. Anche quelle, cosiddette piccole, per la difesa civica personale. Se vuoi che l’odio non cresca e non si diffonda, anche quello impotente dei miserabili, che da prima lo subiscono, brucia, invece che i campi di grano e quelli che danno i frutti, la povertà. Chiama ogni uomo a costruire la ricchezza comune. E, poi, la Politica, prima ancora che l’Etica, a dividerla secondo i giusti meriti e i veri bisogni. Nell’equità, possibile e necessaria. Della ragione che la impone. E del cuore che “crea.” Se vuoi vivere con gioia la tua vita, difendi quella degli altri.
E la Vita sempre, dal concepimento fino al suo spegnimento. E la Natura, che è doppiamente Vita, nutrimento essenziale alla tua. Per i più pigri, basterebbe leggere il discorso, il suo ultimo, più che testamentario, lascito morale a tutti gli uomini e le donne della terra, trasmesso ascoltato in mondo visione la domenica di Pasqua. I più onesti, credenti e non credenti, agnostici e laici di tutti gli orientamenti, ascoltino la Sua parola. E la traducano in comportamenti e opere coerenti a quel pensiero. Di un uomo “preso da molto lontano”, che si è fatto Papa.
Non per convertire alla religione cattolica. Ché la fede è un fatto privato, sebbene condiviso in quell’Io, che diventa, nell’ Amore per Gesù, Noi. Non convertire era il suo pieno convincimento. Non solo perché la fede non è una gara delle figurine Panini o di qualche marchingegno ludico delle attuali tecnologie, dove vince chi ne prende di più all’altro. E la religione, non è un libero mercato nel quale si scontrano le singole religioni per ottenere il primato e il potere. George Bergoglio, il vescovo di Buenos Aires e di Roma, ha voluto farsi umile messaggero del Vangelo. Suo attivo testimone. Nel mondo. Con il coraggio, Suo personale, di applicarlo in ogni atto di fede. La Sua. In ogni gesto umano, il Suo. Se una “prepotente ambizione” Egli avesse conservato in segreto del cuore, è stata quella che sempre più numerosi gli somigliassimo un po’. Per cambiare questo mondo. E “convertirlo” tutto all’umanità che ha smarrito".
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