Cimino: “Il barbaro assassinio di ebrei inermi su una spiaggia australiana, altra assurda forma di guerra”

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images Cimino: “Il barbaro assassinio di ebrei inermi su una spiaggia australiana, altra assurda forma di guerra”


  14 dicembre 2025 18:05

di FRANCO CIMINO

In una delle spiagge più ridenti dell’Australia si è consumata un’altra mattanza di ebrei, perpetrata da un commando terroristico: odianti nemici storici che, con queste orribili stragi, intendono perseguire lo sterminio di un popolo. Un’azione che richiama tragicamente quella del famigerato 7 ottobre.
I morti accertati sono finora undici, mentre il numero dei feriti resta imprecisato. Tutte vittime che trascorrevano una giornata di riposo e di serenità, unite dallo spirito di appartenenza alla comunità ebraica, forse alternando momenti di svago alla preghiera.

Uomini, donne, bambini. Inermi. Sempre e comunque innocenti. Innocenti come lo sono tutti coloro che non impugnano un fucile, che non uccidono altri esseri umani, che non coltivano nel proprio animo l’odio. Innocenti anche quando  disapprovano ciò che il governo israeliano ha compiuto nella Striscia di Gaza; anche se piangono le vittime innocenti di quel territorio; anche se auspicano la fine dello sterminio del popolo palestinese attraverso l’unica soluzione possibile perché la pace sia autentica: il riconoscimento del diritto dei palestinesi ad avere una propria terra e un proprio Stato. La terra dei padri, o quella che da cinquant’anni li attende, a due passi da Israele.

Questa orribile strage si carica di una gravità ancora maggiore perché alimentata da due sentimenti ostili: l’odio quasi etnico verso i palestinesi in quanto palestinesi e la voglia di rappresaglia. Una vendetta che può colpire ovunque nel mondo, in qualsiasi luogo e in qualsiasi condizione, ogni volta che un terrorista armato si trova di fronte a un ebreo disarmato.

È ancora più grave perché estende il concetto stesso di guerra, trasformando il mondo intero in un campo di battaglia. Un campo non militarizzato, dunque potenzialmente ovunque: in ogni Paese che rifiuta la guerra per sé e contro gli altri, ma che si trova costretto a subirla al proprio interno.

Questo atto terroristico è ancor più pesante perché, volontariamente o involontariamente, incorpora lo stesso odio che una parte della classe dirigente israeliana sta perseguendo: quello verso un nemico da cancellare in quanto popolo, in quanto persone, dalla faccia della terra. Ed è devastante perché ostacola ogni tentativo, anche il più fragile o strumentale, di costruire una pace. Una pace qualsiasi, anche solo una tregua, una breve sospensione degli attacchi armati. Perfino una tregua ipocrita, utile a mascherare interessi economici enormi dei soliti pochi ricchi e potenti, che fanno le guerre per saccheggiare le ricchezze altrui.

Al dolore immenso, misto a pietà, che ancora le persone capaci di umanità sentono nel cuore, si aggiunge la preoccupazione per il riaccendersi di animi feroci e odiatori. Sentimenti che accendono i cannoni, i motori degli aerei e dei droni, pronti a riversare migliaia di missili sulle popolazioni indifese. In particolare su quella parte che spera di tornare nelle proprie case, anche se distrutte, perché la speranza di rivivere e di far rivivere la propria terra non si è spenta e non si spegnerà mai in chi per quella terra ha visto morire i propri cari ed è disposto persino a sacrificare la propria vita e quella dei propri figli.

E sull’altra parte, un po’ più lontana nei campi profughi sterminati, la maggioranza, che da oltre vent’anni sogna di lasciare gli accampamenti nei deserti, dove perfino le tende sono bruciate dal sole, per rivedere finalmente una patria che ancora non può chiamarsi tale.

Dolore e indignazione, sgomento e ribellione per l’uccisione degli ebrei. Anche per quelli di ieri. In Australia. Su una spiaggia calda, davanti a un mare che continua a muovere le onde dell’oceano.
Uno sgomento che diventa rabbia verso chi, con questi gesti terroristici, condanna inevitabilmente il proprio popolo a subire un’altra feroce rappresaglia. Una rappresaglia che l’arrogante e disumano capo del governo israeliano, con la sua accolita di generali e colonnelli, non esiterà a infliggere. Quasi ringraziando quei folli per il favore ricevuto: un’altra scusa per uccidere ancora, bombardare ancora, cancellare ciò che resta della terra palestinese e del suo popolo.

Questa guerra finirà solo quando sarà disarmato l’odio degli uomini, da una parte e dall’altra. Non solo le armi di massa, ma le mani e i cuori di chi coltiva l’odio come identità.
Finirà solo quando sarà finalmente riconosciuto e concesso ai palestinesi il diritto di vivere in uno Stato proprio, su una terra propria, sicura e libera da ogni aggressione. E quando, di fronte a questo, i palestinesi di ogni parte del mondo riconosceranno lo Stato di Israele e il suo diritto a vivere in libertà e sicurezza, nella certezza che nessun ebreo, ovunque nel mondo, possa più essere aggredito o minacciato.

Questa pace si realizzerà veramente quando gli uomini stupidi e presuntuosi cesseranno di sostituirsi al loro Dio, per combattersi l’un l’altro il nome loro. Stupidi e stupidi, tutti di ambedue le parti, che non capiscono che se c’è un Dio, non può che essere un unico Dio. Creatore  e generatore della vita e dell’universo nell’infinito che lo si voglia umanamente concepire. Dico a costoro, soprattutto ai potenti che della parola di Dio e della parola Dio riempiono le loro brutte e sporche  bocche, ciò che dicevo e dico  ai miei ragazzi  delle mie lezioni. Non soltanto quelle a scuola.

“Ragazzi miei, voi pensate che ci possano essere sopra di noi due tre quattro Dio onnipotente, in nome dei quali qui ci si combatte e si muore, uccide e ci si fa uccidere? Ma se ció fosse vero, questo nostro piccolo pianeta sarebbe già dissolto, polverizzato,  cancellato e con esso  tutte le nostre battaglie e i nostri sentimenti. Quei Dio si sarebbero fatti la guerra tra loro. Immaginate una guerra tra onnipotenti, quali conseguenze distruttive avrebbe già procurato. “E qui mi fermo. Lasciando che le rabbiose lacrime scendano ancora. 
                                    


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