di FRANCO CIMINO
Le nostre decisioni in quest’ultimo anno( la guerra, ndr) hanno già cambiato il Medio Oriente. Con il presidente Trump lavoreremo insieme per mantenere questo nuovo equilibrio attraverso la forza ( la distruzione materiale e i massacri a Gaza e oltre, ndr)” . Mi dispiace smentire qualche sciocco trumpiano più trumpiano, quindi più stupido e folle, degli agguerriti trumpiani ufficiali e di Trump stesso. Israele ha fatto un lavoro a tappeto su commissione americana. Ovvero, nell’intento di fargli un piacere anche se non richiesto, per il predomino USA sull’intera area mediorientale, ai fini di un rafforzamento della sua posizione sul nuovo scacchiere mondiale. La situazione favorevole é stata offerta, mai come questa volta, dal disinteresse della Cina, che non ritiene ancora quell’area commercialmente appetibile, dalla debolezza della Russia, stupidamente portata da Putin a una guerra lunga e di sfinimento in Ucraina, dalla debolezza dei governi islamisti, dal fallimento dell’ideologia panaraba e “panmussulmana” dalla debolezza ormai cronica dell’Europa ferma alla sua vecchia stazione dei nazionalismi e dei sovranismi e degli egoismi degl Stati nazionali.
Il nuovo presidente statunitense arriva al momento giusto per dare più corpo a questa ideologia. La sua propaganda “ prima gli americani” , che sembrava essere “ prima gli americani in America” , ha scoperto le carte. “L’America prima nel mondo, a dettare le linee e i nuovi comandamenti, minacciando e lusingando tutti, premiando e punendo stati e governi, una volta considerati alleati, oggi invece colonie quando non vassalli davanti al palazzo dell’imperatore. Infatti, c’è già una lunga fila davanti ai cancelli della Casa Bianca. É tanto lunga da mettere in seconda fila quei capi di governo che erano andati nella sua residenza privata di Mar-a-Lago, a Palm Beac, nella speranza mutuata dal detto italico “chi prima arriva prima alloggia.” Adesso la corsa é per tutti faticosa. Anche se le simpatie diversificate del presidente autocrate si ritiene decidano della forza e del successo dei leader nazionali. Comunque, la partita si gioca ancora sul primo che parte, il primo che chiama, il primo che sarà chiamato da Trump. L’Inghilterra già si è mossa. É di stamattina la decisione del traballante premier inglese, quasi abbattuto dai colpi di Musk, di non seguire i provvedimenti che prenderà l’Europa di Macron e della Von der Leyen in risposta ai dazi che il nuovo governo statunitense vorrebbe imporre ai nostri paesi.
É Trump, infatti, che decide l’agenda internazionale e delle nazioni. Su ogni campo. Quello economico, il primo che muoverà tutti gli altri. Le sue ripetute contraddittorie dichiarazioni proprio sui sui tassi “ alle dogane”, ne é la conferma. É evidente che non saranno applicati, almeno secondo le prime dichiarazioni della ininterrotta campagna elettorale. Ciononostante tutti li temono. Troppo deboli gli Stati che marciano da soli, troppo fragili le loro economie, leggere le loro singole leadership. Trump lo sa! E li agita, quei dati, una volta come una minaccia, pesante e aggressiva. Di più quella nei confronti di Messico e Canada. Un po’ come promessa premiale. E sempre che facciano i buoni, si allineino a quella prepotenza, ne accettino la totale supremazia . E si dispongano quali strumenti a disposizione dell’altra strategia, strumentale alla nuova ideologia della superpotenza assoluta. É la divisione tra Stati e nazioni. É la rottura di ogni processo di unificazione di popoli e territori. É l’interruzione del cammino difficile e contraddittorio verso la vera unità dell’Europa. La realtà politica nuova, intesa come istituzione unitaria e “ serena potenza” mondiale per la costruzione di nuovi equilibri fondati sulla pari dignità dei popoli, sull’eguaglianza delle condizioni per il riscatto di antiche povertà e di storiche umiliazioni. E la loro partecipazione alla costruzione della ricchezza universale. L’Europa, con gli altri alla pari, per la Pace. Quella vera, in cui ricchezza si coniughi a eguaglianza, democrazia formale a libertà sostanziale, i popoli alle loro terre.
E questi due insieme, terra e popolo, al proprio Stato, che li comprenda. E che sia libero, autonomo, indipendente, sovrano. Tutelato dal Diritto internazionale rispetto alle mire predatorie di chi voglia occuparli con la forza militare per annetterli a una realtà già minacciosa per quelli e per il mondo intero. Quel Diritto internazionale che proclama il mondo quale unica terra. Di tutti e per tutti. Dove i confini siano solo segni geografici sulla carta, non muri e recinti spinati per impedire il libero accesso dei cittadini del mondo. E dove il mare non appartenga a questo e a quel potente, che vi padroneggia perché possiede il potere della forza, anche navale. Quel mare che non bagni più quelle coste dove l’umanità sofferente venga scacciata e spinta dall’altra parte, dove con i soldi della Pace vengono costruiti lager durissimi . E prigioni orribili in cui , con uomini e donne e bambini seviziati, stuprati, violati, feriti, uccisi, é incatenata l’umanità, la dignità umana, il senso stesso della vita. E quel che ancora resta dello spirito del mondo. E del suo posto nell’universo, ora che il suo primo cielo è occupato da missili e satelliti in attesa che diventi l’ultimo campo dell’ultima guerra tra gli uomini, che uccidono l’unica razza riconosciuta anche dal Diritto Internazionale, la razza umana. É inutile girarci attorno, questo sta già accadendo. Quello scenario appena sopra disegnato sta per diventare il nuovo assetto dei poteri e del pianeta. Non è un caso che il primo capo di governo ricevuto a Washington, e proprio oggi, a quest’ora della sera europea, è Benjamin Netanyahu, l’accusato più importante di crimini di guerra e contro l’umanità, da parte della Corte Penale Internazionale. Su di lui pende un mandato di cattura internazionale. L’Italia, patria del Diritto e sede della Chiesa di Roma, ha già dichiarato di volerlo ricevere. Il mondo è già cambiato. Si parte sempre dalla violazione del Diritto. Poi, si continua con la cancellazione dei diritti. Tutti. Via via si arriva a imporre una nuova idea di libertà e della democrazia. La libertà di prendere, chi ne ha la forza fisica, ciò che vuole e dove vuole. La democrazia del dominio dei pochi sui molti. Dei potenti, pochissimi, sulla quasi totalità dei popoli e dell’umanità. E oggi Francesco, il Papa, ha pianto di parole dolenti sulla drammatica sorte di milioni di bambini violati e sfruttati e uccisi dalle guerre di tutti i giorni. Guerre armate e bombardate. E guerre della povertà affamata dalla fame del pane e dell’acqua.
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