di FRANCO CIMINO
Prima o poi questa schifosa guerra finirà. Finiranno prima o poi le due più vergognose in quanto più seguite dalla pubblica opinione mondiale. Guerre meno vergognose, però, di quelle dimenticate perché prive di interesse politico ed economico di chi le guerre consente e sostiene per accumulare altra ricchezza. Prima o poi la guerra finirà. Finirà perché la guerra ha cessato di essere guerra. La guerra è, per definizione, la distruzione di case e cose. La rovina di terre, dell’acqua e dei fiumi. Abbattimento di strutture e prospettive. È la morte di milioni, migliaia, centinaia, decine, di persone. Anche di una sola persona! La guerra prima o poi finirà, perché avrà perso il suo lavoro sporco. Non ci sarà più nulla da abbattere, niente più da distruggere. Nessun’altra vita umana da uccidere.
Nessun altro corpo vivo da trucidare. La guerra, prima o poi finirà, perché non avrà più nulla da fare, se non seminare, negli stessi campi di grano bruciati, l’odio feroce che preparerà nuove guerre. Ma, intanto, la guerra, prima o poi, finirà. Il dramma ulteriore, che si sta consumando oggi, davanti a terra rovinate, a territori bruciati, a città abbattute, alle immagini di donne e bambini che si ammucchiano disperati davanti a quei tavoli improvvisati dai quali viene distribuito il poco cibo, che autentici criminali e governanti disumani consentono, ovvero non hanno potuto impedire, di giungere in quelle zone di lutto e di dolore. In particolare, nell’irriconoscibile Striscia di Gaza. La vergogna, cioè, più pesante del mondo, correo, in quella parte ancora distratta e indifferente, e in quell’altra chiusa nel proprio egoismo, per tutto ciò che in quell’inferno sta accadendo. Il dramma di oggi è nella congiunzione che separa il prima dal poi. In questo invisibile spazio c’è il tempo, quest’ultimo fatto già di tre mesi passati da quando è stata annunciata la tregua, nel quale si calcola siano state uccise alcune migliaia di esseri umani.
E c’è il prossimo, ancora di settimane e giorni, ma fosse soltanto uno, in cui saranno uccise alle migliaia di persone. Centinaia, forse. Una soltanto, magari. Un tempo criminale che ci vedrà tutti corresponsabili, nel quale si consumerà un’altra barbarie. La più acuta perché tra bombardamenti e mitragliate e cannonate, e acqua e cibo e medicine fatte volutamente mancare, saranno ammazzate tante altre persone.
Esseri umani innocenti, colpevoli solo di essere nati nella loro terra. Più colpevoli ancora, di non volerla abbandonare. Più colpevoli di voler costruire nella quella propria terra uno Stato che possa essere autonomo, libero, sicuro, indipendente. Quanto altro dolore ancora, quanto altro sangue a fiumi ancora, quante altre lacrime a fiumi ancora, quante altre grida di madre e di bambini ancora, devono scorrere per potersi dire, gli assassini di mestiere, i torturatori del potere, i ladri di terre e di speranze, sazi per il rigonfiamento della loro ingordigia? Quanto tempo dovrà separare quel prima dal poi? In questa sporca lurida guerra che i potenti dicono finirà. Prima o poi.
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