Clelia Giovanna Li Gotti: "Manipolazione psicologica e gaslighting"

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Clelia Giovanna Li Gotti
  24 maggio 2025 12:26

di CLELIA GIOVANNA LI GOTTI 

La manipolazione psicologica, intesa come strumento per sfruttare l’altro al fine di ottenere da lui una serie di vantaggi per lo più relazionali, può avere infinite sfumature. Talvolta, le conseguenze sono gravi o gravissime per chi subisce la manipolazione, tanto da minarne l’identità e l’equilibrio emotivo. Altre volte, invece, la manipolazione affettiva all’interno di una relazione può rivelarsi addirittura funzionale al benessere degli individui o della relazione stessa.  La manipolazione psicologica può manifestarsi come modalità transitoria in contesti relazionali ambigui, sospesi o in evoluzione. La manipolazione psicologica può presentarsi in tutte quelle relazioni in cui si assiste ad un disequilibrio tra le parti. La manipolazione benigna e maligna.  La manipolazione, però, può anche avere caratteristiche più “maligne”. Per comprendere la manipolazione psicologica e i suoi effetti può essere infatti utile immaginare una linea continua, compresa tra due estremi. Tra questi si declinano le diverse forme di manipolazione relazionale, da quelle innocue o addirittura benevole (“benigne”) a quelle, invece, perverse (“maligne”).  La polarità delle “manipolazioni benigne” include tutti quei comportamenti, atteggiamenti e comunicazioni che, pur distorcendo realtà e informazioni, hanno lo scopo di suscitare nell’altro emozioni positive, o di proteggerlo in una situazione di fragilità.  La polarità opposta, ovvero la manipolazione “maligna”, è rappresentata dal cosiddetto gaslighting. 

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In un influente articolo intitolato Some Clinical Consequences of Introjection: Gaslighting, gli gli psicologi argomentano come il gaslighting coinvolga la proiezione e l'introiezione dei conflitti psichici   del maltrattante sul maltrattato: "questa imposizione è basata su un tipo molto particolare di transfert .. di conflitti mentali dolorosi e potenzialmente dolorosi". Neologismo introdotto dagli psicologi americani per designare la più alta gradazione di crudeltà, machiavellismo patologico, ricatto emotivo e violenza relazionale. Il termine è ispirato al film Gas Light del 1944. Il gaslighting è caratterizzato da azioni consapevoli e calcolate, mirate a confondere la percezione della vittima e a demolire la sua autostima con calunnie diffamatorie  ( per es. violenze verbali, minacce, umiliazioni, insulti). Ciò in modo da imporre una sudditanza psicologica, con lo scopo primario di ricavare vantaggi a suo discapito.  Il manipolatore “maligno”, o gaslighter, non manifesta empatia per la propria vittima, né si ferma davanti alle drammatiche conseguenze delle proprie azioni. Talvolta neppure quando l’altro perde il controllo, fino a credersi pazzo, fino a percepire come disintegrata la propria identità.  Gli attacchi molto spesso sono subdoli, sotto-traccia, non palesemente riconoscibili né dalla vittima, né tantomeno da chi le sta intorno. Altre volte sono esplosivi e aggressivi e si servono della svalutazione progressiva e del condizionamento. Un’alternanza martellante, tale da destabilizzare anche le identità più strutturate.  Per raggiungere l’obiettivo di svalutare progressivamente la propria vittima, inizialmente il manipolatore  “maligno” utilizza una leggera ironia (ad es., sulla forma fisica o sul modo di vestire, di parlare, ecc.).  Poi mira a criticare sempre meno velatamente abitudini, preferenze, tratti del carattere, amici e familiari della vittima.  Infine, si dedica accuratamente e impietosamente all’insinuare dubbi sulla moralità dell’altro, sulla sua lealtà, intelligenza, onestà. Colpisce uno a uno, come birilli umani, tutti i suoi punti di riferimento affettivi per condurla progressivamente all’isolamento, talvolta totale.   La vittima del gaslighter, spesso, non lascerà che lui/lei scenda in campo, e devasterà da sola i legami residui. Questi infatti, per via della manipolazione mentale, le appariranno come ostacoli da rimuovere per conquistare la “terra promessa” dal suo carnefice.  Il silenzio, invece, è la punizione estrema, la strategia preferita per eccellenza del manipolatore “maligno”. Essa consiste nel disconoscimento totale dell’altro, in seguito a quelle che il carnefice definisce come lievissime incongruenze alle proprie pretese.  Svalutazione progressiva, condizionamento psicologico e silenzio inquadrano la manipolazione “maligna” nella sua forma estrema del gaslighting. Allo stesso tempo, identificano nel narcisimo patologico e nella sociopatia i tratti personologici prevalenti del persecutore.  Conoscere ed imparare a esplorare il continuum della manipolazione, compreso tra una polarità “benigna” e una “maligna” del gaslighting può aiutarci a chiarire le differenze tra le varie caratteristiche di personalità dei manipolatori. Una più precisa comprensione delle dinamiche innescate dalle diverse tipologie di manipolazione può infatti favorire lo sviluppo di trattamenti psicoterapeutici ancora più mirati e supportare le vittime nel processo di svincolo e di ripresa da una relazione disfunzionale in tempi più brevi.

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