
In un momento in cui il sistema penitenziario italiano è al centro di un acceso dibattito, le parole di Samuele Ciambriello, Portavoce della Conferenza Nazionale dei Garanti Territoriali, ci spingono a riflettere profondamente sulle recenti circolari del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Queste direttive, a firma del Capo DAP Stefano Carmine De Michele e del Direttore Generale Detenuti e Trattamento Ernesto Napolillo, sembrano segnare un ritorno a una visione "carcerocentrica", contrapponendosi ai progressi cercati negli anni precedenti in termini di inclusione e reinserimento sociale.
Luciano Giacobbe, Garante dei Diritti dei Detenuti del Comune di Catanzaro, si unisce a questo appello, sottolineando la necessità urgente di una revisione critica delle politiche carcerarie. "Le circolari in discussione mostrano chiaramente una scarsa comprensione della realtà vissuta nei nostri penitenziari", afferma Giacobbe. La mancanza di attenzione alle dinamiche interne delle carceri, e l'evidente riduzione delle opportunità di inclusione sociale, sollevano interrogativi vitali sul futuro del sistema carcere-giustizia in Italia.
Giacobbe condivide la preoccupazione espressa da Ciambriello riguardo al rischio che queste circolari possano soffocare iniziative vitali messe in atto da cooperative, associazioni ed enti locali. In un contesto in cui il circuito di Alta Sicurezza sembra essere trattato con maggiore rigidità e scarsa flessibilità, il Garante di Catanzaro evidenzia che i direttori penitenziari non possono diventare semplici gestori di amministrazione; essi hanno il compito essenziale di mediare tra sicurezza e diritto alla rieducazione, un principio fondamentale sancito dalla nostra Costituzione.
In un'epoca in cui la società italiana si trova a dover affrontare temi complessi come i suicidi, il sovraffollamento carcerario, le emergenze sanitarie e il benessere mentale dei detenuti, è fondamentale riaprire il dibattito sulla necessità di una riforma profonda del sistema penitenziario. Giacobbe rilancia il messaggio di Ciambriello: "Non possiamo permettere che, invece di evolverci, regrediamo verso un modello che riduce il carcere a un luogo di esclusione piuttosto che di recupero".
La proposta è chiara: è il momento di tornare a discutere di un sistema basato sulla "sorveglianza dinamica", capace di promuovere attività lavorative, ricreative e trattamentali, essenziali per il reinserimento delle persone detenute.
In questi anni, afferma Giacobbe, la Politica ha perso tante opportunità per realizzare riforme rimaste inapplicate e ora è giunto il momento di riprendere il cammino verso una giustizia che sia soprattutto rieducativa.
Concludendo, Luciano Giacobbe invita tutti gli attori coinvolti — istituzioni, associazioni e la comunità — a unirsi in questo sforzo per un sistema penitenziario più umano e giusto, ricordando che il vero obiettivo deve essere sempre quello di "rieducare" e non solo di "vigilare". La riforma del carcere è un tema che riguarda non solo i detenuti, ma la società nel suo complesso.
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