di MARCO VALLONE
Come si impiegano i beni confiscati alla criminalità organizzata? Ci si riferisce, in Calabria, a 3650 beni confiscati. 3003 sono stati già trasferiti agli enti locali: 453 mantenuti al patrimonio dello Stato e 1822 ancora in gestione per iter giudiziario. Ne si è discusso questa mattina, presso la Cittadella regionale a Catanzaro, durante la seconda conferenza nazionale sui “Beni confiscati e politiche di sicurezza urbana”, promossa dalla regione Calabria con il supporto del Dipartimento Transizione Digitale e Attività strategiche – settore beni confiscati e l'assessorato delegato al tema, che al vertice vede impegnato il vicepresidente della giunta regionale Filippo Pietropaolo.
Il Piano di settore della regione Calabria, approvato nell'ottobre del 2024, concentra la propria attenzione su quali siano le modalità migliori per restituire i beni confiscati alla collettività, con l'incentivazione di azioni di recupero sistematiche e strutturate sul territorio capaci di garantire la gestione del bene. In questo senso il presidente della giunta regionale, Roberto Occhiuto, ha fatto presente come si sia deciso di “investire copiose risorse. Nel nostro piano prevediamo investimenti per circa 45 milioni per l'utilizzo e il recupero dei beni confiscati alle mafie, attraverso il contributo dei comuni. Abbiamo previsto anche delle procedure che rendono più semplice questo utilizzo, perché spesso molte di queste iniziative sono state frenate da un eccesso di burocrazia. Alcune risorse che abbiamo deciso di impiegare le abbiamo investite per costituire dei presidi di sicurezza e di legalità”. Il riutilizzo dei beni confiscati alla mafia è stato ad esempio destinato, in alcuni casi, alla ristrutturazione di alcune caserme dei carabinieri.
Roberto Occhiuto si è soffermato inoltre su quello che, nel suo pensiero, sarebbe il maggior danno fatto alla Regione da parte dei poteri mafiosi: è il “danno antropologico. Oggi noi paghiamo un prezzo altissimo: io sono quotidianamente impegnato in attività di attrazione di investimenti da parte di imprese nazionali e multinazionali, e posso dire che c'è un profondo pregiudizio in ordine alla possibilità di investire in Calabria. E invece gli investimenti in Calabria oggi sono quelli più sicuri”. Il presidente della giunta regionale calabrese ha definito come “spot terribile” quello che “la 'ndrangheta ha prodotto nella nostra regione, perché ha convinto molti che in Calabria non sia possibile investire. A volte questo è diventato anche un alibi per chi ha avuto la responsabilità di governare e ha governato la Calabria, sulla base dell'idea che in Calabria nulla si potesse fare a causa della 'ndrangheta. Ma si dimentica che chi governa, e svolge funzioni apicali nella pubblica amministrazione, ha un modo per lottare concretamente contro la 'ndrangheta: non è quello di parlarne, ma è quello di operare costruendo condizioni di sviluppo per quanto possibile, e costruendo condizioni per rendere più trasparente la pubblica amministrazione”.
“Oggi succede che – è il pensiero di Occhiuto – la 'ndrangheta investe molto di più in altre regioni. In molte regioni del nord e d'Europa. Però noi paghiamo un danno in termini reputazionali. Eppure, proprio in ragione del fatto che qui c'è un controllo molto stringente da parte delle forze di polizia e della magistratura, per la 'ndrangheta oggi è diventato più sconveniente investire in Calabria rispetto all'investimento che invece può fare in altre regioni”. La conferenza di oggi è importante invece, secondo il vicepresidente Filippo Pietropaolo, “perché riteniamo che sia importante annualmente confrontarsi con le esperienze delle altre regioni. La nostra regione si sta mettendo al passo con le altre regioni, soprattutto quelle del sud, per l'utilizzo in maniera corretta di questi beni confiscati”.
Il sottosegretario di Stato al ministero dell'interno Wanda Ferro ha, da parte sua, evidenziato come la Calabria sia stata “antesignana rispetto anche al protocollo che è stato firmato nel 2023 dal presidente Occhiuto e dal ministro Piantedosi, rispetto al riutilizzo ma anche a tutta quella partita per affiancare gli enti locali nella gestione e nella ristrutturazione, oltre che per la demolizione in altri casi. Auspichiamo anche che altri modelli, attraverso l'interazione con la magistratura, possano prevedere la destinazione dei beni già al momento del sequestro, senza aspettare la confisca definitiva. Questo è avvenuto attraverso un polo logistico della protezione civile a Parma, attraverso una sede della croce rossa. Tanto si sta facendo, e ringrazio l'assessore Pietropaolo per aver organizzato questa giornata dove si è parlato in prima battuta dei beni confiscati e poi del disagio giovanile. E' uno Stato presente che sta legiferando, che sta mettendo norme importanti anche nel pacchetto sicurezza per quanto riguarda i beni confiscati. Dal punto di vista delle aziende verranno cancellate a monte quelle tante scatole vuote utilizzate soltanto per fatturazioni varie ed eventuali, e i locali abusivi dovranno essere dichiarati all'inizio, e quindi al momento del sequestro, per comprendere se c'è una sanabilità e quindi una strada privilegiata rispetto agli enti comunali. Oppure se si debba procedere alla demolizione. In più c'è un nuovo tavolo che stiamo facendo per quanto riguarda la partita dei beni confiscati all'interno delle aree Zes: bisogna vagliare se si possono applicare – ha affermato Wanda Ferro – le stesse procedure di semplificazione per mettere in condizione quel 5% di aziende salvabili di poter ripartire attraverso un mercato libero e soprattutto onesto”.
Maria Rosaria Laganà, direttore dell'agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, si è soffermata su alcuni degli strumenti per rendere maggiormente efficiente il riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati: “Intanto abbiamo la piattaforma unica delle destinazioni. Abbiamo cercato non soltanto di velocizzare il processo di destinazione, ma anche di dare ulteriore trasparenza. C'è una sorta di vetrina continua per cui, man mano che un bene si rende concretamente destinabile, i soggetti che sono accreditati sulla piattaforma ( che in base al codice antimafia possono essere destinatari di beni) possano prenotare questo bene. Quindi si stanno perfezionando quelle che sono delle procedure interne, informatizzando quelle che sono le procedure per realizzare questa velocizzazione. Abbiamo poi – ha spiegato Laganà – interlocuzioni con vari soggetti che possono aiutare a superare quelle che sono le difficoltà che spesso caratterizzano i beni. Abbiamo firmato una convenzione con l'Agenzia del demanio che ci aiuta anche nella risoluzione di problematiche relative a beni gravati da abusi. Abbiamo poi interlocuzioni col commissario che si occupa della Zes per cercare di poter beneficiare anche di quelle che sono accelerazioni procedurali che valgono appunto per le Zes. E, più in generale, a livello normativo, sono stati introdotti alcuni emendamenti: sono all'esame del Senato nel pacchetto sicurezza. Ad esempio per quel che riguarda la possibilità di comprendere, sulla base delle valutazione delle aziende già nella fase del sequestro, se un'azienda che sta sul mercato riesce a stare sul mercato oppure se sia il caso di decretarne al più presto la fine, evitando che ci siano delle dispersioni di risorse, creando piuttosto un contesto favorevole alla introduzione di aziende che invece siano sane e abbiano prospettive di lavoro legale e concrete”.
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