
di M. CLAUDIA CONIDI RIDOLA *
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38403 del 26 novembre 2025, ha stabilito in maniera inequivocabile che le condotte degli insegnanti che consistono in urla reiterate, isolamento dei bambini, punizioni ingiustificate o contatti fisici non necessari configurano il reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p., anche quando si verificano in ambito scolastico e non familiare. La Corte ha precisato che non è necessario provare un intento specifico di nuocere: è sufficiente la consapevolezza che tali comportamenti possano provocare sofferenza fisica o psicologica nei minori e che gli effetti sui bambini, come cambiamenti comportamentali, rifiuto della scuola, disturbi del sonno o ansia, costituiscono elementi determinanti per la configurazione del reato. Questo pronunciamento segna un punto fermo nella tutela dei diritti dei minori e nel delineare i confini della disciplina scolastica, chiarendo che ciò che un tempo era considerato “normalmente educativo” può oggi configurarsi come reato. Ricordiamo tutti le scuole di una volta, quando ricevere una bacchettata sulla mano, essere messi faccia al muro, minacciati con note che sarebbero arrivate a casa o costretti a stare in piedi fuori dall’aula erano punizioni comuni, esperienze che segnano la memoria di molti adulti oggi; comportamenti che allora erano accettati come parte della disciplina, oggi sono vietati dalla legge e penalmente rilevanti. Tuttavia, la realtà contemporanea ci presenta nuove sfide: gli studenti non sono più quelli di una volta, spesso manifestano atteggiamenti sfacciati o minacciosi, rendendo la gestione della classe più complessa; alcuni insegnanti, temendo che l’inerzia possa degenerare in comportamenti pericolosi o disturbanti, adottano strategie più restrittive o repressive che rischiano di superare i limiti legali e diventare oggetto di procedimenti penali. Questo contesto rende evidente la necessità di strumenti di tutela e trasparenza che possano bilanciare i diritti dei minori a vivere serenamente la scuola con la protezione del personale docente: l’adozione di sistemi di videosorveglianza, ad esempio, potrebbe consentire di documentare le interazioni in classe e valutare correttamente il contesto in cui avvengono le condotte, evitando interpretazioni soggettive e tutelando tutti gli attori coinvolti. La sentenza della Cassazione ci insegna quindi che disciplina e ordine non possono essere raggiunti attraverso comportamenti vessatori o reiterati di maltrattamento, ma impone di costruire una scuola equilibrata, dove il rispetto dei diritti dei bambini si concilia con la possibilità per gli insegnanti di svolgere il proprio ruolo con autorevolezza e sicurezza, garantendo un ambiente educativo sicuro, corretto e moderno.
E la scuola è la prima società ,dopo la famiglia,che dovrebbe insegnare in primis a vivere ,ma anche a capire cosa significa "rispetto " delle regole e dunque della dignità propria e del prossimo,sia pur in un contesto,a volte, di reciproca "tolleranza".
*Avvocato
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