di NICOLA COPPOLETTA*
Ci sarebbe voluto ancora molto tempo per arrivare al 25 Aprile del 1945 giorno della liberazione dell'Italia, ma già la sera dell'8 settembre 1943, subito dopo l'annuncio dell'armistizio proclamato dal generale Badoglio, a Cefalonia e Corfù ci furono scene di giubilo da parte dei soldati della Divisione Acqui, i quali insieme alla popolazione greca festeggiarono la tanto agognata fine della guerra e il conseguente ritorno in patria.
Purtroppo non fu così, in quanto i tedeschi che già avevano saputo dell'accordo dell'Italia firmato a Cassibile con gli anglo-americani, fin da subito pretesero la consegna delle armi della divisione italiana.
Dopo lunghe trattative, la stessa divisione Acqui decise, attraverso un referendum indetto dal proprio comandante, gen. Gandin di non consegnare le armi. Seguirono sette giorni di combattimenti, che stante la schiacciante superiorità delle forze aeree tedesche, vide la resa delle nostre truppe.
Subito dopo seguirono i rastrellamenti dei nostri militari da parte dell'esercito regolare tedesco, che su preciso ordine di Hitler vennero fucilati in massa.Si consumò così uno dei più orribili massacri che la storia militare ricordi, in spregio ad ogni convezione internazionale. Dei 12.000 soldati, sottoufficiali e ufficiali della divisione pochi fortunati riuscirono a tornare alle proprie famiglie, in quanto tanti altri trovarono la morte in mare durante il trasporto verso il continente, altri perirono nei vari campi di internamento dove furono deportati. Come ebbe a dire il presidente Azeglio Ciampi, quello della divisione Acqui fu il primo atto di resistenza alla barbarie nazi-fascista.
I calabresi che lasciarono la vita a Cefalonia e Corfù furono oltre 200. Di tutto questo, solo nel 1994 è stato possibile sapere, a seguito della scoperta del famoso “armadio della vergogna” che fu ritrovato durante un'indagine giornalistica con le ante rivolte verso il muro, occultando così tante stragi avvenute in Italia durante l'ultimo conflitto mondiale, da parte dei nazi-fascisti e di cui nessuno ha mai pagato le conseguenze.
Tutto quello che avvenne nelle Isole Ionie conferma quanto era forte il desiderio di libertà di quei ragazzi, che immolarono per essa la loro stessa vita. Ecco perché il 25 Aprile deve continuare a testimoniare il sacrificio di quanti lottarono per la libertà e la giustizia, che furono i principi fondanti della nostra costituzione repubblicana. Ad essi il nostro ricordo perenne, che sia di esempio alle nuove generazioni, soprattutto in questo triste momento che vede il riaffacciarsi di conflitti, prevaricazioni e violenze purtroppo mai sopite.
*Presidente Associazione Nazionale Acqui Sez. Calab
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