
Nonostante quella cartella esattoriale fosse stata già annullata dai giudici poiché illegittima, l’Agenzia delle entrate di Cosenza pretendeva ugualmente la corresponsione della somma asseritamente dovuta da un utente e per questo gli aveva notificato una intimazione di pagamento. Somma, nello specifico, relativa ad un bollo auto dell’anno 2015. Avverso quella intimazione, l’utente, tramite gli avvocati Marcello Rubino e Flaviana Murone, ha impugnato l’intimazione di pagamento davanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Cosenza che ha ritenuto fondate le motivazioni dell’utente annullando l’intimazione, ma allo steso tempo ha anche condannato l’Agenzia delle entrate riscossione per lite temeraria.
Nel corso del giudizio i difensori hanno provato che la cartella esattoriale emessa da Agenzia delle entrate riscossione era già stata annullata dalla stessa Corte tributaria nel 2022 ed hanno sostenuto, pertanto, che l’intimazione di pagamento non costituisse titolo esecutivo da poter opporre all’utente. Il legale dell’Agenzia delle entrate, dal canto suo, aveva eccepito che quella sentenza non fosse ancora passata in giudicato ma anche in questo caso i difensori dell’utente hanno dimostrato il contrario depositando certificazione di passaggio in giudicato della sentenza.
Il giudice Giuseppina D’Ingianna, a quel punto, ha concluso che “l’intimazione di pagamento non doveva essere notificata, stante l’inesistenza del titolo esecutivo su cui si basa” ovvero la cartella esattoriale annullata, “essa, dunque, è illegittima e, pertanto, viene annullata”. Il giudice della Corte tributaria, inoltre, ha ritenuto che “il comportamento processuale della parte resistente integri gli estremi della lite temeraria, poiché vi è in atti la prova che l’atto presupposto (cartella di pagamento) era stato annullato prima ancora della notifica dell’intimazione di pagamento. Ciononostante, il concessionario - lo stesso che aveva formato e notificato l’atto presupposto - ha resistito in giudizio, mentre avrebbe dovuto annullare, in modo autonomo ed in autotutela, l’atto illegittimo”. Da qui la condanna dell’Agenzia delle entrate riscossione di Cosenza al risarcimento del danno nei confronti dell’utente oltre che al pagamento delle spese di giudizio.
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