Dalla Repubblica Ceca con amore: Manuel Rotundo dedica una canzone alla “sua” Catanzaro

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  04 luglio 2025 14:45

Un grido d’amore, una carezza nostalgica, una preghiera in musica. Così si potrebbe definire Catanzaro”, la canzone scritta da Manuel Rotundo, 35 anni, catanzarese di origine ma residente da oltre un decennio in Repubblica Ceca. Un atto di appartenenza, una dichiarazione d’identità, un legame mai spezzato con la propria città.

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«Mi sono trasferito qui undici anni fa» racconta Rotundo, che oggi vive a circa due ore da Praga con la moglie ceca e i loro figli. «Ma torno spesso in Calabria: due o tre volte l’anno. A Pasqua, a Natale, e quest’estate sarò giù per le vacanze», aggiunge con il tono affettuoso di chi non ha mai davvero lasciato casa.

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L’idea del brano è nata otto anni fa, quando la nostalgia iniziava a farsi sentire: «Dopo due o tre anni lontano da Catanzaro, ho cominciato a sentire la mancanza della famiglia, del mare, dell’aria, del vento… tutte quelle sensazioni che, vivendo all’estero, si perdono», spiega. Inizialmente, si trattava di una semplice poesia, quasi una preghiera alla sua terra. Poi è arrivata la musica, la chitarra, qualche accordo, e quel testo è diventato canzone.

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Il progetto ha preso forma solo recentemente: «Quest’anno, grazie a qualche risorsa personale, ho deciso di investire per produrla davvero», dichiara. Fondamentale, in questa fase, l’aiuto di Giosuè Carioti, musicista e tecnico del suono catanzarese, che ha curato arrangiamenti e mastering, oltre a realizzare il videoclip.

Carioti è lo stesso che aveva affiancato Rotundo anche nel suo primo disco, composto da cinque brani, alcuni dedicati alla famiglia e ai figli. Ma “Catanzaro” è un progetto diverso, speciale, più intimo. Un omaggio alla città, alla sua squadra di calcio, ai ragazzi che come lui sono partiti in cerca di un futuro migliore.

Rotundo ammette di aver pubblicato il brano solo ora perché si sentiva finalmente pronto. «Forse è stata una sensazione, forse il confronto con mia moglie. È stata lei, in realtà, a dirmi: ‘Perché non ci trasferiamo a Catanzaro?’. È stata lei a mettermi la famosa “pulce nell’orecchio”», confida.

Un’idea che per anni aveva sempre respinto, forte della stabilità conquistata in Repubblica Ceca. «Sanità, scuole, lavoro… funziona tutto. Perché dovrei tornare?», si chiedeva. Ma ora, da imprenditore, con un lavoro che gli permette di muoversi, l’ipotesi è tornata ad avere un senso.

L’amore per la propria terra, Rotundo è riuscito a trasmetterlo anche alla sua famiglia: «Mia figlia parla anche in dialetto, dice sorridendo. Mia moglie ogni tanto mischia l’italiano al dialetto. Quando scendiamo, le capita di dire “ma che conti?” o “fuja” invece di “corri”. Sentirlo dire da lei, che non è italiana, è bellissimo».

Lontano da qualsiasi ambizione di successo, Manuel si dice già pienamente realizzato: «Ho 35-36 anni, una famiglia meravigliosa, un lavoro. Non punto alla fama. Nella vita siamo sereni, non dobbiamo dare conto a nessuno. Perché voler essere famosi?»

La musica resta una passione viva, anche se il tempo per coltivarla è poco: «Tra lavoro, famiglia e impegni, non riesco a fare tutto». Tuttavia, nuovi brani sono già scritti, pronti a prendere vita quando il tempo lo permetterà.

Rotundo racconta anche di aver inviato la canzone al presidente del Catanzaro, Floriano Noto, in occasione del suo compleanno: «Gli ho fatto gli auguri mandandogli il video. Gli ho scritto: “Presidente, il mio sogno è che questa canzone diventi l’inno dello stadio”», rivela.

Attualmente, la squadra ha un inno “storico” ma datato. «Questa canzone gliel’ho regalata. Il mio desiderio è sentirla ogni domenica allo stadio», dichiara con emozione. «Perché dentro c’è un sentimento vero. C’è un verso dedicato allo stadio, e gli altri due alla città. E la parte rappata in dialetto è un grido d’amore», conclude.

“Catanzaro”, alla fine, è questo: una canzone scritta lontano, ma con il cuore sempre a casa. È per chi è partito, per chi è rimasto, per chi sogna di tornare. È un ponte tra mondi, una voce che lega passato e futuro.

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