di PAOLO CRISTOFARO
Un tema delicato e importante quello affrontato questo pomeriggio dai relatori della conferenza, organizzata da "Open Catanzaro", che si è tenuta presso il Cremino di Catanzaro Lido, dedicata all'eutanasia e ai nuovi scenari aperti della sentenza della Corte Costituzionale sull'aiuto al suicidio. Un dibattito profondo per il quale, sicuramente, un articolo di giornale non basta, se non a dare un'idea a grandi linee. Al tavolo, insieme a Nunzio Belcaro - che ha moderato - e a Sebastian Ciancio, avvocato penalista, anche il professore Tullio Barni, ordinario di Anatomia all'Università Magna Graecia di Catanzaro e Pasquale Giustiniani del direttivo CIRB. Parole chiave dell'incontro sono state "dignità" e "libertà".
Si può scegliere di morire con dignità e in piena libertà? Primo intervento, dopo l'introduzione di Belcaro, è stato quello di Sebastian Ciancio, che ha analizzato le questioni giuridiche legate al problema. Un buco nella legislazione è la cosa che immediatamente salta all'occhio. Manca la tanto attesa legge sull'eutanasia, che possa regolamentare e stabilire quali siano i casi nei quali - senza incorrere in reati penali - si possa porre fine all'esistenza di un individuo che, in piena libertà, sceglie di morire con dignità, di non soffrire più, di decidere autonomamente di porre fine a situazioni irreversibili.
Intervento successivo è stato quello di Giustiniani, con un'ampia riflessione sul fine-vita e sulle delicate problematiche annesse. "Bisogna parlare di bioetica senza aggettivi, per non legarla alle religioni, alla politica, ai partiti, alle aree geografiche" ha detto. "E' essenziale lasciare l'autonomia di scelta ai singoli, magari supportati da micro-contesti - chiesa, scuole, famiglie, medici curanti - a contatto diretto con la persona e con scelte diverse da caso a caso". L'intervento ha lasciato trasparire una certa propensione per un'ampia libertà in tal senso.
Sicuramente più razionale e laica la visione di Tullio Barni. "Mettersi ad un tavolo e discutere di come e quando garantire la libertà di morire a qualcuno è possibile, salvo nei casi in cui - magari per motivi di fede - si è impossibilitati a confrontarsi sul tema. Ad un credente convinto come si può far cambiare idea su qualcosa che per lui rappresenterebbe un peccato intollerabile?" ha domandato, retoricamente, Barni. "Per sedersi ed affrontare, allo stesso tavolo, un tema del genere, è necessario - per trovare terreni comuni - farlo basandosi sulla vera via che unisce tutti indistintamente: la razionalità" ha continuato il professore. "Dopotutto, sia la Costituzione che il codice deontologico del medico, sono abbastanza chiari sul tema. In particolare la libertà è garantita costituzionalmente. Già gli antichi padri della medicina - lo si legge nei testi - parlavano di casi per la cui prognosi si preferiva già non somministrare nulla al paziente o comunque non accanirsi" ha spiegato Barni.
Al termine del dibattito sono intervenuti alcuni partecipanti, tra i quali Gioacchino Platì e Jacopo Lauria (interventi già in programma), Andrea Scalzo - che si è concentrato sulla questione della necessità di precise normative che siano, quindi, effettivamente utili - e altri astanti dal pubblico. Ricca la presenza di giovani, in particolare studenti, in sala. Sicuramente un momento d'incontro e di riflessione positivo per un tema che, purtroppo, rimane in Italia - talvolta si ha questa impressione - ancora un tabù.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736