di SERGIO DRAGONE
Una notizia mi ha impressionato e inquietato perfino di più della ormai quasi scontata istituzione della seconda Facoltà di medicina all’Unical: anche la Città Metropolitana di Reggio Calabria rivendica ufficialmente una “sua” Scuola di medicina. Abbiamo capito bene? C’è chi ipotizza addirittura tre Facoltà di medicina in una regione di appena un milione e 700 mila abitanti.
La carenza di medici negli ospedali si è trasformata in un comodo alibi per catapultare la Calabria nel medio evo del campanilismo in cui ogni territorio ingaggia una battaglia senza quartiere per ottenere più funzioni e più prestigio.
Mi stupisce che un politico accorto e indubbiamente abile come Roberto Occhiuto, molto aduso alla mediazione, abbia fatto saltare – volontariamente o involontariamente, lo vedremo – i difficili equilibri raggiunti nel 1970, aprendo così una fase buia nella storia della Calabria.
E’ vero, l’UMG non faceva parte del famoso “pacchetto Colombo” che destinava a Catanzaro il Capoluogo, a Reggio l’assemblea regionale e il quinto centro siderurgico, a Cosenza l’Università statale. Ma non è questo il punto.
Ad essere stato rotto è l’equilibrio politico tra le tre principali Città che nel corso di questi 50 anni avevano saputo sopportarsi e in qualche modo rispettarsi. Ora registriamo un “liberi tutti” che autorizza ogni Città, ogni Provincia, ogni Università a chiedere – e in qualche caso a prendersi con la prepotenza, come nel caso di medicina all’Unical – funzioni e ruoli. Senza un minimo di programmazione e di governance al punto che tra qualche anno potremmo avere un’esplosione delle conflittualità. La Calabria “che l’Italia non si aspetta” appare sempre di più come uno slogan di buone intenzioni.
Quando a metà settembre scrissi della solitudine del Capoluogo, accentuata dalla cancellazione della rappresentanza istituzione (un solo parlamentare e un solo consigliere regionale), qualcuno mi tacciò di eccessivo pessimismo. I fatti di questi giorni dimostrano che forse non sbagliavo.
Roberto Occhiuto alle elezioni regionali di un anno fa è stato votato da quasi 20mila catanzaresi, con una percentuale del 52,8%, mentre a Cosenza ha totalizzato solo 15 mila voti e una percentuale quasi 10 punti più bassa, il 43,7%. Tradotto più semplicisticamente, l’attuale Governatore ha ottenuto molti più consensi a Catanzaro che nella sua città, il che avrebbe dovuto costituire una garanzia sulla sua imparzialità. Non sembra essere andata così.
La mia impressione è che Occhiuto non abbia calcolato gli effetti di questa surreale guerra delle Università e che la situazione gli sia sostanzialmente sfuggita di mano. Paradossalmente, le tensioni tra territori, destinate inevitabilmente ad aumentare, danneggeranno la stessa Cosenza che sarà percepita dal resto della regione come l’area “prenditutto”.
Ci attendono mesi e anni difficili. Mi attendo che torneranno alla ribalta coloro che nel Capoluogo rivendicano la sede del Consiglio regionale e la sede RAI. E perché mai Vibo e Crotone non dovrebbero chiedere una “loro” Università? E a questo punto sarebbero legittime anche le ambizioni di Lamezia Terme e Rossano-Corigliano, senza contare che Rende reclama il Policlinico universitario. Siamo tornati indietro di mezzo secolo, nel medio evo del campanilismo.
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