Accorato e sentito ricordo dell'avvocato catanzarese nel corso di una iniziativa organizzata dalla Camera penale cittadina
26 novembre 2024 16:45di ANTONIO ARGENTIERI PIUMA
“Per me Nino Gimigliano è stato un padre e un maestro per trent’anni della mia vita”.
Sono le parole colme di emozione dell’avvocatessa Emma Izzi, nel corso dell’iniziativa svolta ieri sera presso la biblioteca comunale di Catanzaro, su input della Camera penale presieduta da Francesco Iacopino per ricordare i grandi penalisti del passato.
A moderare i lavori, l’avvocatessa Angela La Gamma, in una sala gremita di volti noti del Foro catanzarese.
“Abbiamo lavorato tanto insieme e condiviso gran parte di questi anni anche da un punto di vista familiare. Era un grande, l’ho definito un umanista, e ha riportato nel suo lavoro questa grandissima dote che si può sintetizzare con le parole di Enzo Zimatore: “l’eloquenza come capacita di dire grandi cose con parole semplici, piuttosto che piccole cose con parole grandi”, che è la vera sintesi del grande avvocato: farsi capire”.
Inoltre, “Gimigliano aveva una cultura enorme che ha usato nel suo lavoro, ma anche una grande vena ironica che ho provato a sintetizzare ricordando le piccole commediole che faceva, ma era una persona molto profonda. Un presidente dell’Ordine illuminato che ha dato tanto all’avvocatura catanzarese. Ho ricevuto un grande tributo dai colleghi che mi hanno riservato la standing ovation e un applauso che è durato diversi minuti e tanti complimenti in una serie di messaggi che ricevo da questa mattina che mi commuovono tanto”.
Izzi sottolinea che “molti della mia generazione hanno rivissuto decenni dei fasti dell’avvocatura catanzarese composta dalla triade: Enzo Zimatore, Nino Gimigliano e Pino Iannello verso la quale dovremmo dirigerci per poter riprendere il filo del discorso e dare esempio a questi giovani. Mi permetto di dire che forse non ci sono più i grandi maestri di una volta e ciò significa coinvolgere anche la nostra generazione o quella dopo di noi. Questi giovani avvocati che diventano maestri verso i 45/50 anni mentre quando io sono entrato nel suo studio aveva 55 anni e lui era già un grande avvocato con la capacità di sapersi sempre rialzare”.
E ancora: “Don Nino ha messo l’anima in tutto: nella professione, nella famiglia e nell’amicizia che per lui era sacra e la mia famiglia ha avuto l’onore di diventare suo amico e io addirittura come una figlia, per questo ripeto sempre: per 30 anni ho avuto due padri e sono stata una persona fortunata”.
Sull’attacco della politica alla garanzia del diritto afferma: “Don Nino aveva un rapporto equidistante con la politica ma poi dopo una breve esperienza giovanile era rimasto democratico e legato ai valori della Costituzione e al valore sacro della funzione difensiva che non può essere barattata con niente”.
Poi dice: “Quando un avvocato viene investito nella difesa sa di avere una funzione sacra da svolgere e l’avvocatura deve saper rivendicare il diritto di difendere i diritti anche dei detenuti che non diventano una sottospecie di essere umano e penso che lui avrebbe fatto valere questa funzione sia come rappresentante del Consiglio dell’Ordine che come decano del Tribunale”.
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