di CARLO MIGNOLLI
Un viaggio sensoriale tra luce, movimento e mistero: Cosmos, il nuovo spettacolo firmato Evolution Dance Theater con le coreografie di Anthony Heinl, approda il 18 ottobre alle ore 21:00 sul palcoscenico del Teatro Politeama di Catanzaro, nell’ambito della XXII edizione del Festival d’Autunno, ideato e diretto da Antonietta Santacroce.
Dopo il successo internazionale delle precedenti produzioni, Heinl torna a stupire il pubblico con un’esperienza immersiva che fonde danza, illusionismo e tecnologia. In Cosmos, l’universo diventa teatro di emozioni e visioni oniriche: corpi che si muovono come stelle, luci che disegnano galassie, suoni che evocano mondi lontani. Uno spettacolo che supera i confini della fisica per esplorare quelli dell’immaginazione, dove la materia si dissolve nella poesia del gesto.
In attesa del debutto catanzarese, abbiamo incontrato Anthony Heinl, anima creativa e fondatore dell’Evolution Dance Theater, per scoprire cosa si cela dietro la magia di “Cosmos” e quale visione artistica guida la sua continua evoluzione.
L’INTERVISTA
Lo spettacolo Cosmos alla XXII edizione del Festival d’Autunno, non è la tua prima volta a Catanzaro. Parliamo di questo lavoro che ci conduce in un viaggio intergalattico tra realtà e immaginazione. Da dove nasce l’ispirazione per questa nuova creazione?
«Noi partiamo sempre da un’idea, ma poi le idee prendono la loro strada. In questo tipo di lavoro è sempre meglio seguire le suggestioni più interessanti piuttosto che restare rigidamente legati a un tema, così da rendere lo spettacolo più vivo e sorprendente. Siamo molto felici di tornare a Catanzaro per il Festival d’Autunno».
La luce e la tecnologia sono elementi centrali nelle vostre produzioni. Come si integrano nella narrazione di Cosmos?
«La cosa importante, in questo come in altri spettacoli, è che tutti gli elementi - luce e tecnologia, in questo caso - siano in armonia tra loro. Abbiamo utilizzato molti trucchi scenici e soluzioni visive particolari. L’aspetto fondamentale è che la tecnologia sostenga le nostre idee, la bellezza e i temi che rendono lo spettacolo così straordinario».
Qual è stata la sfida più grande nella creazione di Cosmos: la parte coreografica, quella visiva o quella tecnologica?
«Ogni sezione è completamente autonoma, e ogni sfida - che si tratti del teatro, della musica o della danza - è stata diversa. Forse la difficoltà maggiore è stata quella di coordinare le molte persone coinvolte, così da ottenere uno spettacolo davvero unico nel suo genere».
Come lavori con i tuoi danzatori e collaboratori durante la creazione di uno spettacolo come Cosmos? Quanto spazio lasci all’improvvisazione o alla scoperta durante le prove?
«Per me l’improvvisazione è molto importante, perché ogni scena ha le proprie regole e un linguaggio visivo particolare. Per questo nella nostra Compagnia ci sono ballerini con esperienze differenti - dalla danza classica al contemporaneo e al moderno. È proprio questa varietà a rendere il lavoro interessante e a catturare l’attenzione del pubblico. Alla fine sono io a prendere le decisioni, ma loro hanno grande libertà di esprimersi e di proporre le loro idee».
Dopo tanti anni di creazioni spettacolari, che cosa ti sorprende ancora della danza?
«I giovani. Quando la danza è eseguita al massimo livello, trascina e coinvolge anche fisicamente, spingendoti a dare sempre di più. La danza è l’espressione del corpo umano che sfida la gravità e cerco costantemente nuove idee per stimolare la curiosità del pubblico e ispirarlo anche nella vita quotidiana».
C’è un artista, un film o un libro che ha ispirato la tua visione del movimento nello spazio?
«Leggo molto, ascolto musica e guardo tanti film che possono ispirare i miei lavori. Tra gli artisti che amo citerei Quentin Tarantino, Steven Spielberg e i Radiohead».
Qual è il messaggio che desideri trasmettere al pubblico con Cosmos?
«Voglio trasmettere curiosità e stimolare la creatività e l’immaginazione di chi verrà a vederci, anche di chi non è appassionato di danza. È uno spettacolo a più livelli e molto stimolante, perché c’è una sorta di doppio gioco durante l’esibizione. Il mio desiderio più grande è lasciare al pubblico un bel ricordo e creare uno spettacolo che non si dimentichi facilmente».
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