di FRANCO CIMINO
Se vivere ha un senso, morire ha pure una ragione. Muore una bella persona e ti domandi del senso e della ragione. Sono le domande che scaturiscono dalla scomparsa di Rocco Mungo, un amico che ho visto poche volte negli anni della nostra conoscenza, ma che sempre ho sentito amico. Non per mio merito, ma per la sua natura di essere amico di tutti. Per questo suo carattere non avrebbe potuto fare altro nella sua esistenza che quel che ha fatto. Il figlio, amorevole e rispettoso dei genitori. Il fratello premuroso, generoso e protettivo, dell’unico fratello, che gli è venuto a mancare da poco tempo.
Ha fatto l’amico, affettuoso, leale, attento del numero incalcolabile di amici che si raccoglievano sul suo petto corazzato d’amore. Il cittadino probo, per usare un termine aulico, ma che in lui significa onesto, disciplinato, fedele interprete di tradizioni e sentimenti del luogo di appartenenza. La sua Vallefiorita in particolare, della quale ha condiviso soddisfazioni e delusione, gioie e dolori. E sentito, nella testa e nelle vene, le sue grandi aspirazioni. Quelle di un borgo dalle enormi potenzialità, non fosse che per la felice posizione territoriale strategicamente rilevante. Cos’altro ancora avrebbe potuto fare Rocco se non il sindacalista? Ma di quelli tosti, sempre tesi tra il combattere appassionato per i diritti e la competente consulenza sulle diverse pratiche cui si è costretti, i più poveri e incolti soprattutto, per ottenere i diritti più elementari. Quelli semplici, quali la pratica della pensione, l’assistenza sanitaria, i mutui per la casa, le questioni degli affitti, le iscrizioni scolastiche per le famiglie povere. Insomma cose così, apparentemente irrilevanti, ma vitali per centinaia di persone da lui assistite. Ha fatto questo e non altro. Queste attività e tante altre del genere. Tutte che rispondessero a un obiettivo compiutamente umano, servire la gente, promuoverne il benessere, costruirne la serenità. Ha fatto altro, la persona responsabile. Impegnata. L’uomo serio. Onesto. Pulito. Sincero. “ Faticatore”. Generoso fino all’impiego di tutte le sue forze. Anche quando, per problemi diversi, gli si riducevano in quel corpo “ di bellezza montuosa” per quel viso “ di bellezza fine e delicata come il cielo di primavera. Coraggioso fino al massimo del sacrifico e della rinuncia. Anche quella di restare per un po’ fanciullo, ché bambino ha potuto esserlo forse poco. Un’altra cosa Rocco avrebbe potuto, non so se avesse veramente voluto, fare, la Politica. Di sentimenti socialisti, sempre mantenuti nonostante le difficoltà dei partiti socialisti, aveva un’intelligenza politica straordinaria e un pensiero fine su un eloquio elegante e ampio. La sua parola genuina e pulita e quegli occhi vividi e sinceri dietro gli occhiali, erano di una forza travolgente. Persuasiva. Accattivante. La sua assenza pesarà molto. Come una perdita enorme. Di una figura essenziale. Peserà a tutta la Calabria, che con Rocco perde un figlio bellissimo. Non ho domandato delle cause che l’hanno portato a quell’ultimo respiro. Non ho domandato se ha sofferto e se ha avuto paura di andare. E non domanderò.
Domando solo a me stesso delle prime parole di questa mia dolente riflessione. “Che senso ha la vita se uno come Rocco la trova interrotta a soli quarantasei anni. E che ragioni ha la morte se “ rapisce” così presto? E a Natale, poi. “ Fatto salvo l’amore dei suoi genitori, di cui non dico per timoroso pudore, una risposta dalla mia piccola umanità l’ho trovata. Il senso della sua: doveva fare tante cose, quelle che la Vita e Chi la governa, gli ha chiesto. E l’ha fatto bene. La ragione: se il tempo datogli era quello, la ragione, e Chi la muove, richiedeva che l’Angelo prestato alla terra tornasse da dove fosse venuto. Il Cielo, poi, non è mica così lontano.
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