di FRANCO CIMINO
La paura è passata, ciò che sarebbe potuto accadere non è accaduto, il “ crimine” è nelle carte dei magistrati, la “ criminale” con complice o sola, è nelle mani della Giustizia. E la Giustizia ha codici e “ sentimenti” per agire con giustizia e umanità sul grave fatto consumato nella clinica di Cosenza. La bambina è tra le braccia della madre che l’ha partorita. La madre bella e vera. Abbiamo tutti partecipato, da “protagonisti” attivi, ciascuno assumendosi compiti e ruoli personali pure eccessivi, l’unità del gruppo, o sociale, come in altre situazioni fortemente emozionali, si è manifestata con la stessa “ burrosa” forza di quella della breve stagione del Covid. La politica (ah pure politica!) , quella piccola piccola, si è presa la scena. I politici(ah, pure i politici!), quelli piccoli piccoli, di ogni confine e colore, hanno fatto la solita sfilata davanti alle telecamera e sui fogli di giornaleE i giornali tutti, con telegiornali e talk show, hanno riempito le prime pagine di questa drammatica vicenda, andando a frugare negli scantinati e negli “stipi” delle vite degli interessati. Tutti in scena dunque, fatti salvi i veri dolenti protagonisti della dolorosa vicenda. Ma adesso chiudiamola qui. Chiudiamo le telecamere e i taccuini pruriginosi sulla coppia che ha creato questa cosa spaventevole. Spegniamo anche i fari impietosi sul volto degli artefici del “ crimine”. Non facciamo di quella donna, madre inventasi tra dolore primordiale e follia, un’altra vittima di quel dramma assurdo. Vittima che già non sia di sé stessa e del suo tormento distruttivo. Ché non ce n’è davvero bisogno. Neppure per la curiosità cattiva di noi teleutenti di un’informazione ormai schematizzata sul sensazionalismo e lo scandalo progressivamente più eclatante. La donna che si è inventata madre, la “ ladra” di maternità, sta già soffrendo molto più di quanto legge vera e legge “ popolare”le stiano infliggendo. C’è la Giustizia, che sarà giusta sé si farà aiutare da altre scienze che hanno a che fare con i comportamenti individuali. C’è il sentire della gente, che sarà buono se non si farà catturare ancora dalla voglia di essere spietata e cieca dinanzi alla persona che è stata messa alle “sbarre del carcere e “ nuiautri”. Lasciamo questa donna a ala legittima sede. E all’affetto della sua famiglia, che potrà aiutarla meglio. A trovare innanzitutto serenità. E quel poco almeno di armonia tra le varie spinte della sua incompresa fragilità. Spegniamo i fari sulla bambina e sui suoi genitori. Ogni immagine, che sarà trasmessa, ogni parola che sarà detta, ogni “ spettacolo” televisivo, che quotidianamente sarà trasmesso a reti unificate, procurerà loro un aggravio di dolore. E una sorta di ferma memoria di una paura indicibile, che rompe i sogni e rovina le notti. E disturba, d’ansia e d’angosciosa vigilanza, la crescita della più bella bambina del mondo. Quella che per tre ore abbiamo sinceramente sentita anche nostra.
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