di FRANCO CIMINO
Francesco non aveva ancora finito di pregare con i leader delle altre religioni monoteiste nel venerdì per la Pace tenutosi nella Basica di San Pietro, che la “ promessa” fatta da Netanyahu, il primo ministro di Israele, è arrivata puntualmente a “sorpresa”. Puntuale, come la vendetta e la rappresaglia, due azioni che non fanno parte della guerra classica. Parimenti al vile attacco mosso trenta giorni prima da Hamas, che usa il terrorismo come risposta all’atteggiamento storico del “ nemico”. A sorpresa, perché venerdì è il giorno di “ festa” dei musulmani, il sabato quello degli ebrei. La Domenica è quello dei cristiani. Tre Dio, distribuiti in tre giorni consecutivi. L’amore rivendicato contro quello negato.
E l’odio tra i primi due, come conseguenza e motivo di ogni attacco “ bellico”. L’amore per il proprio Dio, quale unico e imponibile. E come ragione fondamentale per la soppressione dell’altro. Il fuoco della propria fede che accende il fuoco delle armi. Il fuoco della guerra che brucia i cuori e le menti dei “ guerrieri” di Dio e distrugge paesi e città. Divora i territori. E consuma la fertilità della terra, rovina quella delle donne piegate dal dolore, stuprate dal nemico che vuol lascare lo suo odio. Distrugge le case dove dormono i bambini, abbatte le scuole dove studiano i ragazzi, demolisce gli ospedali già precari, dove si curano i bambini ammalati e feriti dalle guerre. Quelle guerre che loro, i bambini, ancora non vogliono, ma che dopo soli pochi anni, prima ancora di essere diventati giovani, accettano per “amore di Dio”.
Un Dio che non perdona. E condanna chi non è sugli spalti per lui, mentre premia chi uccide e muore in suo nome. Questo Dio, che è padrone del Cielo, vuol essere anche padrone della terra. Ma non del mondo, no. Solo di una porzione piccola di terra, quella che avrebbe prescelto. E dove pretendere che vi abitino solo i suoi fedeli. Nessun altro, se non, come fatto necessitato, i forestieri, ciascuno dei quali diventa straniero nel luogo in cui è nato e in cui ha origine la sua stirpe. La terra dei padri, non di Dio. La guerra per il proprio Dio, è sempre stata, pertanto, la guerra per i territori degli uomini di quel Dio. Dalla fine della guerra mondiale, nel tempo che si giurava sarebbe stato solo quello della Pace planetaria, nella giustizia e nella libertà, di popoli e persone, in Medio Oriente, lungo quelle poche migliaia di metri, forse a forma di rettangolo, riprende, con forza incontenibile, la pretesa di due popoli, in contrasto da sempre, di vivere l’uno al posto dell’altro, l’uno nel territorio rivendicato dall’altro.
L’uno a rivendicarne il diritto per il proprio Dio che glielo avrebbe concesso, e l’altro a sostenere una ragione ancora più forte. Quella delle responsabilità derivanti dall’aver concorso all’uccisione del Dio incarnato nella storia degli uomini. L’odio é cresciuto via via che gli anni passassero. E per nulla si è attenuato tra i due popoli, quando per decisione dell’Onu tra il 1947 vengono fatti nascere due Stati, uno arabo e l’altro israeliano, di fatto, però, nascendone veramente uno soltanto, lo Stato d’Israele. Da quel giorno la guerra per un Dio che fosse l’unico, è diventata guerra per i territori e per tutta la ricchezza in essa contenuta, compresa quella dei siti religiosi e dei numerosi beni culturali in essi contenuti. Guerra dell’odio contro le donne e gli uomini ai quali viene negato il diritto a essere popolo, perché da questo passa meccanicamente la perdita del diritto a vivere in un territorio racchiuso in uno Stato sovrano, autonomo e libero.
L’educazione, quale strumento della proprio cultura, fa crescere quell’odio incrociato, e mentre le autorità dei due popoli contrapposti, si armano fino ai denti, per come possono a secondo delle ricchezze possedute o degli aiuti ricevuti, nella necessità di difendersi dal nemico, i giovani, che dovrebbero invertire quei sentimenti, si formano nello spirito guerriero alimentato da quell’odio stesso. E questo mentre la comunità internazionale e i governi degli Stati, in particolare quelli ricchi e forti, e l’Onu anche, stanno a guardare, muovendosi sotterraneamente nel campo delle guerre nascoste, in cui si intrecciano alleanze con uno dei due contendenti in ragione soltanto del proprio miserabile interesse. Ciò che sta avvenendo dal sette ottobre, (attacco di Hamas ai Kibbutz israeliani, i rapimenti di 220 israeliani e centinaia di morti e feriti), ad oggi (intervento massiccio israeliano con l’impiego di cento aerei e più di cento carri armati, più tutto l’arsenale bellico disponibile) è la barbara conseguenza di questo odio.
L’esercito più potente del mondo, secondo solo a quelli di USA, Russia e Cina, é sceso in campo. L’aspirazione, dal versante opposto, di una nuova Intifada, militarmente estesa da Gaza alla Cisgiordania, con la possibilità non remota di un massiccio intervento iraniano e siriano, e quella di tipo terroristico sparsa, con attentati individuali, in tutto il mondo occidentale, si è materializzata. La chiamata generale all’odio distruttivo è arrivata. Puntuale su un pianeta già diversamente impegnato nell’opera della sua autodistruzione. In pochi giorni non si contano i morti e dei feriti neppure si osa calcolarne il numero.
Le cronache dicono di oltre diecimila uccisi e più di ventimila feriti. Migliaia di case abbattute e migliaia di profughi già in fuga verso quei campi in cui già ve ne sono disumanamente stipati circa due milioni. Questa guerra così pesante, dalla potenza mai vista forse prima, tutta concentrata in quello stretto territorio chiamato “Striscia di Gaza”, quel pezzo di terra cuscinetto tra due regioni a cavallo della contesa Terra Santa, la terra dell’abbraccio di tre religioni che bestemmiano contro l’unico Dio che l’ha baciata, in una sola striscia, per distruggere i campi di Hamas e i terroristi che vi si nascondono?
E quei duecentotrenta ostaggi come condizione per piegare Israele, umiliarla agli occhi del mondo che la vedrebbe reagire nel modo che Hamas vuole? Sono domande che mi sono fatto subito, dopo la prima, la più inquietante: è possibile che lo Stato tra i più militarizzati del globo, con i Servizi di Sicurezza migliori in assoluto, si facesse “ bombardare” all’alba di quel sette ottobre da un’azione terroristica condotta da un pugno di pazzi, uomini crudeli e impietosi, inconcepibile finanche dai principianti, e senza accorgersi di nulla? Questa domanda, con le altre, la lascio lì, dove è sorta.
Non cerco la risposta. Essa si trova dove é sempre stata, l’odio feroce che vuole cancellare il nemico e distruggere tutto ciò che gli appartiene. In particolare, il diritto di vivere in pace nella propria terra, perimetrata non da confini di filo spinato o da muri di cemento alti quanti la stupidità e la cattiveria, ma dai principi e valori nascenti dalla storia di lotte e sofferenze dei padri che hanno sognato ciò che oggi i figli vogliono distruggere. E cioè, due Stati per due popoli e due territori, che vivano in pace, uno accanto all’altro. E liberi. Anche di credere nel proprio Dio, che tanto di Dio lassù, se ci fosse (lo dico anche per gli atei e gli agnostici), sarebbe solo uno. Ed è, come dice Francesco, Dio della Pace.
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