Franco Cimino: “L’Italia che vogliamo e che il mondo attende”
Franco Cimino
22 settembre 2025 21:14di FRANCO CIMINO
Bella, proprio bella, l’Italia di ieri. Molto belle le venti piazze che si sono riempite da nord a sud, da Genova a Palermo, passando per Roma, stracolma di oltre ventimila persone. Bella questa Italia, sia pure ancora timida e trattenuta, che è scesa in piazza attraversando le lunghe strade delle città in maniera pacifica( i pochi cretini e prezzolati provocatori non l’hanno indebolita con la loro stupida violenza) per protestare contro la strage genocidaria che si sta consumando ormai da due anni sulla terra dei palestinesi, in particolare dalla Striscia di Gaza fino alla Cisgiordania.
Bella quest’Italia con le bandiere di un popolo oppresso e violentato, sfruttato, imprigionato, cacciato e oggi assassinato, da oltre quarant’anni a questa parte. E nonostante gli accordi di Oslo del 1993, sottoscritti con l’abile mediazione di Bill Clinton da due grandi rappresentanti di due grandi popoli – Ytzjak Rabin, primo ministro di Israele, e Yasser Ararat, leader dell’OLP( Organizzazione per la Liberazione della Palestina) . In quell’accordo, e poi con i Patti di Abramo, si sanciva la legittimazione di due Stati liberi e autonomi: quello di Israele, già forte, seppure minacciato e insidiato, sin dal 1948, e quello di Palestina, da costruire sul territorio oggi infuocato e ridotto a cimitero per i palestinesi.
Bella l’Italia di ieri, presa in mano per una giornata da migliaia di giovani e da altrettante migliaia di adulti, anziani, donne, padri e madri, che insieme a loro hanno sposato la causa più nobile che oggi ci sia: la liberazione dei palestinesi, la difesa della vita di quanti sono ancora sfuggiti alla barbarie dell’esercito israeliano, per proteggere ciò che resta di un popolo che ha diritto a vivere.
Questa Italia è bella perché si ispira ai valori della Costituzione. Quella Costituzione che ha fatto grande l’Italia e forte la sua democrazia. Quella Costituzione che mette al centro il valore della persona e, prima ancora, quello della vita: condizioni imprescindibili per costruire la civile convivenza e la pace nel nostro Paese e nel mondo intero. Un mondo nel quale l’Italia deve rendersi protagonista di ogni battaglia e lotta che si impongano per la liberazione delle persone e dei popoli da ogni forma di tirannia, violenza, predominio e occupazione di un paese da parte di un altro che si ritenga più arrogante e più forte.
Questa Italia, bella, ha sfilato pacificamente( i pochi cretini e violenti non centrano con lei) per le strade del nostro Paese. In quel grido “Palestina libera” vi è un grido contro la guerra e contro ogni forma di violenza. In quell’altro slogan, “Prima la Palestina”, c’è il richiamo alla pubblica opinione per un’attenzione maggiore verso un popolo così colpito e così vigliaccamente torturato. Non è uno slogan divisivo: significa che subito dopo, o contemporaneamente, occorre affrontare e combattere ogni altra violenza, soprattutto quella che si ammantasse di senso di giustizia o di vendetta, quando invece si traduce tragicamente in atti di terrorismo vile e omicida, come quello che Hamas consumò irresponsabilmente il 7 ottobre di due anni fa.
In quella tragica mattina furono uccisi duemila israeliani e rapiti trecento di loro, tra cui donne, anziani e bambini, che subirono ogni sorta di violenza. I democratici più sinceri, quel 7 ottobre e nei giorni successivi, hanno protestato con durezza, hanno pianto e sofferto dinanzi a quelle immagini drammatiche che le televisioni trasmettevano quasi in diretta. Ma la condanna di quell’atto, compiuto da Hamas, non poteva né può farci chiudere gli occhi né addormentare la coscienza davanti alla furia diabolica dell’esercito israeliano, che sembra fosse in attesa di una provocazione palestinese per poter realizzare – nel silenzio della comunità internazionale e con il pieno sostegno degli Stati Uniti – il disegno sempre coltivato: cancellare tutto ciò che appartiene ai palestinesi.
Cancellare il popolo, i singoli palestinesi, la terra in cui vivevano, cancellare il ricordo delle loro battaglie di liberazione, cancellare la volontà di costruire uno Stato libero e indipendente. In una parola: cancellare la Palestina come storia e memoria di sé.
Sta prevalentemente qui il significato della mobilitazione democratica di ieri. Che, pur giunta tardi, può rappresentare la fiammella capace di incendiare di coscienza nuova il popolo democratico di ogni parte del mondo. Perché, come accadde con il Vietnam alla fine degli anni Sessanta, solo la forza popolare, solo la coscienza democratica mondiale, può far cessare questa assurda guerra. Non solo quella contro la Palestina, ma tutte le guerre sparse a macchia di leopardo sul pianeta.
Solo il popolo, libero e democratico, può liberare i popoli oppressi e le terre illegittimamente occupate. Solo il popolo può anche far cessare la guerra che la Russia ha mosso contro l’Ucraina: una guerra terribile, della quale, per responsabilità di tutti, si nascondono i numeri più tragici – oltre un milione di morti, quasi due milioni di feriti tra entrambi i fronti, centinaia di miliardi bruciati nella fabbricazione e nella vendita di armamenti, senza contare i costi incalcolabili per le devastazioni di Paesi e città, un tempo pieni di bellezza. Questa guerra finirà. Adesso. La faremo finire noi. Sotto i colpi della nostra Bellezza. Quella dei giovani che hanno la pace negli occhi. E la speranza di realizzarla nel cuore. Ché resteremo giovani tutti e insieme vecchi saggi se prenderemo a pugni la guerra e la annienteremo a colpi d’amore.