Gli studenti calabresi ricordano i carabinieri e le vittime innocenti della strage mafiosa di piazza Staffa

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  17 ottobre 2024 20:05

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, ricorda oggi il 40° anniversario della strage di piazza Staffa avvenuta la notte del 18 ottobre a Cortile Macello, nel quartiere Ballarò di Palermo, in cui furono uccisi dai killer inviati dai boss Zanca, Vernendo e Marchese i fratelli Cosimo e Francesco Quattrocchi (commercianti di carne), il loro cugino, Cosimo Quattrocchi, e il cognato, Marcello Angelini. Salvatore Schimmenti, Giovanni Catalanotti, Antonio Federico e Paolo Canale. Fu un vero e proprio massacro per punire l’insubordinazione dei due fratelli Quattrocchi che non volevano rispettare gli intermediatori catanesi, comprandosi in proprio i cavalli, che poi avrebbero rivenduto a pezzi nella loro macelleria. Uno sgarro da punire con il sangue per dare una lezione a tutti coloro i quali si fossero voluti opporre al potere di Cosa nostra in quegli anni. 

Altre due storie che vogliamo menzionare sono l’eccidio di contrada Apa in cui morirono i carabinieri Michele Di Miceli, Rosario Pagano e Mario Paoletti e l’assassinio del giovane carabiniere Elio di Mella.

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Queste storie oggi rivivono attraverso la commemorazione fatta da alcuni giovanissimi studenti della classe II sez. D del Liceo scientifico “Filolao” di Crotone.

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“Siamo nella Palermo degli anni Ottanta dello scorso secolo: un periodo decisamente teso, nel quale ci furono diversi ordini di arresto nei confronti della mafia: conseguenza delle pesanti testimonianze da parte del mafioso pentito Tommaso Buscetta. Proprio in questo periodo, i fratelli Cosimo e Francesco Quattrocchi dirigevano la loro attività da commercianti di carne equina. Ma un giorno, i due decisero di non acquistare più cavalli dal loro abituale fornitore catanese e di acquistarli, invece, da un allevamento in Puglia. Perciò, il proprietario dell’allevamento catanese andò a riportare il fatto a Nitto Santapaola, boss mafioso di quella zona. Quest’ultimo approfittò della situazione organizzando un commando per punire l’atto dei fratelli che, allo stesso tempo, avrebbe mostrato ai cittadini e alle forze dell’ordine di cosa era ancora capace la mafia. Quindi, la notte del 18 ottobre 1984, i sicari si diressero verso lo stabile dei Quattrocchi, in Piazza Scaffa, per ucciderli. In quel momento, lì erano presenti i due fratelli, il cugino, Cosimo Quattrocchi, il cognato, Marcello Angelini, e poi Paolo Canale, Salvatore Schimmenti, Antonio Federico e Giovanni Catalanotti: otto persone, le quali erano impegnate a sistemare i cavalli appena arrivati nelle stalle. Il gruppo di mafiosi fece irruzione armato fino ai denti e massacrò quegli otto uomini che non poterono fare nulla per difendersi. In seguito, ci furono diversi processi, in uno dei quali partecipò anche lo stesso Santapaola, ma tutti gli imputati vennero assolti. La famiglia Quattrocchi e quella delle altre vittime, purtroppo, non riuscirono a ottenere giustizia. Ma non è mai troppo tardi: perché la giustizia la portiamo noi, giovani e adulti, ricordando non solo le vittime di Piazza Scaffa, ma tutte quelle persone che per colpa della mafia hanno perso la propria vita. Solo rimanendo uniti e a testa alta possiamo permettere che queste tragedie non accadano più.” (Sergiopio Sitra)

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“Il 16 ottobre 1945 sera, a Niscemi, un gruppo di sette carabinieri stava perlustrando contrada Apa, quando si accorsero che in uno degli edifici vi erano delle persone. Decisero allora di recarvisi per identificarle e all’interno trovarono un gruppo di contadini. Quello che i poveri carabinieri non potevano immaginare era che una banda di malviventi guidata da Rosario Avila, detto “Canaluni”, si era stanziata da poco all’interno della masseria minacciando, i residenti. Infatti, mentre loro controllavano i documenti dei contadini, i membri della banda riuscirono ad uscire dalla finestra posteriore, pronti ad uccidere i carabinieri. Appena i carabinieri raggiunsero i loro obbiettivi, iniziarono ad andarsene; a quel punto i criminali fecero fuoco con fucili e lanciarono bombe a mano. In seguito a questo attacco, i carabinieri Michele Di Miceli, Rosario Pagano e Mario Paoletti morirono, mentre i loro quattro colleghi vennero feriti. Ancora oggi il tragico evento viene ricordato come “L’eccidio di contrada Apa”. A distanza di anni, anche se non in modo così efferato la mafia continua ad agire; siamo nel 2024 e ancora allunga i suoi tentacoli continuando ad ostacolare la legalità , combattendo una guerra aperta contro le forze dell'ordine che con impegno e devozione lottano su tutto il territorio nazionale per garantire a tutti i cittadini il rispetto dei valori umani e della giustizia.”(Carlo Mancuso)

“Elio di Mella, padre e marito, morì all’etá di 30 anni durante il trasporto del detenuto Mario Cuomo, che si trovava nel carcere di Campobasso ed era in trasferimento verso il carcere di Avellino. Il furgone in cui si trovava venne assalito da 8 uomini, i quali spararono al retro del furgone, colpendo Elio di Mella alla testa, mentre cercava di trattenere il detenuto. Mario Cuomo riuscì a fuggire coi suoi uomini, sopravvivendo. Successivamente, l’assassino confessò i suoi crimini fornendo importanti informazioni agli inquirenti. A Elio di Mella nel 2010 fu attribuita la medaglia d’oro di vittima del terrorismo e la medaglia d’oro al merito civile della memoria.

Elio di Mella è stato un uomo di grande coraggio, nonostante la consapevolezza di essere in pericolo, ha preferito la strada della legalità. La legalità sebbene sembri qualcosa di impalpabile, un'idea irraggiungibile, è in realtà il bene più grande della società ed Elio di Mella lo sapeva benissimo tanto da donare la sua vita per difenderla.” (Ilaria Galea)

Importanti contributi che ci lasciano ben sperare nel fresco profumo di libertà che Paolo Borsellino agognava per le future generazioni in contrapposizione al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. Passo dopo passo camminando lungo il sentiero della legalità si riuscirà a cambiare le nostre realtà.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.

 

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